giovedì 27 novembre 2014

Liberare Fabrizio Corona?


Per la sua bella ex, Belén Rodriguez, senz'altro sì. I legali di Corona, Ivano Chiesa e Gianluca Maris, si sono invece affrettati a chiarire che la pena originaria di 13 anni e due mesi (e non 15 come diffuso da alcuni media), è stata ridotta a 9 anni dal tribunale di Milano. I due legali si distanziano anche dal giudizio di "pericolosità sociale" della Corte rilevando che si riferisce a reltà passate e del tutto superate. Per Belén avrebbero dovuto dargli una salatissima multa e basta ed in proposito la show girl sottolinea che metodi e procedure "lavorative" del suo ex siano sì discutibili ed ambigui ma al tempo stesso usuali nell'ambiente, citando in proposito un episodio con cui un altro fotografo coinvolse sua sorella e lei. Eppure per chi ricorda le vicende dell'epoca, a prescindere dai patiti del gossip per i quali tutto sfocia in belle pagine patinate sulle quali appare solo un Fonzie più biricchino e discolo e tutto il resto sfoca sullo sfondo, la sentenza dei giudici non è poi del tutto priva di fondamento. La pena infatti è cumulativa e riferentesi dunque ad episodi molteplici che vanno ben al di là delle gesta dello "spirto" di Happy Days, arrivando, come specifica la Cassazione, a "estorsioni, ricettazione e spendita di carta moneta falsificata, reati fallimentari, evasioni fiscali, recenti denunce per truffa", reati alquanto cospicui. Fabrizio Corona, per parte sua, ammettendo la propria colpevolezza, nella prima intervista dal carcere di Opera ha dichiarato che il carcere gli è stato di giovamento in quanto lo ha sottratto da un vortice in cui era caduto e di cui era ormai succube: "Il carcere mi ha salvalo la vita. Mi ha fatto tornare con i piedi per terra. È riuscito a fermare un treno in corsa perenne da anni che ultimamente aveva perso sogni, equilibri e alzato troppo l’asticella del limite. Mi ha fatto scoprire il senso della realtà, insegnato a star bene con me stesso e messo nelle condizioni di proseguire nel migliore dei modi lungo la strada della vita quando tornerò libero." In attesa dell'evento il nostro si dà da fare: lavora come portavitto, ha aperto un portale innovativo per i detenuti e raccolto 70.000 Euro per loro; è riuscito a tenere in piedi anche dal carcere la sua azienda e non farla fallire, ad allenarsi fisicamente per almeno un'ora al giorno. "Ho sempre tenuto vivo il cervello e ho ripulito l’anima", dichiara, ma gli manca tantissimo suo figlio e la libertà:"Qui, in parte, è come essere morti"... Un novello Jean Valljean? Se così fosse avrebbe dalla sua il giudizio di Victor Hugo (ed anche il mio...). Glielo auguro. 
francesco latterischolten.

martedì 25 novembre 2014

Putin finanzia 1/3 della campagna di Marine Le Pen per le presidenziali 2017.


Due dei nove Mln di Euro sono già stati versati dalla First Czech Russian Bank, di proprietà di Roman Yabukovich Popov , un oligarca assai vicino a Putin, come confermato dal tesoriere del Front National, Wallerand de Saint Just, per il quale si tratta di un'operazione perfettamente normale e regolare. Occorrono infatti una quarantina di Mln per una campagna "credibile" e il Partito ha difficoltà a reperire fondi presso banche francesi o europee dopo lo scandalo Sarkozy. La concessione del prestito ha richiesto quattro mesi di lavoro per le "questioni tecniche" e la reiterata presenza a Mosca, oltre che di de Saint Just, anche della stessa Marine Le Pen. Il legame con la Russia di Putin è perciò ulteriormente rinsaldato anche per il Front National, come d'altronde già per la maggior parte dei movimenti e leaders anti Unione Europea ed anti Euro. Per essi l'ex capo del KGB nonché fondatore e Leader dell' Unione Economica Euroasiatica (la nuova Unione Sovietica) insieme a Nursultan Nazarbaev, già capo del Kazakhstan ai tempi dell'URSS ed Aleksandr Lukashenko, anch'egli già presidente bielorusso ai tempi dei Soviet, costituisce un modello. Come ciò possa essere possibile anche per partiti che come il Front National pare non aspirino certo alla concrezione di qualche Soviet può forse trovare una duplice risposta storica: quella recente con l'immagine della stretta di mano tra Stalin ed Hitler e quella lontana dell'imperatore romano Vespasiano, il quale dopo aver istituito la tassa sui cessi pubblici, davanti ad un Senato costernato gettò dei sesterzi sul tavolo dopo averli odorati di persona e disse a comprova "Non olet". La cosa comunque pare non ponga eccessivi problemi all'interno del Front National, tant'è che diversi leaders hanno già chiarito di ritenere ben più scandaloso il finanziamento di Sarkozy da parte di Gheddafi.
francesco latteri scholten.

mercoledì 19 novembre 2014

Toyota Mirai: In commercio la prima auto di serie a idrogeno (emissioni=0).


E' la prima auto di serie a celle d'idrogeno che alimentano un motore elettrico. 155 Cv di potenza e 335 Nm di coppia massima per un peso di 1900 Kg, ed una lunghezza di quasi 5 metri. Nulla a che vedere con i "futuristici" prototipi che sino a poco tempo fa i vari Saloni dell'auto ci mostravano: l'alimentazione ad idrogeno risolve infatti in un colpo solo le tre più gravose tare del motore eletrico: pesanti batterie, scarsa autonomia e lunghezza dei tempi di ricarica. La limousine firmata Toyota invece ha un'autonomia di circa 500 Km e tempi di ricarica dei serbatoi d'idrogeno inferiori a cinque minuti. Evolutivamente, volendo andare a ritroso nella storia - soprattutto recente del marchio giapponese- segue la Prius, vettura ibrida dal disegno del tutto inconvenzionale ma ormai venduta in oltre 1 Mln di esemplari l'anno e modello di punta del marchio. Per la nuova vettura interamente alimentata ad idrogeno, il nome stesso, Mirai, in giapponese significa Futuro, e così Satochi Ogiso, ingnere capo di casa Toyota, spiega le linee volutamente futuristiche della nuova limousine. Futuristici anche gl'interni con displays e sensori, ma la guida è convenzionale. In casa Toyota dunque si è convinti che l'idrogeno sia l'alimentazione del futuro e che, in prospettiva la Mirai sostituisca - anche nei numeri di vendita - la Prius. La commercializzazione del nuovo modello è già iniziata in Giappone, anche se entro la fine dell'anno saranno consegnate solo una dozzina di vetture. La commercializzazione in USA, in particolare in California (dove si ha una maggior presenza di pompe ad idrogeno) è prevista per il prossimo autunno, come quella in Europa. Il prezzo di listino previsto per gli USA è di circa 45.000 dollari cui l'utente americano potrà detrarre circa 10.000 dollari di ecoincentivi. Il problema dell'auto del futuro e del connesso inquinamento parrebbe dunque definitivamente risolto, almeno secondo i tecnici Toyota. In realtà non è tutto rose e fiori: la produzione di idrogeno infatti richiede moltissima energia e perciò il problema dell'inquinamento potrebbe facilmente spostarsi solo a monte nel momento in cui a tal fine non venissero utilizzate le fonti rinnovabili...
francesco latteri scholten.

sabato 15 novembre 2014

Chiesa e omosessualità: dai roghi a "Sorvegliare e punire" a "Il potere psichiatrico".


Il ritiro dall'insegnamento di diversi insegnanti di religione a seguito della lettera del responsabile di settore della Curia di Milano, don Gianni Rota, testimonia del fatto che sia perlomeno assai dubbio si trattasse di una semplice indagine informale, come si è poi dichiarato una volta trapelata la cosa. Accresce il sospetto che la lettera sia stata fatta circolare esclusivamente sul portale cui hanno accesso i soli insegnanti di religione tramite password. In essa si dichiara tra l'altro: "Cari colleghi, come sapete in tempi recenti gli alunni di alcune scuole italiane sono stati destinatari di una vasta campagna tesa a delegittimare la differenza sessuale affermando un’idea di libertà che abilita a scegliere indifferentemente il proprio genere e il proprio orientamento sessuale (...)  Per valutare in modo più preciso la situazione e l’effettiva diffusione dell’ideologia del “gender” - scrive la Curia - vorremmo avere una percezione più precisa del numero delle scuole coinvolte, sia di quelle in cui sono state effettivamente attuate iniziative in questo senso, sia di quelle in cui sono state solo proposte (...) Per questo chiederemmo a tutti i docenti nelle cui scuole si è discusso di progetti di questo argomento di riportarne il nome nella seguente tabella, se possibile entro la fine della settimana." La missiva segue comunque il "fuori dalle scuole la legge pro gay" con cui si è intervenuti nell'aprile u.s. contro l' "ideologia del gender" e la legge Scalfarotto cui fine è l'introduzione del reato di omofobia. In proposito bene aveva chiarito Maria Silvia Fiengo dell’Associazione Famiglie Arcobaleno: "Ci preoccupa questa discussione sulla presunta 'ideologia del gender', che in realtà non esiste, e la nuova mobilitazione dal basso sui temi dell'educazione, in una direzione anacronistica ed esplicitamente conservatrice. In realtà, noi stiamo solo cercando di abolire gli stereotipi famigliari e non il 'genere', secondo l’evoluzione naturale della società." Quello "cattolico" è invero un orientamento sociopolitico dunque ben preciso, che trova il suo culmine nella "conversione" dell'ottobre 2011 di Adamo Creato che sarebbe "guarito" dall'omosessualità e dalla pornografia, ed a monte della quale si ritrova la "terapia riparativa" di Joseph Nicolosi, secondo la quale l'omosessualità sarebbe una devianza dovuta a trascorsi famigliari e di relazione problematici; terapia aspramente contestata da tutto il restante mondo scientifico in quanto dimostratamente priva di fondamenti. Gl'episodi citati e la loro tipologia testimoniano invece anzitutto che di episodicità invero non si tratti, ma, di più: provano palesemente che vi sia un orizzonte quale quello già espressamente denunciato da Michel Foucault. La radice infatti è quella di "Sorvegliare e Punire": "Si imprigiona chi ruba, si imprigiona chi violenta, si imprigiona anche chi uccide. Da dove viene questa strana pratica, e la singolare pretesa di rinchiudere per correggere, avanzata dai codici moderni? Forse una vecchia eredità delle segrete medioevali? Una nuova tecnologia, piuttosto: la messa a punto di tutto un insieme di procedure per incasellare, controllare, misurare, addestrare gli individui, per renderli docili e utili nello stesso tempo. Sorveglianza, esercizio, manovre, annotazioni, file e posti, classificazioni, esami, registrazioni. Tutto un sistema per assoggettare i corpi, per dominare le molteplicità umane e manipolare le loro forze..." L'ideologia - perché è di questo che in realtà si tratta - di una volta non è lasciata né abbandonata, è solo che i mezzi di una volta (la tortura, l'incarceramento, i roghi al finocchio) non sono più tecnicamente adeguati: sono più adeguati quelli moderni. E' perciò con questi ultimi che "Bisogna difendere la società" ed un ruolo primario in ciò ha proprio "Il potere psichiatrico", che è un potente intensificatore della realtà preposto al controllo delle forme di identità e di individualità avviato già con le forme di presentazione dei "malati", perfezionato con le pratiche di interrogatorio le quali costruiscono la verità. Insomma, "il fine giustifica i mezzi" e se questi sono inadeguati è giustificato e doveroso cambiarli: "E' necessario che tutto cambi se vogliamo che tutto rimanga così com'è"...
francesco latteri scholten.

sabato 8 novembre 2014

25° anniversario caduta muro, Gorbaciov: orizzonti di nuova guerra fredda.


E' a Berlino il padre fondatore della Perestroika e della Glasnost, che hanno portato alla riunificazione della Germania ed all'abbattimento del muro, Michail Gorbaciov, ex Segretario del PCUS e capo dell' URSS. Domani, 9 novembre, è ai festeggiamenti, lunedì incontrerà Angela Merkel. Più che dai festeggiamenti l'animo dell' ex Segretario è però profondamente connotato dalla delusione per lo sviluppo storico del venticinquennio u.s. e da grande criticità verso l'Occidente, specie per gl'ultimi sviluppi internazionali. L'ispirazione basilare dell'ex Leader Sovietico era stata caratterizzata da un tratto di similarità con quella di Adenauer e De Gasperi, di un'Europa casa comune, ampliata alla Russia. Dunque "una partnership marcatamente tra Germania e Russia, in difetto della quale non è concepibile una realtà di Pace e sicurezza in Europa" ha espressamente ribadito Michail. Da qui le due necessità, una interna di ammodernamento e liberalizzazione, una esterna di integrazione, per la quale stava dando segnali assai positivi la Ost-politik di Brandt. Era questo il fine della Perestroika e della Glasnost, creare reciprocità, trasparenza e fiducia. La storia recente - e Gorbaciov punta il dito su Jugoslavia, Kossovo, l'allargamento della NATO, nuovi e più imponenti stazionamenti di missili, l' Iraq, la Libia, la Siria - mostra come invece l'Occidente e segnatamente gli USA abbiano "ignorato gl'impegni del 1989" ed abbiano voluto soprattutto ed esclusivamente imporsi semplicisticamente quali vincitori della guerra fredda. Le vicende dell' Ucraina infine hanno portato ad un "tracollo della fiducia" e "testimoniano una visione politica miope centrata sul fatto compiuto e sull'indifferenza per gl'interessi del partner". Nello specifico vi sarebbero diversi segni di disponibilità da parte dello stesso Putin - il cui operato Gorbaciov, a differenza che in passato, sostiene - ma è necessario il reciproco superamento delle sanzioni, soprattutto quelle contro singoli politici russi, al fine di creare nuove basi per una partnership... All'ex Segretario del PCUS andrebbe però ribadito che la politica di Putin, che egli stesso in passato ha giustamente criticato, si è sempre mossa anch'essa nell'ultimo ventennio in direzione "restauratrice", culminata con la nascita dell' Unione Economica Euroasiatica insieme a Nursultan Nazarbaev, già capo del Kazakhstan ai tempi dell'URSS, Aleksandr Lukashenko, anch'egli già presidente bielorusso ai tempi dei Soviet e con il vanto di avere a suo tempo votato contro la dissoluzione dell'Unione Sovietica. Lo zoccolo duro dell'integralismo Soviet è stato perciò ricreato proprio negl'ultimi mesi e dunque quando egli afferma che vede stagliarsi all'orizzonte una nuova guerra fredda gl'andrebbe risposto di guardare anche in casa propria, vedendo magari se da qualche parte ci siano degli specchi...
francesco latteri scholten.

venerdì 7 novembre 2014

Goodbye F.I., il voto per la Consulta ipoteca Quirinale ed Italicum.


630 voti, l' 88%, 60 in più del necessario, per Silvana Sciarra di Trani, ordinaria di Diritto del lavoro a Firenze, alla Corte Costituzionale. 537 per Alessio Zaccaria al CSM. L'asse PD-grillini marginalizza F.I.. Stefania Bariatti, candidata di Berlusconi, con 439 voti non raggiunge il quorum dei 570 richiesti ed all'appello mancano ben 45 voti proprio delle stesse fila di F.I. . L'empasse che ormai durava da tempo è stata superata dunque con l'uscita di fatto dal "patto del nazareno" sul quale lo stesso Renzi si è espresso con una battuta: "altroché se scricchiola...". L'osservazione che centra in pieno è però quella di Arturo Parisi - prodiano, uno dei padri fondatori del PD ed uno dei suoi ideologi più importanti -: "ora sono possibili anche altre intese istituzionali anche su Colle e legge elettorale". Le due in realtà si intrecciano specie se ci si ricorda dell'eventualità di lasciare il proprio mandato prima della sua scadenza, fatta la legge elettorale, ventilata da Napolitano all'accettazione del suo secondo mandato. L' "italicum" modificato da Renzi - voto alla lista invece che alla coalizione e blocco al 5% - sta bene ai grillini e ha il placet anche dalla Lega e può perciò benissimo essere approvato entro metà gennaio: una falce che taglia fuori "fratelli d'Italia", NcD e gl'altri satelliti di una F.I. già in ulteriore e definitivo declino. Ne deriva la consecutio: per la successione al Colle è chiaro che il nominativo sarà deciso da 2+1: PD + M5S e Lega. Insomma il voto della Consulta segna il definitivo tramonto di un'era della politica italiana: Goodbye F.I.
francesco latteri scholten.

mercoledì 5 novembre 2014

Esito Midterm USA: confermato crollo Obama, sulla scia di Hillary boom di quote rosa.


52 seggi al Senato ai Repubblicani, 43 ai Democratici, la Good Old Party, adesso ha la maggioranza in entrambe le Camere. Il Partito Repubblicano dunque conquista 7 seggi, in bilico ce n'erano 6, di più: conquistano anche lo Iowa, roccaforte di Obama, dove passa invece Joni Ernst candidato "rosa" con il 52% dei suffragi. La notevole ripresa economica USA degl'ultimi mesi non è, di fatto, servita a sostenere la popolarità del Presidente, la cui immagine, per tradizione, è legata a quella globale degli USA, in netto calo, per non aver saputo dominare la scena internazionale come un tempo. Rimane il motto critico: "Bush era il Presidente che governa e non pensa, Obama quello che pensa e non governa". Se a livello di immagine globale hanno pesato ISIS ed Ebola, a livello di base, per Obama quella afro-latina, ha pesato la legiferazione sull'immigrazione e sulla disoccupazione che ne hanno causato un abbandono: si è sentita tradita. La cosa ha portato ad un circolo vizioso, per cui da un lato Obama non ha praticamente fatto campagna elettorale cosa che ha certamente ulteriormente inciso, dall'altro nessuno dei candidati democratici lo ha voluto accanto per la propria... In empasse anche l'altro candidato Democratico, Hillary Clinton con un esito assai ambiguo: nessuno dei candidati da lei sostenuti è passato, ma trasversalmente agli schieramenti si è registrato, sulla sua scia, un successo dei candidati "rosa" mai visto prima negli States. La Clinton resta comunque, almeno nei sondaggi, il candidato più popolare in assoluto a prescindere dal partito. Le elezioni dunque connotano una bocciatura della politica soprattutto internazionale ma anche interna degli USA ed una realtà socioculturale ed economico politica del tutto nuova e diversa degli USA, realtà che peserà sulle prossime presidenziali, anche per la GOP che ha vinto queste Midterm.
francesco latteri scholten

sabato 1 novembre 2014

Midterm USA: l'ombra di Hillary?


La data è, more solito, il 4 novembre. Fuori dagl'USA sono viste come delle elezioni "in tono minore", invero si tratta di elezioni non meno significative delle presidenziali e come queste, e forse più, connesse al fulcro costituzionale ed istituzionale della democrazia americana e ne sono l'elemento caratterizzante. A monte di esse vi è infatti la necessità di conciliare due principi in apparenza inconciliabili: quello della sovranità nazionale espresso nell'elezione della Camera e quello dell'indipendenza degli Stati sancito con l'elezione del Senato. In ossequio la Camera ha solo funzione legislativa, è eletta a suffragio popolare diretto ed i suoi rappresentanti durano in carica due anni; il Senato, con funzione legislativa ma anche esecutiva e giudiziaria, è eletto a suffragio indiretto, dai legislatori di ogni Stato, ed i suoi rappresentanti durano in carica sei anni. Ciò fa di esse elezioni più direttamente legate e connesse alle realtà territoriali ed agl'interessi di queste, ma anche, per l'elezione del Senato, alle prospettive future e di medio periodo. Non si tratta perciò assolutamente del semplicistico "Obama sì, Obama no" cui la maggior parte degl'osservatori esterni tendono a ridurle, sebbene esse implichino anche questo. Del resto un sondaggio americano rivela che anche il 52% dei cittadini USA consideri pure ciò e puntino il dito sul forte calo di popolarità del Presidente a causa delle vicende ISIS ed ebola. Un Obama dunque con ormai solo il 29% dei consensi e con un senato in bilico, basterebbero 6 seggi ai repubblicani per "il sorpasso". Il problema non sarebbe neanche quello additato da diversi anche blasonati osservatori nostrani - più avvezzi evidentemente alle nostrane tipologie - di una eventuale minoranza al senato, già Tocqueville ribatteva infatti: "E' accaduto spesso che il Presidente degli Stati Uniti perdesse l'appoggio della maggioranza del corpo legislativo senza per questo essere obbligato a lasciare il potere e senza che da ciò provenissero grandi mali al Paese." Ad uno dei diversi e molteplici problemi in questione avvicina invece uno degl'ultimi e più importanti interventi di Barak Obama, quello sulla parità dei diritti delle donne, cui è intervenuto a spada tratta, come a suo tempo sulla sanità. Quello infatti che rivendica per sé di essere il più grande Paese democratico e la Patria dei diritti, ha avuto ed ha notevolissimi problemi nella loro concrezione pratica, come del resto testimonia una storia che parte da vicissitudini quali quella dello schiavismo, della guerra di secessione, sino ai suoi strascichi novecenteschi con ad es. Martin Luther King. Per l'eguaglianza delle donne la realtà non è ovviamente da meno e l'impegno di una allora giovanissima Julia Roberts in "Mona Lisa smile" ne segna non solo una tappa importante e tra le più note, ma nei fatti del tutto attuale e per nulla superata in una società americana che, specie a livello locale, è tutt'oggi quale ivi delineata. Forse anzi la stessa presidenza Obama è in qualche modo indice che probabilmente la discriminazione etnica a livello trasversale nella società americana è tutto sommato minore di quella della donna. E' qui però ad aprirsi il nuovo punto interrogativo, specie in vista delle elezioni presidenziali del 2016: è attualmente infatti una donna a distaccare di oltre 30 punti percentuali qualsiasi altro candidato sia democratico che repubblicano: Hillary Clinton. Se, come anch'io mi auguro e Le auguro, dovesse riuscire, il dato storico sarebbe comunque quello che negli USA un afroamericano (Obama non me ne abbia, uno dei mei blog più popolari è "ilMezzosangue" con riferimento a me stesso) è diventato Presidente prima che una donna. Un dato purtroppo in linea anche con quello del numero di Deputati e Senatori di sesso femminile. 
francesco latteri scholten.