giovedì 17 novembre 2011

Obama inizia confronto militare USA Cina e militarizzazione del Pacifico.


Il confronto USA Cina prosegue e sale di livello. Si era passati oltre il confronto economico già con l'assassinio di Gheddafi, reo di aver "tradito" gl'americani rendendosi disponibile per i cinesi ai quali era utile per aprirsi una porta sull'Africa e, al tempo stesso, sul Mediterraneo. Moammar era stato premiato dai cinesi con il sostegno per il raggiungimento della presidenza della Conferenza dei Paesi africani. Andava perciò "executed" in maniera esemplare, secondo la logica dell'intimidazione mafiosa o terroristica: "questa è la fine che fa chi osa". E così è stato. Per farlo era necessario un intervento militare e per quest'ultimo, a sua volta, la destabilizzazione dell'area geopolitica in questione: dunque la crisi del grano. Per adesso la "porta" cinese su Africa e Mediterraneo è stata fatta saltare. Il confronto con la Cina prosegue e prosegue a tappe forzate, che ormai economiche non sono più e già, come per l'area Nord africana si pone su altri diversi e più inquietanti piani. In particolare la parziale smilitarizzazione dell'area afghana procede, non con il ritorno a casa delle truppe e soprattutto degli armamenti USA, ma con la loro collocazione nell'area del Pacifico. Si tratta di una prima ulteriore militarizzazione, alla quale andranno ad aggiungersene altre per le quali in questi giorni Obama ha già disposto cospicui finanziamenti economici, nonostante il debito USA abbia superato i 15.000 miliardi, assoluto record mondiale, infrangendo quest'oggi anche la barriera psicologica del 100% del Pil. E' un debito le cui radici si collocano, è bene specificarlo, con buona pace dei repubblicani USA, non nel sociale, ma nelle ingenti spese militari e di sostegno economico ad una finanza sballata. La dimostrazione che il capitalismo firestoniano, figlio di quello manchesteriano, ancor più del suo genitore, si regga sulla violenza e, come giustamente osservava già Engels ne l' "Antiduering", in ultima istanza, sulla guerra.
francesco latteri scholten.

lunedì 14 novembre 2011

Roma: nella rinuncia a sé per il bene comune la politica risorge dalle proprie ceneri come la Fenice.


E' un grande gesto di rinuncia ai propri vantaggi da parte di entrambi i leaders delle due maggiori forze politiche a riportare in primo piano, a far rinascere, la politica dopo la sua negazione da parte dell'economia. Silvio Berlusconi, messo da parte con grande senso di responsabilità il proprio vantaggio parlamentare sia alla Camera che, soprattutto, al Senato, sostiene con determinazione Mario Monti, gesto invero fortemente offuscato dagl'ultimi atti predimissionari: tiro ad alzo zero, candidiamo Dini, etc.. PierLuigi Bersani, messo da parte il proprio vantaggio popolare - i sondaggi danno il PD in crescita del 15-20% in caso di elezioni - sostiene anch'egli con determinazione Monti. Seguono a ruota tutti gl'altri. Lo stesso Umberto Bossi dà un no non categorico, un no possibilista, un "nì". Per la prima volta da tempo, tutta la politica ha saputo essere tale: scegliere per il bene comune, anche se questa scelta comporta una rinuncia a sé. La politica è di nuovo politica. E vince. Vince l'Italia. Tutta l'Italia, di tutti gli schieramenti. Anche l'economia la conferma. La conferma la storia della politica e la politologia, da quella antica, a quella dell' "età di mezzo", a quella dei nostri giorni. La politica è intelligenza del bene comune e sua ricerca ed è tale sin tanto che rimane questo ed a servizio di esso. Quando essa esce da quest'alveo non è più tale ed è perciò irrimediabilmente sconfitta. E' la lezione portata da Platone ed Aristotele, ma anche dai sofisti, da San Tommaso d'Aquino, dai politologi migliori dei nostri tempi, dalla stessa dottrina sociale della Chiesa. In questo momento c'è stato finalmente uno sforzo comune alla concrezione di quest'impegno. Uno sforzo vincente, dimostrazione del fatto che insieme si può magari anche vincere e che da una siffatta oscurità possa anche nascere, se non direttamente un nuovo Rinascimento, almeno un nuovo Umanesimo, che lo preceda. La Fenice, un tempo simbolo pagano, poi emblema classico del primo cristianesimo, si concreta ora, per l'Italia, nel volto di Mario Monti: "Avete visto che bella giornata?" E' l'esclamazione bella, sentita e profanda, tutta di buon auspicio fatta dal neoincaricato ai giornalisti che lo interrogavano, la mattina presto, all'uscita della prima messa con la sua signora. La sua Signora, la stessa di sempre, la buona moglie delle scritture. Tanto per cambiare.
francesco latteri scholten.

venerdì 11 novembre 2011

I mercati dicono sì ad Ivano Monti. Seconda repubblica: the end.

Saggezza e prudenza confermano a Giorgio Napolitano, oltre ad indubbie esperienza e capacità politico diplomatica, la palma di vero leader politico dell'Italia attuale. Si trattava, preso atto della certezza delle dimissioni di Silvio Berlusconi, di nominarne di fatto, senza al momento dargli ufficialmente l'incarico, il successore per sondare le reazioni del mercato alla nomina stessa e prima di essa. Il conferimento della rara onoreficienza di "Senatore a vita" è servito egregiamente allo scopo. Un incontro di ringraziamento di ben due ore è servito a rafforzarlo. L'intervento di Obama in persona è conferma di sostegno internazionale decisivo ad una scelta foriera di stabilità e garanzia. Si tratta dell'ultima e più grande bocciatura del governo Berlusconi, dopo quella popolare nei sondaggi, quella morale, dopo quella politica dovuta ai transfughi: la bocciatura economica da parte dei mercati internazionali. Piazza affari sale del 3,6%, lo spread rifiata. Un'era è finita. E' finita la "seconda repubblica" e lo è ben peggio della prima. E' finito un capitalismo bocciato dal capitalismo stesso. Napolitano e Monti sono infatti solo un piccolo sprazzo di luce in una grande oscurità. Certamente l'agire di Napolitano è il più "giusto" in questo momento. E' la cosa migliore. Più correttamente però si tratta di una estrema ratio.  Nessuno infatti può - alla luce dei fatti - nascondersi che questa volta, oltre Berlusconi ed i suoi, sia fallita la politica, la politica di tutti gli schieramenti ed i colori dell'arco costituzionale e non. E, soprattutto, è finita la democrazia e la sovranità nazionale: non sono gli elettori ma il mercato - ossia le multinazionali - a decidere chi siano quelli che ufficialmente risultano essere gl'eletti del popolo. E' anche chiaro che senza il placet delle multinazionali, o del mercato che dir si voglia, gl'eletti non possono agire. E' sancito il principio opposto a quello dell'umanesimo, non l'economia in funzione dell'uomo, come voleva questi, bensì l'uomo in funzione dell'economia. E' il principio dell'economia firestoniana, mandato avanti anche da Berlusconi. Il principio che ha trovato la sua concrezione più cruda nel nazismo e nei suoi campi di concentramento: finché produci più di quello che costi vivi, altrimenti muori. Siamo in quella che è la fase ultima del capitalismo, quella estrema della sua attuazione totale, quale ben la ha già descritta in pagine famose e chiare Karl Marx ne "Il capitale". La fase del conglomeramento del capitale: sempre meno ricchi sempre più ricchi e sempre più poveri sempre più poveri. Nella solo Germania, il più ricco Paese europeo, ogni anno ci sono 300.000 nuovi poveri. Tralascio le cifre inerenti gl'altri Paesi. C'è un ceto medio che non c'è più: ci sono solo ricchi esmpre più super ricchi e poveri sempre più super poveri. Chiudo: sono stati, in Italia, i governi di centro sinistra, segnatamente Romano Prodi, a ridurre il debito al 100% del Pil, Berlusconi lo ha riportato a oltre il 120%. E' questo il piccolo sprazzo di luce che Napolitano e Monti possono lasciarci intravedere. Si tratta pur sempre di una briciola di autonomia in più, dunque una briciola di umanesimo in più.
francesco latteri scholten.

domenica 6 novembre 2011

Firenze, attentato al vescovo Mons. Giuseppe Betori. Roma, pestato il sindaco di Firenze Matteo Renzi.



Duplice attacco a Firenze: attentato al suo vescovo, per fortuna illeso grazie all'eroico gesto del suo segretario - per fortuna salvo pure lui anche se in prognosi riservata - ed all'inceppamento della pistola dell'attentatore. Le motivazioni del gesto sono al momento oscure anche se pare trattarsi dell'atto di uno squilibrato. A Roma, invece, in P.za San Giovanni, a Matteo Renzi, sindaco acclamato "coram populi" di Firenze, leader dei "Rottamatori" è negato l'accesso al palco e la parola. Il sindaco rimane lo stesso, dimostrazione di dialogo. Lo si contesta verbalmente, lo si aggredisce. Si difende: "sono italiano anch'io, ho anch'io diritto, come tutti gl'altri, a stare qui". Lo si pesta. C'è l'attacco fisico, gravissimo, alla persona. C'è l'attacco alla democrazia. C'è il ritorno alla sinistra peggiore, quella di Ceaucescu. C'è di più: la dimostrazione, ad es., che le raccolte di firme per i referendum per la democratizzazione della legge elettorale hanno avuto il loro successo grazie ai prodiani i quali l'hanno fatto coscienti che la stessa sinistra - che tanto li sbandiera in funzione antiberlusconiana - non vuole affatto una democratizzazione del sistema elettorale e di quello politico in genere.  E questo con buona pace delle "primarie", frutto peraltro dell' "Ulivo" e delle sue radici anche cristiano cattoliche, dello stesso Romano Prodi, de "La civiltà dell'amore" del gesuita Padre Bartolomeo Sorge. La negazione della parola a Matteo Renzi dimostra l'incapacità della leadership PD ad un confronto sereno e trasparente aperto al pubblico e sulla pubblica piazza. Il successivo pestaggio in piazza, dimostra invece la stessa incapacità da parte della piazza, ossia della base. Un doppio limite: dall'alto e dal basso. Un limite pericoloso perché la strada cui esso porta se diviene scelta radicale di una direzione radicale, è quella già nota - e anch'essa fallita - di realtà politiche in cui di "democratico" c'è solo l'etichetta di un regime. Chiudo con la più sentita solidarietà e simpatia per Matteo Renzi: vai avanti perché la strada vera è la tua. In bocca al lupo e crepi il lupo.
francesco latteri scholten.

mercoledì 2 novembre 2011

La Terza Via: dopo il fallimento delle ideologie e del capitalismo.



E' stata caldeggiata da personaggi di primissimo piano del mondo della cultura, cristiana e laica, da Maritain e da Sartre, da Bernanos, per citare solo alcuni tra i più autorevoli, ma anche da grandi uomini di religione come - uno per tutti - Giovanni Paolo II. Non è infatti semplicemente in gioco un discorso economico, come la gravità della presente crisi economica fa pensare ai più. C'è ben altro. Invero la realtà economica già, sia per le ideologie, sia per il capitalismo era estrinsecazione di una specifica concezione dell'uomo, del mondo e della vita. Queste, per le ideologie, erano quelle dettate dal sistema hegeliano. Una concezione totalitaria, come ben messo in evidenza da Kierkegard, Schopenhauer, Nietzsche, Husserl e altri. Il concretarsi, purtroppo, di queste ideologie - alla fine destra e sinistra hegeliana - nella realtà storica del Novecento lo ha abbondantemente dimostrato. Anche il capitalismo è però alla fine una idologia, come del resto aveva già dimostrato Marx. Una ideologia fallimentare, ibidem. Una ideologia in definitiva nazista come sosteneva sempre non solo Marx, ma come dimostra il fatto che Hitler per il suo "Mein Kampf" si sia ispirato direttamente alle concezioni economiche di Firestone. Una concezione economica in definitiva fallimentare. Dietro a concezioni economiche fallimentari stanno però concezioni fallimentari dell'uomo, del mondo, della vita. E' qui l' "Alterità" della "Terza Via": non si tratta infatti di una "via di mezzo", 50 e 50 tra destra e sinistra hegeliana, tra capitalismonazifascista e comunismo i sistemi che hanno spaccato in due il mondo nel Novecento. Si tratta di una via che è diversa, è terza e lo è perché a monte di essa sta una concezione diversa dell'uomo. Si tratta della concezione connotata nella grande tradizione umanistica cristiana e laica. La concezione che costituisce il nucleo autentico della grande tradizione di pensiero e cultura dell'Occidente, che in definitiva si identifica con l'Occidente stesso. I suoi albori sono nella "Stoa" greca - ma verosimilmente bisognerebbe andare più lontano e giungere sino ad Omero e ad Atena, la dea dagl'occhi splendenti, guida di Ulisse - a ns. Signore Gesù di Nazareth ed i suoi apostoli, alle prime comunità cristiane. E' una concezione che ha attraversato i tempi e la storia, arricchendole ed arricchendosi. Una concezione nei cui solchi vanno inserite senz'altro le comunità fondate da San Francesco d'Assisi, ma anche i Lincei con Galileo. Una tradizione ed una realtà ancora oggi viva e splendida, anche se volutamente ignorata ed osteggiata dalla cultura dominante palesemente al tracollo. Una concezione antropologica autentica dalla quale scaturisce una realtà normativa ed economica in cui l'uomo non è mai mezzo, ma sempre fine, in cui la norma stessa è in funzione dell'uomo e non l'uomo funzione della norma: "l'uomo è padrone anche del Sabato". E' solo in essa che può nascere una comunità umana vera, attiva, ricca di Spirito, solidale: la base per lo sviluppo di una società ed una civiltà vere. Non si tratta di belle parole, di utopie. Si tratta di realtà concreta: è inutile che facciamo tutti i sacrifici che per anni ci si chiederà di fare, se prima non si cambiano le normative finanziarie, perché in un tempo brevissimo la speculazione brucia il decuplo di ciò che i sacrifici di anni potranno forse mettere insieme. Cambiare le normative è dunque la cosa più assolutamente urgente e necessaria. "Cambiare" è del resto parola sbagliata, si tratta infatti di portare una normazione ed una normazione che abbia dei riferimenti antropologici e sociali autentici in un settore di fatto pariticamente "anormato". E' questo il giusto grido degli Indignados, ma anche la legittima proposta/richiesta avanzata ad es. dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace.
francesco latteri scholten.