venerdì 31 agosto 2012

Destabilizzazione contro la Repubblica e due sue figure esemplari: Giorgio Napolitano e Antonio Ingroia.


"La malvagità, quando è condannata, si rivela particolarmente vile; oppressa dalla coscienza, suppone sempre il peggio." (Sp, 17, 11) E' quanto vale per i recenti e destabilizzanti teoremi del settimanale di ideologia fallimentare e fallita del don Silvio pensiero, che - coerentemente - è stato l'unico leader politico a non dare la propria solidarietà al capo dello Stato a fronte di essi. Vero è quanto afferma Ezio Mauro: "Siamo arrivati a questo. Il settimanale ideologico della destra berlusconiana finge di conoscere il testo delle conversazioni intercettate tra Mancino e Napolitano. Non è così, perché la Procura ha tenuto segrete quelle conversazioni e la ha anzi stralciate in un fascicolo "morto", giudicandole del tutto irrilevanti per l'inchiesta. Quelle pubblicate sono dunque soltanto ipotesi, illazioni ed allusioni. Ma sufficienti per confezionare un'operazione politica, com'è ben chiaro dal titolo: Ricatto al Presidente." La conferma, insieme al sostegno al capo dello Stato viene da due fonti autorevoli e dirette: Francesco Messineo Procuratore capo di Palermo ed Antonio Ingroia. Messineo conferma la mai avvenuta trascrizione delle telefonate. Antonio Ingroia, fiore all'occhiello della magistratura italiana e di quella palermitana in ispecie, ex collaboratore di Falcone e Borsellino, conferma che contro il Quirinale vi siano solo falsità e che quelle di Panorama siano torbide manovre destabilizzanti che disorientano l'opinione pubblica. In ispecie i fantateoremi del settimanale scaturiscono da un callage - peraltro maldestro - di articoli di altre testate, un fatto, anche sul piano giornalistico, discutibile. Di atti destabilizzanti cui l'Italia saprà reagire, oltre che di solidarietà a Giorgio Napolitano, parlano anche Mario Monti e Bersani. E' del resto il titolo del servizio del settimanale: "Ricatto al Presidente", confermato indirettamente anche dal colle: "Vogliono indebolirci per condizionare le nostre scelte". E' quanto appare più manifestamente, ma l'attacco è invero duplice, esso infatti mira direttamente anche a colpire la magistratura. La conferma è ancora di Ingroia: "Chi cerca di allontanare l'accertamento della verità sulla stagione delle stragi mafiose, quelli sì provano a interferire nelle indagini". A fronte di tutto questo c'è poi, infine, chi come Casini liquida semplicemente la cosa come "primitivismo di cui sono capaci solo certe testate giornalistiche" (sic!).
francesco latteri scholten 

mercoledì 22 agosto 2012

Rimini meeting: Vaticano, cattolici e politica italiana.


Un meeting - quello 2012 - tutto sommato tra i più riusciti, oltre che tra i più attesi. Si tratta del primo post berlusconiano, un fatto importante. Dopo l'attacco inconsulto sferrato dalla stampa berlusconiana, segnatamente "Il Giornale" e "Libero" ad opera e per concertazione anzitutto di Vittorio Feltri, contro l'ex direttore di "Avvenire" - il quotidiano della CEI - ed attuale direttore di TV 2000, Boffo, - oltre che per le vicende private e non - era chiaro infatti che "don Silvio" si era alienata - dopo quelle di Fini e dei suoi - anche le simpatie e soprattutto il sostegno politico sia dei cattolici, che, soprattutto, della gerarchia ecclesiastica. Il 2012, anno di Monti e del suo governo, pone dunque più categoricamente il problema dei cattolici in politica, ferma restando la "libertà" di scelta purché aderente nei casi specifici agli orientamenti imprescindibili dei valori cristiani, quali la vita, la famiglia, la democrazia etc. . Mario Monti è un tecnico, è Presidente del Consiglio dei Ministri, ed è un cattolico, come molti dei suoi, ad es. il Ministro Passera. Per diversi di loro, al di là delle dichiarazioni ufficiali, il meeting è davvero e pienamente un meeting cattolico - cioé universale, a 360° - : esso pone delle scelte di vita: restare dei tecnici o diventare dei politici. Dopo il fallimento del berlusconismo - che tanto sostegno cattolico e delle gerarchie aveva avuto - la partecipazione all'agone politico infatti si pone più che mai e più che mai si pone la questione di una partecipazione in soggetti terzi o quella in un soggetto prettamente cristiano e dunque una eventuale creazione di questo. Tutto ciò a sua volta pone in primo piano, di nuovo, quello che è "il" problema annoso ed irrisolto e quasi sempre taciuto del rapporto tra gerarchia e base cattolica proprio per quanto concerne l'impegno politico. Si tratta di un "quid" alla cui soluzione forse proprio lo stesso Mario Monti ed il suo staff, a cominciare da Corrado Passera, sono gl'uomini più idonei e che possono contare in genere - anche se non nello specifico - del sostegno - un sostegno molto esterno ma non per questo meno importante - di laici impegnati e significativi quali ad es. Giorgio Napolitano ed Eugenio Scalfari. "il" problema è quello che si evince anche per es. dalla relazione del Presidente della CEI, Card. Bagnasco, che cita De Gasperi ma non lo nomina. E, lì inizia, dopo la costituente, nella neoistituita "Repubblica Italiana" la cosa. De Gasperi, cattolico e credente convinto, porta avanti una linea diversa da quella voluta dall'integralista Card. Ottaviani, ha il sostegno della base, soprattutto quello dei giovani e dell' "Azione Cattolica", con loro riesce a vincere le elezioni, ma poi è marginalizzato e "fatto fuori" politicamente. Al suo posto andranno avanti i vari Fanfani, poi Andreotti e Lima, e, in economia, Michele Sindona, "il banchiere della divina provvidenza", è - ahimé - la definizione datane nientedimeno che da un Papa. Qualche decennio dopo, il bis con Aldo Moro, ormai messo da parte politicamente, "promovetur admovetur", con l'incarico onorario di Presidente della DC, ancor prima che con il sequestro e l'assassinio da parte delle BR. Il sostegno va di nuovo e sempre ad Andreotti ed ai suoi, poi, dopo l'inevitabile tracollo della DC, ad un delfino del CAF ed amico, come lo stesso Andreotti, di Licio Gelli: Silvio Berlusconi. E' il passaggio del "testimone" e le critiche di "Famiglia Cristiana" ed altri a CL ed al suo meeting non sono del tutto infondate, anzi. Le vicende politiche, economiche, le vicissitudini private mostrano come si siano preferiti a galantuomini cattolici, credenti ed integerrimi quali De Gasperi e Moro, uomini che con ns. Signore e con il Suo vangelo non solo nulla avevano a che spartire, ma che gl'erano apertamente contrari. Insomma, come 2.000 anni fa si è preferito Barabba ed ora ce n'è la responsabilità morale, politica, economica e storica. E' del resto quanto aveva già lucidamente intravisto Aldo Moro nelle sue ultime lettere dalla prigionia. Oggi un qualsiasi impegno politico cattolico è pesantemente tarato dalle passate scelte politiche della gerarchia, segnatamente dal Card. Ottaviani, dai suoi e dai suoi succedanei e dalla realtà politica e socio economica che i personaggi da loro preferiti hanno portato avanti, tutti, sino a don Silvio. Oggi un qualsiasi impegno politico cattolico è possibile solo e soltanto nel contesto di un aperto e categorico distanziamento da quelle posizioni e da quei personaggi, ecclesiastici e non, e nel recupero orgoglioso di valori ed uomini autentici quali De Gasperi e Moro. Altro che riprenderne le citazioni e non menzionarne il nome. E' possibile solo a partire da un necessarissimo e doveroso mea culpa della gerarchia. Mea culpa ad aver portato avanti la linea del Card. Ottaviani, mea culpa ad aver marginalizzato De Gasperi, mea culpa ad aver marginalizzato Moro, mea culpa ad aver preferito e sostenuto gente come Andreotti, Lima, Evangelisti e compagnia, mea culpa ad aver sostenuto Sindona ed averlo definito "il banchiere della divina provvidenza", mea culpa aver sostenuto il Card. Marcinkus, mea culpa, mea grandissima culpa l'aver sostenuto Berlusconi. Ed ancora, mea culpa la chiusura ad oltranza, anzicché il confronto costruttivo - per fortuna avviato da Papa Benedetto XVI - con laici quali Giorgio Napolitano, e, perché no? Anche Eugenio Scalfari, pur nelle distanze e nei limiti che questi stessi porrebbe: ateo sì, ma pur sempre un grandissimo.
francesco latteri scholten.

venerdì 17 agosto 2012

Europa delle Regioni: il cittadino conta ancora meno e le multinazionali ancora di più.


E', come molte delle questio politiche, in realtà "cosa vecchia", ma non d'annata. Il problema si era riproposto, nella storia recente, con gli Stati Uniti d'America. Ebbene, i padri costituenti non scelsero - a ragion veduta - una federazione di contee, bensì una federazione di Stati costituiti da contee. Del resto l'esempio della "vecchia" Europa dalla quale essi provenivano era deleterio e fin troppo evidente la realtà politica e socio economica dei tanti staterelli in cui l'Europa centrale e l'Italia erano suddivisi. Le baronie che rendevano di fatto impossibile qualsiasi sviluppo economico e sociale degno di questo nome, e che peraltro imperversavano anche in quelle grandi realtà statali quali erano la Francia e la Spagna, ove del resto, come anche in Inghilterra, le rivendicazioni regionaliste non erano affatto assenti fino ai nostri giorni, basti guardare ancora oggi - sic! - ai baschi, ai corsi, a scozzesi ed irlandesi. Sono affiancati da Bavaresi, Schwaben, etc. e dai vari leghisti del Nord e del Sud nel ns Paese. Si tratta di un progetto storicamente fallito, sostenuto nella maggioranza dei casi da nostalgici di un ordine socio economico, ma ancor prima legislativo e giuridico politico quale quello sancito da Statuti ancor più retrogradi di quello Albertino. E' un progetto fallito anche nella realtà contemporanea, come dimostrano i bilanci fallimentari ad es. nel ns. Paese proprio di quelle Regioni dotate di particolare autonomia e le quali sono connotate da bilanci che hanno deficit superiori a quelli del 50% delle Regioni a Statuto ordinario messe insieme, prova più che palese della propria incapacità gestionale e della impossibilità di un "sistema" europeo a connotazione regionale. Lo avevano già ben capito Washington, Adams, Jefferson, Hamilton e Franklin, correva l'anno 1789, lo stesso della grande rivoluzione repubblicana, quella francese. Dunque: una Camera con rappresentanti eletti dal popolo ed un Senato in cui sono rappresentati gli Stati, non - si badi - le contee. Il potere al popolo, ai cittadini di uno Stato in una federazione di Stati e ciò proprio per ridurre il potere delle baronie che intanto avevano assunto nuovi volti, per ridurre il potere delle compagnie di commercio che già all'epoca andavano assumendo connotazione sovranazionale. E' un concetto che ritroviamo nel recentissimo e superlativo "Impero" di Antonio Negri (oltre 500.000 copie) ove si sostiene che proprio per questo l' "Impero" vuole il potere regionale, l'iperlocalismo, la realtà che più facilmente gli consente il potere. Lo aveva già visto l'osservatore politico attento ed acutissimo che è stato Pier Paolo Pasolini in "Petrolio", proprio a proposito delle multinazionali e delle politiche di queste, in ispecie quella di Eugenio Cefis. E' del resto la chiave dell'assassinio di Enrico Mattei, la vecchia concezione dell' ENI, una multinazionale dello Stato ed a suo servizio in una politica di indipendenza energetica, contro quella nuova, quella di tutte le multinazionali, la concezione di Cefis: "noi non siamo statali, nazionali, siamo sovranazionali". Ma proprio lo Stato ed ancor più la federazione di Stati, sono il maggior impiccio per le multinazionali, sono ciò che bisogna circuire ed il modo migliore è lo spezzettamento in tante piccole e microrealtà molto più "addomesticabili". A discapito dei Paesi, dei Popoli, dei cittadini. Lo osserva bene di nuovo Antonio Negri che nota come la nuova realtà umana sia quella della moltitudine. Anche Pasolini, sempre in "Petrolio", sebbene con formulazione meno efficace l'aveva già intravisto. Ma - e questo lo aveva già visto Freud - la moltitudine, la massa, è quella in cui l'uomo perde sinanco la propria identità psichica. Ciò che più stupisce, infine, è come ancora oggi - ed è passato qualche secolo - chi come "Occupy", "Viola People", "Peace" etc. sostiene ciò che sostennero uomini come Washington, Adams, Jefferson, Hamilton e Franklin, sia visto spesso quasi come una specie di eversivo e di cospiratore. Si tratta, oggi di nuovo, di lottare per la riconquista delle stesse cose di allora.
francesco latteri scholten.

mercoledì 15 agosto 2012

ILVA, Landini: no sciopero contro magistrati, sì a crescita.


Contro uno sciopero volto a contrasto dell'azione della magistratura si è espresso apertamente Maurizio Landini, CGL, prendendo le distanze da CISL e UIL. Non c'è infatti, come alcuni vorrebbero, la creazione di un precedente per cui sarebbero i giudici a decidere o meno delle aziende ed il quale metterebbe a rischio eventuali investimenti nel ns. Paese. L'azione tanto dei sindacati quanto della magistratura deve infatti avere quale finalità la crescita e lo sviluppo dell'azienda ed è in questo senso che si muove, ha proseguito Landini, la CGL. Bene ha fatto. L'azione della magistratura però è indispensabile, come è necessaria la rispondenza dell'operare tanto di singoli quanto di gruppi e collettività, di imprese ed aziende in un corpus legislativo e normativo, che è quello statuito dalle leggi dello Stato. L'azienda in altre parole non può essere una realtà ed un mondo a sé, quale quello tristemente recentemente scoperto anche nel ns Paese in diverse fabbriche laboratorio cinesi e non, si veda anche Rosarno, nei quali è legge il caporalato e la parola indiscussa del caporale. Realtà dietro le quali sovente si cela la longa manus della criminalità organizzata. Il principio della produttività non può essere la scusante per la introduzione del criterio di una extranormazione rispetto alle leggi dello Stato. E' in questo contesto che va cercata la creazione di uno sviluppo autentico che dia prospettive vere di crescita delle aziende e del Paese. Di contro va osservato che proprio una uscita da questo contesto porrebbe basi per disincentivi ad investire nel ns. Paese, dalle statistiche risulta infatti che molti investori stranieri sentono disagio ad investire in Italia proprio per la difficoltà creata dalla extralegalità che connota il ns sistema e da una inadeguata tutela dell'operare normato.
francesco latteri scholten.

domenica 12 agosto 2012

Appello a Napolitano: vergogna d'Italia: monumento a Graziano, crimini contro l'umanità. Parroco e sindaco PdL in abito da livrea.


Ormai lo schifo e l'indecenza più totali non hanno più alcun limite: ad Affile, piccolo comune laziale, già noto per monumenti commemorativi di altri gerarchi fascisti, è stato raggiunto l'apice. La storia ha dell'incredibile e fa a pugni con la ns carta costituzionale, è stato infatti dedicato in monumento - 130.000 euro di soldi della Regione - per la commemorazione nientemeno che del generale Graziano, uno dei più feroci e razzisti gerarchi del passato nazifascista che ha insozzato l'Europa e l'Italia, già condannato per crimini contro l'umanità e per il razzismo feroce di cui si è reso protagonista in Africa durante il secondo conflitto mondiale, in particolare per l'uso contro le popolazioni autoctone di gas ed armi chimiche. Alla cerimonia che di per sé ha dell'incredibile, visto che essa configura il reato di apologia del nazifascismo, hanno presenziato, schifo nello schifo e vergogna per la Repubblica Italiana che è sorta proprio dalla lotta al mazifascismo, nientemeno che il sindaco, rappresentante istituzionale della Repubblica Italiana, con tanto di fascia tricolore ed il parroco in livrea. Uno sputo ed un insudiciamento della fascia tricolore e maggiormente dell'abito ecclesiastico. Facciamo apertamente appello al Presidente della Repubblica, anche e soprattutto in qualità di garante della Costituzione e della lotta al nazifascismo, ma anche alle autorità ecclesiastiche perché prendano i provvedimenti del caso, nei confronti di chi così gravemente oltraggia ed offende lo Stato, la Chiesa e le istituzioni.
francesco latteri scholten.

venerdì 10 agosto 2012

Riapertura Petrolio di Pasolini e sentenza caso De Mauro.



Mentre su richiesta dell' ex Sindaco di Roma Walter Veltroni all'ex Ministro di Grazia e Giustizia Angelino Alfano e di questi alla procura di Roma è stata recentemente riaperta - a 37 anni dalla morte - l'inchiesta su Pier Paolo Pasolini sotto la direzione di Giuseppe Pignatone e del PM Francesco Minisci, la Corte d'Assisi di Palermo, in 2199 pagine depositate il 9 agosto u.s. ha ricostruito così la fine del giornalista Mauro De Mauro scomparso il 16 settembre 1970: "La causa scatenante della decisione di procedere senza indugio al sequestro e all’uccisione di Mauro De Mauro fu costituita dal pericolo incombente che egli stesse per divulgare quanto aveva scoperto sulla natura dolosa delle cause dell’incidente aereo di Bascapè, violando un segreto fino ad allora rimasto impenetrabile e così mettendo a repentaglio l’impunità degli influenti personaggi che avevano ordito il complotto ai danni di Enrico Mattei, oltre a innescare una serie di effetti a catena di devastante impatto sugli equilibri politici e sull’immagine stessa delle istituzioni". La Corte, presieduta da Giancarlo Trizzino, pur assolvendo l'unico imputato, Totò Riina, non esclude affatto responsabilità di elementi appartenenti a Cosa Nostra e fa inoltre riferimento esplicito alla fondamentalità del materiale scomparso, tasselli mancanti, documenti e registrazioni che i giudici ritengono fondamentali per la soluzione del mistero ed in particolare: la registrazione dell’ultimo discorso che l’ex presidente dell’ENI fece prima di morire, a Gagliano, in provincia di Enna, la registrazione dell’intervista che De Mauro fece a Graziano Verzotto, ex dirigente ENI secondo i giudici al centro del complotto internazionale ordito per eliminare Mattei, e sette pagine di appunti scritti dal cronista de L’Ora per il regista Francesco Rosi. Sembra infatti che De Mauro fosse rimasto impressionato proprio dalla registrazione dell'ultimo discorso di Mattei in cui oltre agli oratori si udivano distinte anche le voci di coloro che si trovavano nei pressi del microfono. Per la fine di De Mauro la Corte d'Assise di Palermo opera dunque uno "spostamento" se così si può dire, la fine del giornalista era infatti sempre stata associata in precedenza - nella versione più plausibile - all'operazione "Tora, Tora, Tora", ossia al golpe del principe Junio Valerio Borghese ed agl'ambienti eversivi ed economico mafiosi di estrema destra. La verità accertata dalla Corte, pur senza riferimenti, né sarebbero possibili, associa, costituendolo come precedente rilevante, la fine di De Mauro a quella di un altro giornalista, ma soprattutto poeta, scrittore e regista tra i più grandi d'Italia: Pier Paolo Pasolini, la cui fine - cinque anni dopo, il 2 novembre 1975 - è anch'essa intrecciata alla ricerca della verità sulla morte di Enrico Mattei. L'ultimo scritto di Pasolini è infatti "Petrolio", la "cosa sporca" di cui si occupava Mattei. Invero in "Petrolio", come già nella vicenda personale ed in quella giornalistica di De Mauro, appare evidente come le due realtà quella eversivo economico mafiosa vicina e sconfinante al e nel golpe e complice di esso e quella più vasta, rinviante a scenari internazionali, agl'interessi francesi e della Elf, ma anche a quelli americani delle sette sorelle e di Baldwin, nemico acerrimo di Mattei, finiscano con l'intrecciarsi inestricabilmente, connotate nel particolare da uomini dalla doppia e tripla personalità e vita, e dalla loro appartenenza simultanea a più realtà. Una molteplicità che investe - come bene ci illumina proprio Pasolini in "Petrolio" - il singolo sin nel più profondo della sua identità che si intreccia con la sua esteriorità ed apparenza, se ne dilacera, ne confligge, persino per quanto concerne la propria sessualità. L'ostentata eterosessualità per il potere, che confligge con la reale omosessualità. Ma è proprio questa, a dispetto degli anticomplottisti, a riportarci al punto di partenza: "Comunista" e "iarrusu" (dicitura in dialetto del catanese), gl'ultimi insulti diretti a Pasolini durante il pestaggio e che rinviano a concezioni omofobe e di eversione di destra. Ma Pasolini a Catania andava ed aveva casa, ed aveva conosciuto i fascisti marchettari. Ma è proprio a Catania, negli ambienti mafioso eversivi di destra che è stato concepito il sabotaggio dell'aereo di Mattei, caduto al ritorno da Catania, nei pressi di Pavia il 27 ottobre 1962. E siamo di nuovo lì.
francesco latteri scholten.



lunedì 6 agosto 2012

Marte: da Mariner a Curiosity passando per Viking.


6.8.2012, ore 7.31 del meridiano di Greenwich, la sonda Curiosity è riuscita a superare l'ultima difficoltà: la riduzione della propria velocità, 6 Km al secondo, ed a toccare il suolo di Marte. Il "pianeta rosso", 6.700 Km di diametro, poco più della metà di quello terrestre,  distanza dal Sole da 207 a 249 mln di Km, due satelliti Phobos (20Km di diametro) e Deimos (12), era stato già avvicinato da sonde spaziali in passato. Un primo avvicinamento a distanza inferiore a 10.000 Km, è del 14 Luglio 1965 ad opera della sonda Mariner 4, da cui si sono avuti dati importanti circa la pressione atmosferica - compresa in valori tra l' 1 ed il 2% di quella terrestre - e la sua composizione, data perloppiù da CO2. Il pianeta, sempre secondo Mariner 4, sarebbe privo di campi magnetici, la qual cosa invaliderebbe la teoria della presenza di una cintura di radiazioni pericolose, d'altra parte proprio questa mancanza esporrebbe Marte a flussi di raggi cosmici 100 volte più intensi che sulla Terra. Sempre il Mariner 4 aveva rilevato una totale assenza sia di acqua che di ossigeno. La colorazione verde di alcune aree del pianeta sarebbe dovuta perciò a sali vulcanici, e le calotte che con l'alternarsi delle stagioni - l'anno di Marte è di 687 giorni - si accrescono o diminuiscono, sarebbero costituite sempre da CO2. Nel 1969 le sonde Mariner 6 e 7 hanno inviato nuovi significativi contributi soprattutto fotografici. La prima sonda ad aver compiuto orbite intorno a Marte è stata la Mariner 9 la quale ha fornito materiale fotografico riprendente il 100% della superficie del pianeta. Si sono così potute evidenziare caratteristiche del tutto peculiari e non presenti su alcun altro pianeta. Tra queste: la Nix Olympica, dalle connotazioni di un cratere vulcanico di 80 Km di diametro con una base di 450 ed innalzantesi 25.000 m al di sopra della circostante pianura; le regioni del Sud che sembrano plasmate da ghiacciai oggi scomparsi e da tipici kanyon di cui uno 10 volte maggiore del celebre Gran Kanyon Nord americano. Nel 1976 Marte è stato nuovamente avvicinato - questa volta dalla sonda Viking - la quale ci ha inviato il miglior materiale fotografico sinora disponibile del pianeta. Esso sembra di nuovo indicare la presenza in passato di grandi quantità di acqua. Oggi Curiosity ha già inviato le prime foto, sta compiendo le prime esplorazioni e le prime analisi. I dati certi si accrescono, i dubbi spariscono. Restano, al momento, le domande di fondo, quelle che hanno animato tutto il progetto Curiosity ed il suo viaggio: c'è, o c'è stata, vita su Marte? E, cosa si intende per vita?
francesco latteri scholten.