mercoledì 29 febbraio 2012

Afghanistan: 1350 miliardi per la finta guerra contro il produttore del 90% della droga del pianeta


Mentre il mondo piange una crisi sempre più dura, in Grecia si bruciano bandiere tedesche, nessuno dice nulla del vero e primo responsabile, gli USA e le loro multinazionali, le famiglie cui esse fanno capo, la loro politica guerrafondaia che continua ad assorbire ben il 40% delle spese (o degl'investimenti?) mondiali per gl'armamenti. Si tratta del resto di interessi incrociati e radicatamente intrecciati a quelli di altre - o delle stesse multinazionali - e di altre famiglie. Del resto il summit tra le famiglie Bush e Bin Laden (nella fotocomposizione) mostrano realtà ben diverse da quelle che la maggioranza dei media ha offerto al pubblico mondiale. Ancora del resto, le prime pagine dei maggiori media - per quanto si siano quasi sempre profusi a mostrare le realtà socioculturali integraliste e fanatiche di parte della popolazione afghana - praticamente mai hanno mostrato la realtà economico produttiva dell'Afghanistan, e meno che mai si sono posti interrogativi su di essa. Il Paese è infatti il primo produttore mondiale di droga si produce ben il 90% di quella di tutto il pianeta, coltura predominante è quella del papavero da oppio (sempre nella fotocomposizione). Il principale mercato di esportazione della "merce" sono gli USA, seguiti a ruota dall' Europa. E' curioso osservare che durante gl'anni del conflitto la produzione non sia stata minimamente intaccata, anzi si sia addirittura accresciuta. Sono dati di fatto che pongono interrogativi inquietanti. Data la tossicodipendenza degli USA e le sue dimensioni - ma anche quella Europea - una guerra vera contro l'Afghanistan era ed è un qualcosa di inconcepibile e meno che mai era concepibile un esito positivo di essa. Una guerra vera è colpire. Colpire le fonti del "nemico", il suo sostentamento, come si è fatto ad es. in Iraq - altro colossale fallimento della politica del "consorzio" Bush, costato milioni di morti - cioè, in quel caso il petrolio. Lo si può fare se nel frattempo si può prendere il petrolio altrove. Qui si tratta invece di droga e del 90% della droga del pianeta, da quale altrove si può andarla a prendere? Se però non è possibile colpire le fonti del nemico, non si può pensare di vincerlo. Del resto, queste fonti non sono mai state colpite seriamente, cosa d'altronde testimoniata dalla non diminuzione, anzi dall'incremento della produzione. Ma, allora, cosa si è davvero andati a fare in Afghanistan e perché si è ancora lì?
francesco latteri scholten.

mercoledì 22 febbraio 2012

Sinistra, destra, centro? La politica ai tempi del suo crollo.

 I muri di Torino insudiciati da scritte abbiette dei No Tav - movimento considerato attiguo alla sinistra e appoggiato da settori di essa - contro Giancarlo Caselli, un magistrato non certo di destra. Operai "di sinistra" del treviggiano che passano in massa nelle file della Lega. Credibilità dei partiti abbondantemente al di sotto del 10%. Grande crescita dei movimenti, specie anticapitalistici come "Occupy Wall Street", là dove, come in rete, c'è più facilità di espressione. PdL in caduta libera nei sondaggi - lo si dà, a seconda delle fonti, tra il 10% ed il 18% - PD, altrettanto ma un pò meno, e con spaccatura sempre maggiore tra sostenitori dichiarati di Monti, come Veltroni, e chi, come Bersani, si dichiara apertamente "alternativo". Sindacati senza alcuna idea circa politiche per giovani, precari e disoccupati, che abbia un minimo di concretezza e si elevi al di là dei semplici slogan ed ormai rappresentanti neppure il 60% dei lavoratori, in pratica i privilegiati che hanno un lavoro con garanzie in una realtà ormai connotata dall'  "Apartheid" tra chi un lavoro ce lo ha e chi no, anche grazie proprio all'art. 18. Sono solo alcuni dei tanti dati di fatto dell'attuale realtà socio economica, ma anche politico culturale che specificano che l'attuale conflitto non sia più riducibile alle forme del Novecento, né, tantomeno, sia esprimibile in base ad esse. Sono la denuncia del fallimento delle politiche dei passati governi politici, non solo l'ultimo. Si aggiunge - per fortuna - il successo del Governo Monti ed i suoi risultati, ovvero la denuncia del fallimento della politica, in particolare di quella politica che si apre dopo l'assassinio di Aldo Moro: la "seconda repubblica ed il "bipolarismo". Il post berlusconismo è connotabile proprio dalla caduta del bipolarismo insieme a quella dei partiti che lo costituivano, alle loro dialettiche interne ed esterne. C'è però qualcosa che è a monte di ciò. Il ritrovamento del corpo di Moro in Via Caetani esprimeva infatti la denuncia del crollo di quei valori cristiani e laici da cui era sorta la Repubblica Italiana e la sua Costituzione. Il crollo del berlusconismo è invece la denuncia della aleatorietà di presunti valori che quelli avrebbero potuto sostituire. Aleatorietà di presunti valori presto tracollati su sé stessi. C'è in Monti qualcosa di nuovo perché classico, ed è uno degli ingredienti fondamentali del suo successo, prima ancora delle indubbie capacità tecniche: i valori classici, autentici della vera grande tradizione culturale italiana, sia cristiana che laica. Il successo non solo politico, ma soprattutto sociale di Monti, è proprio in ciò senza cui una politica, qualunque sia, non è possibile: la rinascita dell'etica. La speranza del domani. La stessa da cui De Gasperi ed Adenauer hanno gettato le fondamenta dell' Europa.
francesco latteri scholten.

venerdì 17 febbraio 2012

UE, Germania, Grecia e gl'altri. Il peccato originale e la carenza di leadership.


Annullata all'ultimo istante la visita della Cancelliera tedesca Angela Merkel a Roma per le dimissioni del Presidente Wullf perché inquisito per interesse privato in affari pubblici. Sembra che l'allarme del Presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino sul dilagare della corruzione non riguardi solo il nostro Paese. Va dunque sfatata l'aria di candore e di rigorismo purista con cui la leadership tedesca si ammanta. Si tratta del resto di una visione miope, che nasce da una mentalità tipicamente provinciale tedesca la quale vagheggia, non da oggi, una specie di "grande Svizzera neutra", come osserva il Financial Times. Si tratta di una realtà che sul piano spirituale, psichico, sociale e politico è un controsenso. L'uomo è un essere dinamico in continuo divenire, come tutte le sue realtà: dunque non esiste una neutralità, perché alla fine anche il non agire è un agire. E qui c'è un precedente politico storico che riguarda proprio la Germania: la "Repubblica di Weimar" che poi finì nel colpo di stato della "notte dei cristalli". L'attuale rigorismo, insieme ad una mancanza assoluta di politica di ristrutturazione e ricostruzione dell'economia, di fatto spinge alla crescita dei nazisti in Grecia. Dunque, alla fine neutrale non è proprio nulla. Si potrebbe del resto citare un esempio, anch'esso storico, della stessa Svizzera, la quale durante l'ultima guerra passò, per l'Africa, il DDT alle truppe anglo-americane, ma non a noi italiani e così i nostri morirono di malaria. Il vagheggiamento tedesco medio ha d'altra parte radici storiche, che sebbene recenti, sono assai forti e drammatiche, esse si collocano infatti proprio in quella realtà storica che è iniziata appunto con la notte dei cristalli. D'altro canto alla carenza tedesca non è possibile neppure contrapporre, ed è il sottinteso della Grecia e degl'altri, che debba essere la Germania a dovere farsi carico di tutte i pesi dell'Unione. Diciamolo chiaramente: un progetto di rilancio dell'economia greca sarebbe dovuto nascere anzitutto dai greci stessi, e così per gl'altri; similmente la solidarietà non può consistere nel fatto che la Germania si accolli le pendenze di tutti gl'altri. Tutto questo ci porta al "peccato originale", alla nascita della stessa Unione. Essa, e lo denuncia giustamente l'ex ministro Giulio Tremonti (si veda la puntata di Servizio Pubblico dell'altro giovedì), non avviene, come è apparso, per la semplice prosecuzione delle politiche iniziate a suo tempo da De Gasperi ed Adenauer, ma avviene per la caduta del Muro di Berlino, avviene per l' '89. Alla Germania infatti fu posta, per l'unificazione, la condizione della rinuncia al Marco, cioé dell'istituzione dell' Euro. Dunque un progetto anzitutto economico ed economico prima che politico, non nato in Germania, anzi imposto alla Germania, progetto cui si aderì con troppa semplicità di calcolo e con mancanza di lungimiranza politica, la quale avrebbe imposto un decorso più mirato, progressivo e flessibile. A tutto ciò va aggiunto il recente crollo di Wall Street, la recessione americana e le sue conseguenze gravide anche per l'economia dell'Unione. In questa realtà Mario Monti e l'Italia di Mario Monti possono avere un ruolo di primissimo piano, come fanno notare, oltre al Financial Times anche Times - che riservandogli la copertina si chiede: può quest'uomo salvare l'Europa? -, ma pure diversi importanti osservatori sia esteri che italiani. Ciò sia per la politica al tempo stesso di rigore e di rilancio del Presidente, sia per le sue indubbie capacità di grande mediatore. E' da notare che la posizione della Grecia non è caso isolato. In altri Paesi la situazione è altrettanto drammatica: lo è in diversi ex Paesi dell' "Est", lo è in Portogallo dove sono decine di migliaia i cittadini in fila per chiedere il visto per espatriare in quella che un tempo era la colonia portoghese dell'Angola. Dunque in Grecia c'é la rivolta, ma altrove l' Unione brucia non di meno. I consumi di caramelle per bambini sono calati di oltre il 25% e quelli di cioccolato di oltre il 50%. I popoli sono alla fame.
francesco latteri scholten.

giovedì 16 febbraio 2012

Il delirio di un senescente affossa Sanremo (e per queste porcherie dobbiamo anche pagare un canone)


Ha fatto splasch. Crollo dell'audience. Delusa la super attesa super creata sin da prima di Natale. L'ex mito chiamato per iniziare Sanremo con la leggenda l'ha iniziata inficiandola nello schifo più totale: un monologo delirante in cui cliché anticristiani ed anticlericali ideologicamente degenerati e pervertiti riesumati dalla peggior scuola degl'anni sessanta e settanta - si vede che la mente del molleggiato ormai è tornata lì - spostano, nello schifo generale, i cantanti in seconda serata. E' il delirio di un senescente ormai incapace di proporre alcunché, neppure sé stesso, che se almeno fosse stato capace di questo forse avrebbe almeno concluso qualcosa. Niente. Così si cela il proprio vuoto assoluto dando nello scandalismo che dev'essere tanto più grande quanto maggiore era il successo che ci si riproponeva. Giuste le scuse chieste dalla CEI. Più giusto sarebbe un indennizzo pecuniario a milioni di italiani. Lo "show" era alquanto prevedibile e qui si apre il capitolo, in parallelo, delle responsabilità della RAI e Curzio Maltese, un buon osservatore, parla, giustamente, di "record assoluto di assenza del pensiero raggiunta dal direttore della RAI". Si apre, aggiungo, il tema del canone RAI, la più discutibile delle imposte che gravano sulle tasche dei contribuenti italiani: le altre TV - che danno programmi decisamente migliori specie di Sanremo - si finanziano da sé con i gettiti pubblicitari. Perché un canone per la RAI visto che c'è la pubblicità? Poi, un canone per vedere cosa? Lo schifo? Ancora, perché la semplice detenzione di un apparecchio televisivo deve essere la prova giuridica che fruisco del servizio televisivo pubblico (e capirai che servizio)? Perché non debbo poter disattivare i canali RAI dal mio apparecchio e non pagare il canone? A me della RAI non importa un accidente, preferisco altri canali che si finanziano con la pubblicità e che sono accessibili gratuitamente. Perché debbo essere giuridicamente coercito al pagamento di un servizio che non voglio? Perché debbo pagare le porcherie di Celentano ed altre squallidità simili? Perché non se le pagano loro di tasca loro? Occorrerebbe finalmente un referendum in proposito.
francesco latteri scholten.

martedì 14 febbraio 2012

Genova: con Doria vincono i movimenti e Don Gallo.


E' la conferma di quello che in rete è realtà da tempo: l'era dei partiti e delle loro nomenclature è in agonia e, soprattutto, è finito l'anticristianesimo ideologico. Vince chi è con la gente, non importa se politici o religiosi. Vince chi si impegna per gl'altri, come Don Gallo, esempio di cristianità impegnata e vissuta. C'è un sentimento nuovo: i "Partiti", non importa quali, puzzano, sanno di feudalità, di marcio, di inciucio, di schifo. L'aura di libertà e di democrazia che si erano conquistata con la lotta al nazifascismo e la Resistenza è ormai cianotica. Genova non è un'eccezione né una singolarità, è, semmai, la punta di un iceberg. E' l'esempio di ciò che accadrebbe se si andasse al voto per davvero. L'esempio di quello che sarà il dopo Monti, quello che tutti i "Partiti" non vogliono, il loro incubo notturno più infausto, il loro Nightmare: la negazione di tutte le loro "geometrie" politiche, dei loro accordi trasversali fatti magari nei sotterranei tra palazzo Madama e Montecitorio. La negazione dei loro accordi con le multinazionali. La negazione dei loro accordi con le massonerie. In una parola, la denuncia del loro tradimento della libertà, della democrazia, dei "Droits de l'homme et du citoyen" pervertiti in diritti del borghese a danno del cittadino, come già altrove in passato. Genova è il faro del nuovo civismo, della presa di coscienza civica positiva da parte della gente: la fenice risorgente dalle ceneri. Un civismo cosciente che sa di dovere finalmente chiudere con il cambiare tutto per non cambiare niente, il passare ai partiti per mantenere il feudalesimo economico e sociale. Un civismo cosciente di dover uscire dalla repubblica dell' Apartheid tra chi il lavoro ce lo ha e chi no, tra chi ha i diritti e chi no. Un civismo cosciente di dover uscire dalla repubblica delle multinazionali contro i cittadini per un'economia ed una società a servizio dei cittadini. E' - ed è ciò che più si teme - l'esempio del fatto che i movimenti non hanno alcun bisogno di accodarsi a questo o quel partito, anzi ne avrebbero solo danno. L'andreottismo ed il suo figlio ancor più degenere, il berlusconismo ed i corrispettivi di sinistra restano come memoria infame, come spettro senza riscontro tra la gente che, per fortuna, ha ben altro cui pensare: anche in politica. Finalmente!
francesco latteri scholten.

domenica 12 febbraio 2012

B. , ovvero il fallimento del partito romano del Vaticano.



Lo sgretolamento della DC ed il pilotaggio del suo elettorato verso un "nuovo" soggetto politico - "Forza Italia" - collocato a destra è stato un progetto politico voluto e studiato accuratamente. Esso poneva in essere un disegno non nuovo. Il cosìddetto "Partito Romano" era stato creato negl'anni cinquanta in Vaticano dal potente Card. Ottaviani, con l'avvallo dello stesso Pio XII. Esso, all'indomani della vittoria della "Resistenza" e della sua Costituzione repubblicana, sosteneva la svolta a destra per un governo con la partecipazione di monarchici ex fascisti e missini, insomma l'ala dura ed estremista del conservatorismo. Grazie ai giovani dell' Azione Cattolica il Partito Romano è sconfitto da De Gasperi. Tuttavia non è mai stato sciolto, sono cambiati i volti, i nomi, ma le scelte di fondo no. Scelte contro il liberismo Occidentale e per una società i cui modelli sono più arcaici, meno liberi, meno democratici e soprattutto più feudali. Un modello per il quale già la stessa DC di De Gasperi andava troppo in là. Un modello incompatibile con il cristianesimo non solo dello stesso De Gasperi, ma ache di tanti giovani dell' AC. Incompatibile con quello di Aldo Moro, che confrontandosi con esso, in ultimo anche dalla prigionia, ne traeva la conseguenza: "In questa io non posso assolutamente riconoscermi, rifiuto questo costume, questa disciplina, ne pavento le conseguenze e concludo, semplicemente, che non sono più democratico cristiano". Aldo Moro fu l'epilogo eccellente di un sentire ed essere cristiani ch'era stato già di De Gasperi e di altri e che con loro aveva dato i frutti politici migliori, ma che non era voluto. Lo testimonia la marginalizzazione ormai dello stesso Moro nella DC e nell'ultimo governo alla cui realizzazione molto aveva lavorato e che quella mattina stava andando a sostenere. Marginalizzazione da parte di uomini ch'egli stesso aveva sostenuto a cominciare dallo stesso Andreotti: "Quando ho concorso alla tua designazione e l'ho tenuta malgrado alcune opposizioni, speravo di darti un aiuto sostanzioso, onesto e sincero." (Aldo Moro, lettera dalla prigionia indirizzata a Giulio Andreotti). Lo testimonia l'abbandono durante il sequestro fino al tragico esito. Non si vuole dunque. Ma, ciò che non si vuole non è semplicemente un partito politico e neppure una "Democrazia Cristiana". Ciò che non si vuole è proprio un modello, una tipologia di cristianesimo e di vita cristiana, ossia qualcosa che è prima, che è a monte della DC. Però, ormai quel "qualcosa" non solo ha una sua statuizione giuridica, e legislativa, con la Costituzione repubblicana e lo Statuto del partito stesso, ma, a monte, ha non più il solo vangelo (ed avanzerebbe), ma anche il Concilio Vaticano II, contro il quale del resto si moltiplicano gl'attacchi. Per il "Partito Romano" sono dunque necessarie due cose: la disgregazione della DC ed un nuovo partito non apertamente e direttamente cristiano, come fu la DC. Tangentopoli ed Enimont - la DC aveva passato anche altro senza gravi conseguenze - furono l'occasione dorata per porre in essere la nuova linea politica con l'instaurazione del nuovo soggetto e del nuovo leader. A smazzare e smaneggiare le carte pensavano anche altri, presenti un pò ovunque nei singoli gruppi: la massoneria deviata e non. L'esito - cui ha dato man forte l'adesione di tantissimi politici ex DC - è stato il berlusconismo, finito non solo nelle puttane, e, con queste, nello sputtanamento più totale del "Partito Romano" del Vaticano, ma addirittura nell'attacco aperto alla Chiesa con le "boffizzazioni". E' la dimostrazione che se si vuol essere cristiani allora la via giusta è quella di De Gasperi e di Moro e che dal "Partito Romano" bisogna necessariamente prendere le distanze come osserva Aldo Moro in una delle sue ultime lettere, proprio per i motivi che espone: "Essendoci lasciati in ottima intesa la sera del martedì, già pochi giorni dopo, qui dove sono, avevo la sensazione di avervi in qualche modo liberato e che io costituissi un peso per voi non per il fatto di non esserci, ma piuttosto per il fatto di esserci. E questo per ragioni obiettive,(...) E se il vostro profondo pensiero coincideva con quello che io avevo fatto valere, perché non accontentarci tutti in una volta?(...) con l'assoluta mancanza di decisioni legali degli organi di Partito avete menomato la democrazia che è la nostra legge, irreggimentando in modo osceno la D.C., per farla incapace di dissenso, avete rotto con la tradizione più alta della quale potessimo andar fieri. In una parola, l'ordine brutale partito chissà da chi, ma eseguito con stupefacente uniformità dai Gruppi della D.C., ha rotto la solidarietà tra noi. In questa (cosa grossa, ricca di implicazioni) io non posso assolutamente riconoscermi, rifiuto questo costume, questa disciplina, ne pavento le conseguenze e concludo, semplicemente, che non sono più democratico cristiano. (...) La verità è che ci illudiamo di essere originali e creativi e non lo siamo. La verità è che pensiamo di fare evolvere la situazione con nuove alleanze, ma siamo sempre là con il nostro vecchio modo di essere e di fare, nell'illusione che, cambiati gli altri, l'insieme cambi e cambi anche il Paese, come esso certamente chiede di cambiare. E per cambiare non intendo la moralizzazione, l'apertura del Partito, nuovi e più aperti indirizzi politici. Si tratta di capire ciò che agita nel profondo la nostra società, la rende inquieta, indocile, irrazionale, apparentemente indominabile. Una società che non accetti di adattarsi a strategie altrui, ma ne voglia una propria in un limpido disegno di giustizia, di eguaglianza, di indipendenza, di autentico servizio dell'uomo. Ecco tutto." (Aldo Moro, lettera dalla prigionia a Benigno Zaccagnini .)
francesco latteri scholten.

venerdì 3 febbraio 2012

Bene il sì alla responsabilità dei giudici alla Camera.



E' passato alla Camera con 264 voti l'emendamento del maroniano Gianluca Pini grazie al quale finalmente anche in Italia, come negl'altri Paesi europei e come richiesto espressamente dall' UE, i magistrati, al pari dei medici e delle altre categorie professionali, saranno ritenuti responsabili dei propri errori. L'ex Guardasigilli, On. Angelino Alfano, osserva: "Chi sbaglia paga, anche i magistrati". Si tratta del resto di una grave carenza storica del nostro sistema legislativo - giudiziario, avvertita anche - evidentemente - dai circa 50 franchi tiratori della sinistra che hanno contribuito al passaggio della legge. Del resto già nell' '87 i Radicali avevano posto la questione in un referendum nel quale votarono 29 milioni di italiani, il 65%, e si espressero a favore della responsabilità dei giudici quasi 21 milioni di cittadini, l' 80,2%. Si tratta dunque anzitutto di un quid sentito dalla maggioranza degli italiani e non soltanto di un adeguamento richiesto dall'UE. Del resto sulla questione la situazione italiana è non solo anomala rispetto agli altri Paesi UE, ma è anomala anche per la sua realtà storica e socio giuridica. Si è infatti di fronte ad uno dei tanti residuati legislativi e giuridici del "Codice Rocco" di infausta e fascista memoria, mai abrogati, come sarebbe stato doveroso, dalla Costituzione repubblicana. Si aggiunge a ciò il controsenso, direi il ridicolo, politico: la destra chiede la responsabilizzazione, la sinistra il mantenimento di una normativa da "Codice Rocco". Sarà.
francesco latteri scholten.