giovedì 30 maggio 2013

Verso il Domani: Stefano Rodotà la coscienza più lucida del ns tempo.


 Se si guarda agl'anni si può ormai forse dirlo - ma con ciò che gl'americani chiamano "Revenge" e scrivendolo con la maiuscola - un uomo venuto da lontano. Ma molti che rientrano in questa categoria, basti guardare Giorgio Napolitano, dimostrano con i fatti che ciò è, semmai, una marcia in più, e che chi viene da lontano forse proprio per questo è in grado di risolvere questioni assai delicate e gravide cui gl'altri non sono atti. Sono tante le cose che Rodotà condivide con Napolitano: d'essere un gentiluomo vero, serio e autentico, di avere sempre combattuto per la Costituzione e per i diritti civili e sociali, per l'Europa, e, anzitutto, per l'Italia. Se necessario, nonostante l'età, scende in campo direttamente, in piazza, oppure, cosa che gli è più congeniale, sale in cattedra, negli atenei. Ad esempio per il lavoro - la crociata che Napolitano sta portando avanti dal colle - al fianco magari dell'altrettanto impegnato su questo fronte, Landini. "Fondata sul lavoro", art. 1 della ns Costituzione, è la tematica su cui ha fortemente puntato il dito Napolitano, è anche il titolo dell'ultimo lavoro di uno dei nostri più autorevoli studiosi di diritto, Gustavo Zagrebelsky, e si mette la basilarità di ciò che questo significhi per la società e lo Stato. E' riferimento principe anche, e da molti anni, per Rodotà, ma lui, e già da molti anni, è andato oltre, ben oltre. A dispetto degl'anni forse più che al pari del più giovane e comunque eccellente Zagrebelsky, il nostro è stato capace di cogliere la radicalità dei mutamenti economici e socio politici, già dagl'anni de "La vita e le regole", dove la questione centrale è quella che le nuove realtà spesso non direttamente normate, siano illuminate dalla Costituzione e trovino proprio nel riferimento ad essa una doverosa normazione. L'analisi più lucida della nostra realtà, dei nostri tempi, e non solo per quanto concerne la nostra Italia, ma ben oltre, per l'Europa, per il Mediterraneo, la dobbiamo proprio a lui: "Il diritto di avere diritti". La realtà drammatica di decine di milioni di disoccupati in Europa, milioni in Italia, intere generazioni emarginate, il dramma nei Paesi del Mediterraneo, la "Primavera araba", ma anche realtà quali internet e la rete. Un'analisi che forse in qualche modo può affiancarvisi - ma è volta più alla realtà economica - è quella di Loretta Napoleoni con "Economia canaglia". Similmente ad essa quella del nostro è l'analisi di chi ha una coscienza la cui grande forza trova radice nei valori, lucida, cosciente quanto nessun'altra. Né proclami né slogan, ma le direttive con cui orizzontarsi e muoversi oggi in un impegno forte e vero per il domani, senza illusioni e con serietà.
francesco latteri scholten.

mercoledì 29 maggio 2013

Dante ed il suo revival.



Le opere di Dante e su Dante sembrano del tutto ignorare ed anzi contraddire la crisi e la crisi dell'editoria: le ristampe economiche e non hanno successo e le edizioni si susseguono. Gli studi anche molto autorevoli sul nostro, sulla sua vita e le sue opere altrettanto e più si cerca di sapere, più - spesso - si accrescono gl'enigmi e s'infittiscono i misteri su cui fa leva poi il successo di romanzi storici e non quali "La formula segreta di Dante" dell'italoamericano Roberto Masello o lo straordinario "Il libro segreto di Dante" di Francesco Fioretti. Del nostro - di Dante - è certo l'impegno civile, politico e diplomatico, ed ebbe incarichi anche di rilievo e d'impegno, l'ultimo: recarsi a Venezia per scongiurare una guerra di rappresaglia della Serenissima per gl'attacchi alle proprie navi da parte dei ravennati. Era l'estate del 1321 e Dante difese autorevolmente i ravvennati. Di ritorno, colto da febbri malariche presso le paludi di Comacchio, morì nella notte tra il 13 ed il 14 settembre. Molto della vita del nostro rimane invece incerto o è evincibile solo in maniera indiretta, come la nascita: dai celeberrimi versi di apertura della Divina Commedia, "Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura che la diritta Via era smarrita...", dalla data di inizio del viaggio ultraterreno, il 1300, e dalla durata media della vita secondo le scritture, 70 anni, è ricavata la data del 1265. Dal XXII canto del Paradiso è desunto invece il mese: lì ricorda di aver respirato per la prima volta quando il sole era nella costellazione dei Gemelli, verso fine maggio. Molt'altro è invece avvolto da un alone di mistero, anche per l'incertezza del dato storico, come ad esempio gli studi universitari portati avanti dopo l'esilio prima a Bologna e poi a Parigi sia secondo il Villani che secondo Boccaccio, ma non vi sono prove certe. Il problema vero è che anche làddove c'è la certezza del fatto rimane comunque per noi contemporanei una difficilissima ed ardua ermeneusi, come può immediatamente rendersi conto ad es. chiunque volesse accingersi alla lettura della Divina Commedia senza studi specifici ed in una edizione senza un valido apparato critico. L'ermeneusi cui ci si riferisce non è - ovviamente - e riduttivamente, quella letteraria del testo, ma, dietro essa, quella culturale e soprattutto sociale della realtà quotidiana dell'epoca, delle sue concezioni anche scientifiche, quali la convinzione tolemaica, le credenze religiose, le superstizioni stregonesche e via dicendo che plasmavano nel loro complesso un modus vivendi per noi difficilissimamente immaginabile. Da questi può aprirsi anche una interpretazione particolare della stessa Divina Commedia. Il dato è autobiografico: all'età di dodici anni Dante sarebbe stato "promesso" sposo a Gemma Donati, che avrebbe poi sposato nel 1285. La "tradizione" contemporanea, sia quella laica con le leggi dello Stato, sia quella ecclesiastica con il diritto canonico vietano espressamente questa pratica e la sanzionano con la nullità. Ma in tempi non troppo lontani Alessandro Manzoni aveva dedicato pagine famose inerenti la cosa sia per il sacramento del matrimonio che per quello dell'ordine. Così Francesco Fioroni in pagine assai belle del suo "Il libro segreto di Dante" ci narra di come il Poeta avrebbe "riconosciuto" per figlio Giovanni, al solo scopo di dargli la possibilità di poter liberamente sposare la donna che amava. Lasciamo Fioroni ma da lui passiamo a Virgilio - ovvero la cultura -, che, dunque, nella Divina Commedia accompagnerebbe Dante per l' "Inferno" ed il "Purgatorio", ma lo lascerebbe alle porte del "Paradiso" perché solo una società che riconosca il giusto e legittimo amore tra un uomo ed una donna e lasci ad esso spazio e libertà può avere la pretesa di andare oltre. Una società dove - come in quella di allora - è negata la libertà di matrimonio rifiuta di costruirsi sull'amore per costruirsi invece sul potere e sulla compravendita, ovvero sulla riduzione a schiavitù. I testi autentici del vero Dante Alighieri sono più moderni di quelli del Manzoni e forse anche questo è motivo del loro successo.

francesco latteri scholten.

sabato 25 maggio 2013

Unitrinitarietà del cervello umano, psicologia e psichiatria.



Fin dai tempi più remoti al numero tre è stato attribuito un significato mistico. Significato particolare ha avuto anche per gruppi filosofico razionalisti - o presunti tali - quali quello di Pitagora e dei suoi, Platone incluso, dove trovava una estrinsecazione nel triangolo, per ritrovarsi nel rapporto tra raggio e circolo, imperfettamente, leggermente maggiore di tre, pi greco (3,14) appunto, irriducibile a numero razionale (e loro disperazione). Il suo rapporto con l' Uno configura già in Platone il concetto dell'unitrinitarietà di Dio, ripresa dai Padri della Chiesa. Rappresenta l'unitrinitarietà umana, la famiglia: il padre, la madre, il figlio. La recente scoperta della unitrinitarietà del cervello umano (Paul Mac Lean) dà al tutto un significato nuovo: l'unitrinitarietà è infatti ora caratteristica propria del soggetto e perciò il suo ritrovarsi nell'oggetto - il mondo esterno - pone la questione di quanto esso sia lì effettivamente presente e quanto si manifesti invece come proiezione. Funzionalmente Uno, il cervello umano è costituito - come evidenzia una sezione sagittale - dal cervello rettiliano dei rettili antichi, quello dei grandi mammiferi o cervello limbico, che lo ricopre, e quello dei mammiferi recenti che copre il limbico. Ognuno di essi ha la propria soggettività specifica: quello rettiliano organizza il comportamento in base a ricordi ed apprendimenti ancestrali, la cosìddetta istintività; quello limbico organizza il comportamento emotivo, ed ha perciò particolare interesse per la psichiatria, ed è quello su cui agiscono la maggior parte delle droghe, è un "Giano bifronte" connesso da un lato al rettiliano, dall'altro al neocervello, quest'ultimo infine è orientato prevalentemente verso il mondo esterno attraverso la percezione sensoriale soprattutto visiva e uditiva, all'elaborazione "razionale" del tutto per una relazione più piena con il mondo e la società, è esso a organizzare e strutturare la parola, il linguaggio, in una parola la coscienza. Anzi è esso la coscienza. Questa struttura organizza i dati della realtà - confermando quanto già aveva scoperto Freud - non in base allo Spazio ed al Tempo, che non sono categorie del soggetto bensì del mondo esterno - contrariamente a quanto si era sempre creduto, si veda Kant - bensì in base all'intensità, alla "forza" del vissuto. Da questa dipende anche la possibilità di una rimozione e la forza necessaria a tal fine. Ciò che rende tutta la psicanalisi e la psicologia è dunque il neocervello. Ma, ed è ciò che quasi sempre si continua ad ignorare, il cervello rettiliano e quello limbico, sono due soggetti entrambi presenti anch'essi e ben svegli, ma i quali non hanno la capacità e dunque la possibilità di esprimersi in parole, immagini o suoni e perciò di estrinsecarsi ad una psicologia o psicanalisi che sia. Eppure, il loro agire è fondamentale, si pensi alla centralità ed alla basilarità della emotività e della affettività per la vita sociale e relazionale, si consideri quanto l'alterazione di essa - ad opera ad es. di droghe - sia deleteria per il singolo e la società. E' la psichiatria quella che tenta un dialogo con essi. La connessione profonda del limbico con il neocervello e la sua natura di Giano bifronte imporrebbero una connessione altrettanto profonda tra psicologia e psichiatria. Ciò che appare più urgente è soprattutto una maggiore presa di coscienza di quanto qui esposto, seppure in modo estremamente semplificato e sommario, almeno da parte della comunità scientifica, la quale purtroppo assai spesso continua ad ignorarlo, anche da parte di rappresentanti autorevoli, che continuano ad es. a considerare lo Spazio ed il Tempo quali categorie del soggetto anzicché del mondo esterno, o a considerare psicanalisi e psicologia da un lato e psichiatria dall'altro quali realtà distinte e separate, o peggio a voler ridurre - come purtroppo spesso accade - la psicologia a psichiatria, si pensi alla facilità con cui si adoperano e si prescrivono psicofarmaci.
francesco latteri scholten.

mercoledì 22 maggio 2013

Il cane in Chiesa non c'è più: Don Andrea Gallo è alla casa del Padre.



Partigiano di nostro Signore e del Vangelo, innanzitutto, e partigiano della Costituzione, così lui stesso amava definirsi. Una delle sue ultime immagini ce lo mostra felice e giocondo, nella Chiesa della sua Comunità di San Benedetto, alla celebrazione, con il fazzoletto rosso a cantare "Bella ciao". Mai eretico ed anzi orgoglioso di non esserlo mai stato, ha vissuto sempre con gl'ultimi e per gl'ultimi, conscio che aiutare il proprio fratello bisognoso non consistesse nel donargli un pesce lasciandolo nella sua situazione di bisogno, ma piuttosto nell'insegnargli a pescare per emanciparlo da questa. L'aiuto è perciò impegno per l'emancipazione e questa intesa nel senso più ampio: emancipazione dalle strutture di dominio dell'uomo sull'uomo, dalla discriminazione economica e sociopolitica, dalla emarginazione sociale. La vera fratellanza cristiana è controdiscriminazione, è integrazione. E' stato questo l'impegno cristiano vero di Don Andrea Gallo e della sua Comunità, un impegno che non si limitava al semplice atto caritativo - al pietismo: ti aiuto lasciandoti nella condizione di bisogno - ma che si proiettava ben oltre esso. Accoglienza ed aiuto concreto per chi è in difficoltà ( e di ogni tipo, dalle dipendenze di alcool e droghe, dalla prostituzione, dalla criminalità etc.), "offrendo sostegno materiale e psicologico a chi vuol rimettere insieme i brandelli della propria vita e ripartire per un'esistenza più dignitosa", ma anche impegno civico e sociale per una società nuova, per una civiltà più autenticamente cristiana. Quarant'anni di impegno febbrile con la sua Comunità, aiutato spesso anche da laici e non credenti, "lo Spirito Santo sui pagani", come si cita negl' Atti, e spesso sono "compagni" dal cuore grande e qualcuno magari anche alquanto noto come Fabbrizio De André o lo spigliatissimo Vauro. L'impegno sociale sulla "scena del mondo" di Don Andrea non è mai stato da "comizio" o da talk show, anche se non disdegnava la piazza, ma soprattutto scrittoriale il più idoneo a portare anche alla riflessione profonda, alla presa di coscienza autentica di sé e della società. E sono molti e celebri gli scritti di Don Gallo, citiamo tra i tanti: Angelicamente anarchico (Mondadori), Così in terra come in cielo (sempre Mondadori), Se non ora adesso (Chiarelettere) ed il bellissimo Come un cane in Chiesa, corredato delle significative vignette di Vauro, vero vademecum per il cristiano adulto di oggi, semplice ma profondo.
francesco latteri scholten.

martedì 21 maggio 2013

Capaci 23.5.'92: Cose di cosa nostra. Sicuro?



" 'A megghiu parola è chidda ca 'un si dici." E' la citazione dell'antico proverbio siciliano con cui si apre il libro intervista di Marcelle Padovani de "Le nouvel observateur" a Giovanni Falcone, dal titolo appunto "Cose di cosa nostra". E, a guardare gli sviluppi della Storia, già quando Falcone era ancora in vita, pare che 'a megghiu parola sia stata detta tante e troppe volte. Intanto, tre anni prima, era il 1989, gl'equilibri mondiali erano radicalmente cambiati, la guerra fredda era finita, l'impero sovietico era caduto e con esso il muro di Berlino, quel muro di cui un intelligente e bravo magistrato, Giovanni De Cataldo, nel suo "Romanzo criminale", a proposito del sequestro Moro (siamo nel '78) aveva osservato che finché quel muro ci sarebbe stato in Italia non avrebbe potuto esservi alcun cambiamento. Scrivere un "Romanzo" con i dati di fatto acquisiti ed accertati dalla magistratura consente tra gl'altri il vantaggio di poter fare dichiarazioni quali quella appena citata implicanti il fatto che il nostro sia invero un Paese dalla sovranità limitata, argomento usualmente ben evitato dai giornali e dai media (sarà la strage di Portella della Ginestra a porre i primi oscuri punti interrogativi, poi riproposti da tutte le altre). La realtà che c'è con quel muro è quella che consente ad uno dei massimi depositari dei segreti della vicenda Moro, l'allora Ministro degli Interni Francesco Cossiga di ascendere al Quirinale. Il crollo del muro cambia in Italia, ma molti non riescono a capirlo, lo scenario nel quale si muovono l'economia e soprattutto l'affarismo economico semi legale o illegale: in altri termini gl'americani non hanno più nessun bisogno né interesse a coprire le varie porcherie come invece durante la guerra fredda. In altri termini ancora: un'intera classe economico politica ed anche mafiosa si ritrova senza copertura ed in un mondo in cui si aprono scenari totalmente nuovi sia per gl'interessi economici che per quelli criminali. Così il '92 comincia, è il 17 febbraio, proprio con l'arresto di Mario Chiesa e l'inizio di Tangentopoli che spazzerà via quella classe. Per Cossiga ci sarà l' "empeachment", cui tenterà di sottrarsi con rivelazioni proprio sul caso Moro. Il 12 marzo a Palermo, l'assassinio di Salvo Lima, potente referente andreottiano nell'isola, chiarirà in modo cruento la fine degli accoliti mafiosi di essa. Il 23 maggio, l'attentato a Falcone arresta la corsa dello stesso Giulio Andreotti al Quirinale. Anche in Italia un'era è finita. Il 19 luglio, sempre a Palermo, l'assassinio di Paolo Borsellino chiarisce che lo è definitivamente anche per la magistratura, e, sono significative le parole di Caponnetto tra le lacrime: "è finito, è tutto finito..." Solo ora, e siamo nel 2013 e sono passati più di vent'anni, esce fuori che in Via d'Amelio, subito dopo la strage erano presenti anche almeno 4 uomini dei servizi, che non si capisce come abbiano fatto ad arrivare lì come Supermann, più veloci della luce: ossia c'erano già, ma allora come mai e a fare che? Solo ora, e, di nuovo, sono passati più di vent'anni, esce fuori che la strage di capaci costituisce un "unicum" mondiale in quanto è il primo e solo attentato dinamitardo di grandi proporzioni perpetuato contro un'auto in corsa in autostrada ed a velocità sostenuta, per la cui esecuzione è stata necessaria - e lo si è ormai anche provato - la partecipazione di enti altri dalla mafia. Assumono così una verità sinistra le parole, riportate da Saverio Lodato, di Giovanni Falcone: "Ci troviamo di fronte a menti raffinatissime che tentano di orientare certe azioni della mafia. Esistono forse punti di collegamento tra i vertici di cosa nostra e centri occulti di potere che hanno altri interessi. Ho l'impressione che sia questo lo scenario più attendibile se si vogliono capire davvero le ragioni che hanno spinto qualcuno ad assassinarmi". Avvertiva anche - prosegue Lodato - la pessima sensazione del dejà vu: "Sto assistendo all'identico meccanismo che portò all'eliminazione del generale Dalla Chiesa, il copione è quello. Basta avere occhi per vedere."
francesco latteri scholten.


domenica 19 maggio 2013

Papa Francesco denuncia: se cade un mattone è tragedia, se cade un operaio non è successo niente.




Richiama i tempi oscuri dell'impero di Babele, quella che l' Apocalisse aveva etichettato come la grande meretrice, quando si parlava una sola lingua, quella del potere capitalistico e con essi, il Potere ed il suo logos, si edificava la torre che avrebbe dovuto toccare il cielo, ovvero un impero che, come ai nostri giorni, voleva sostituirsi a Dio. Si ragionava, come purtroppo ancora oggi, nei termini che "se cade un mattone è tragedia, se cade un operaio non è successo niente." L'attacco di Papa Francesco al liberismo imperante è forte e deciso: "è cristianamente intollerabile che vi sia una minoranza sempre più esigua e ricca ed una maggioranza sempre più numerosa povera e disperata". Ovviamente il Papa non lo cita, ma Karl Marx spiega assai bene come e perché ciò accada. Comunque sia, per Francesco si tratta non solo di tutelare semplicemente il lavoro, la dignità ed i diritti di chi lavora, ma di andare al di là e costruire una società nuova che trovi una sua concrezione oltre ed al di fuori della Babele capitalistica in cui il mondo sta affondando: operai ridotti in schiavitù, disoccupati disperati a milioni, giustizia e legalità cancellate. Una presa di posizione autentica, forte e vera, ma anche un discorso che, con l'eccezione di Leone XIII e Giovanni XXIII, fino ad oggi - purtroppo - ci saremmo aspettati solo da Don Andrea Gallo. La Chiesa - così ancora il Pontefice - non può e non deve arroccarsi du se stessa, ma ha il dovere di aprirsi ed aprire al mondo per costruire questa nuova società. Il Lògos che costruisce questa nuova società è il Lògos di nostro Signore ed Esso, per bocca del Papa, tramite San Francesco, si rifà direttamente, proprio nel giorno di Pentecoste, allo Spirito più profondo ed autentico. Uno Spirito che investe direttamente oltre 300.000 fedeli che gremiscono non solo Piazza San Pietro, ma tutta la Via della Conciliazione. E' la sfida vera per tutti i credenti, e "non si può essere credenti solo la domenica", ma è anzitutto la sfida per lo stesso Papa Bergoglio: riportare la luce splendente del vero Spirito sulla e nella società per costruirne una migliore e farlo con quella Pace di cui è Regina Maria di Nazareth, cui il mese di Maggio è da sempre dedicato. Una sfida titanica. Comunque sia, pare che da oggi Don Andrea Gallo non dovrebbe più essere "come un cane in Chiesa": meno male e tanto, io mi associo a lui e, ovviamente, al Papa.
francesco latteri scholten.

Salone del libro tra crisi e successo di sacro e dissacrazione.


Come in tutti i settori, la crisi connota anche quello del libro. E' da osservare però, guardando più da vicino, che invero la crisi del libro oltre che dalla crisi globale ha una origine sua propria, con caratteristiche e connotazioni che trovano un radicamento profondo nell' attuale crisi strutturale della cultura. Ci sono dati inconfutabili che provengono ad esempio anche da realtà non direttamente "librarie" ma a queste connesse, quali la forte diminuzione delle iscrizioni universitarie e la grande crescita degli abbandoni delle università. Con atteggiamento anche dinamico diverse case editrici hanno cercato di combattere la crisi economica con la presentazione di edizioni economiche anche curate, e con gli e-book che cominciano a prendere piede. La Newton Compton, ad esempio, che a suo tempo aveva esordito con i tascabili "1000 Lire", ha lanciato la serie a 0,99 Euro. E', come spesso accade, la controtendenza alla crisi, ovvero ciò che nella crisi ha successo a delineare meglio il volto della crisi stessa: il Sacro e il suo correlato inverso, negativo, la dissacrazione. Mentre in tempi anche alquanto recenti la cultura era determinata dai grandi autori e dal successo delle loro opere, si ricordino ad es. Moravia e la Morante, Sartre e la De Beauvoir, Pasolini, Bernanos, Garcia Marquez, Eco e tanti altri, oggi non vi sono più autori paragonabili, neppur lontanamente, ed il successo va al Sacro tout court. Il best seller di sempre, la Bibbia, è sempre lì al suo posto, il primo, attorniato dai nuovi best seller del Sacro, quelli scritti da Papa Benedetto (la trilogia Gesù di Nazareth) e quelli su di lui e su Papa Francesco, quelli di Enzo Bianchi (il pane di ieri) e di Don Gallo (Come un cane in Chiesa, bellissimo). Di contro è da registrare anche il grandissimo successo di ciò che ad esso, al Sacro, si oppone, ma, al tempo stesso lo presume e quindi da esso dipende, ed abbiamo qui una nutrita serie di titoli tra cui Sconsacrato di Jonathan Holt, La cospirazione degli Illuminati di G. L. Barone, Il cimitero di Praga di Eco e tantissimi altri. Titoli poi come Il libro segreto di Dante, mediano in qualche modo tra i due generi. Emerge così l'identikit del lettore medio dei nostri tempi, quelli della crisi attuale, un lettore non più volto alle ideologie ormai crollate, e neppure alla cultura, ma, soprattutto ed anzitutto al Sacro, di cui è profondamente assetato.
francesco latteri scholten.

giovedì 16 maggio 2013

Clonazione: "I ragazzi venuti dal Brasile" ora è realtà (e forse anche prima...)


Dunque adesso con Shoukhrat Mitalipov la clonazione umana è un fatto scientifico acquisito (si veda il post precedente). O, forse, lo era già da tempo ma la si teneva segreta, come il motore a reazione o il telefonino, entrambi creati dagli scienziati nazisti? E' l'ipotesi da cui muove "I ragazzi venuti dal Brasile", Franklin J. Schaffner lo aveva diretto nel 1978, ispirandosi all'omonimo romanzo di Ira Levin, "The Boys from Brazil". Dal 1962, con la pecora Dolly la clonazione era ormai scienza accertata e, nel magnifico lavoro cinematografico ci si muoveva quindi tra scienza e horror, con l'eccellente interpretazione di Gregory Peck del famigerato dottor Joseph Mengele, sì, quello dei campi di concentramento nazisti e degli esperimenti sull'uomo. Il film muoveva dall'assunto mai confutato con totale certezza dell'avvenuta clonazione di Hitler. Di certo si sa che Mengele aveva tra l'altro lavorato alla clonazione umana. Gl'esperimenti di Mengele, raccapriccianti, riguardavano la reattività dell'organismo umano - e del suo genoma - ai diversi reagenti chimici e patogeni, virus, batteri e miceti. Paradossalmente proprio i dati raccolti da Mengele ad es. su dosi letali minime e massime, hanno consentito alla moderna industria chimica, biologica e farmaceutica di salvare milioni di vite. Il genoma interessava Mengele, inutile dirlo, oltre che per motivazioni scientifiche, per la connessione di queste con le tesi ideologiche della purezza della razza e per accostare l'impurezza a tare. E' un contesto nel quale la clonazione dell'individuo "perfetto" della "razza perfetta" (Hitler lo era?) trova ovviamente una sua collocazione ideale. Sarebbero - secondo il film - ben 94 i cloni che sarebbero stati fatti del "fuhrer". Che una clonazione di Hitler possa essere stata almeno tentata è ipotesi che non si può del tutto smentire, quale esito abbia avuto è cosa destinata a restare senza risposta, come d'altronde quella che siano di Hitler i pochi resti umani ritrovati dai sovietici all'indomani della presa di Berlino, o che egli sia morto in america latina verso la fine degli anni '50. Il film assume il dato reale della fuga oltreoceano di molti gerarchi nazisti e collusi con il regime. Resta tuttavia un fatto importante: la nostra realtà psico fisica è determinata solo per circa il 30% dal genoma, mentre per il resto è determinata dall'ambiente e dalla risposta ad esso, fatto non del tutto collimabile con l'ideologia nazista, notevolmente più affine alle tesi del Lombroso. I nazisti tuttavia non assumono questa tesi bensì quelle moderne ambientaliste e così organizzano 94 omicidi per garantire a ciascuno dei 94 cloni la morte violenta prematura del padre, come al vero Hitler. Sulla questione se esistano o meno dei cloni di Hitler pare perciò certo si debba lasciare un punto interrogativo. Su quella che la clonazione umana possa magari essere già stata realizzata anche con successo perlomeno all'indomani di quella della pecora Dolly, chi scrive pensa si possa rispondere con probabile affermazione. Comunque sia da Mitalipov in poi bisogna dire sì.
francesco latteri scholten.

La forma dell'acqua: clonazione e staminali umane.


Ha fatto immediatamente il giro del mondo ed è la notizia più importante: il Prof. Shoukhrat Mitalipov, scienziato di origini russe, ed il suo staff della Oregon Health & Science University, è riuscito, partendo da cellule della pelle umana, a creare dei cloni. Il sistema utilizzato è invero quello ormai datato, risale al 1962, dell'inglese John Gurdon con la celeberrima pecora Dolly: si prende una cellula uovo, se ne allontana il nucleo e con esso il materiale ereditario ivi contenuto, quindi vi si inietta il nucleo - con il proprio materiale ereditario - di una qualsiasi altra cellula; a questo punto la cellula uovo può cominciare a dividersi e svilupparsi regolarmente come se fosse stata fecondata, la cellula è infatti divenuta un embrione. Il Prof. Mitalipov ed il suo staff, partendo da cellule della pelle di bambini e di feti umani malati, hanno ottenuto embrioni normali lasciati in colture di laboratorio. Il fine degli esperimenti era in realtà quello di ottenere direttamente cellule staminali senza derivarle da embrioni, "retrodatando" l'orologio cellulare. In questo l'esperimento è non solo sostanzialmente fallito, ma ha addirittura aperto un nuovo capitolo nel dibattito etico. Le cellule ottenute infatti sono in tutto e per tutto delle cellule embrionali che vengono poi poste in coltura per essere trasformate in staminali, ma che potrebbero benissimo essere impiantate nell'utero di una donna e lì evolversi regolarmente in feto. Dunque la nuova tecnica di Mitalipov è anzitutto una nuova tecnica non per produrre staminali, ma per produrre embrioni e, da colture di questi, cellule staminali. La forma dell'acqua, titolo di uno dei racconti di Camilleri: "... che mi viene a significare la forma dell'acqua? L'acqua non ha forma..." "Appunto - risponde Montalbano -, l'acqua non ha forma, prende quella del recipiente in cui la si mette..."
francesco latteri scholten.

domenica 12 maggio 2013

Fatima.


"Ed io porrò una ostilità tra te e la donna e tra il lignaggio tuo ed il lignaggio di lei, tu gl'insidierai il tallone ed esso ti schiaccerà la testa" (Gn, 3, 15). E' il 13 Maggio 1981, quando a Roma, in Piazza S. Pietro, trova il suo drammatico e tragico epilogo ed il suo compimento una profezia risalente a 64 anni prima. Padre Pio da Pietrelcina, oggi doverosamente agli onori degli altari, ne è un anello di congiunzione: aveva incontrato a suo tempo un giovane e brillante sacerdote polacco di nome Karol, e prima della morte ebbe il dono di poter vedere il simulacro della Madonna di Fatima portato direttamente da lì in elicottero. E' il 13 Maggio 1917 quando in Portogallo, a Fatima (è il nome della quarta figlia del profeta Maometto, dovuto all'occupazione araba), dopo la Santa Messa, a Lucia, Francesco e Giacinta, rispettivamente di 10, 9 e 7 anni appare la Madonna. Il mondo è attanagliato da problemi gravissimi, sfociati e nel primo conflitto mondiale, e, in Russia, nella rivoluzione. La Madonna chiede la conversione, la preghiera, soprattutto del Santo Rosario, la consacrazione al suo Cuore Immacolato: ci sarà così la fine della guerra, ma poi una grande crisi e una guerra peggiore, poi la caduta delle ideologie, la Pace. Ci saranno comunque anche grandi tribolazioni per un "Santo Padre", nel quale non è difficile identificare la figura di Pio XII. Lucia consegna però alcune delle rivelazioni alle mani del Papa e lascia alla sua discrezionalità la pubblicazione delle stesse. Qualcosa tuttavia trapela, ma sarà vero oppure no, chissà. In una città semidistrutta dalle lotte, un uomo vestito di bianco, ch'era venuto da lontano, avanza, ma poi è colpito e cade. Subito soccorso, rimasto tra la vita e la morte, Giovanni Paolo II avrà la vita e porterà avanti quello che forse è stato il più importante pontificato della Storia, senz'altro del Novecento, e, un segno grandioso, non solo nella salvezza della sua vita quel giorno, ma nel mondo: il dissolvimento senza alcuno spargimento di sangue dell' Unione Sovietica, ultimo baluardo delle ideologie del Novecento dopo la caduta del nazifascismo nel 1945. A Fatima la Madonna è Madonna della Pace e chissà che il segno non sia invero più vasto visto il nome e, soprattutto, la grande devozione anche dell'Islam proprio per la Madonna. Comunque sia, è, di nuovo, il 13 Maggio ed il mondo ha ancora più che mai bisogno di conversione, di preghiera, di Pace.
francesco latteri scholten.

sabato 11 maggio 2013

Papa Francesco come S. Francesco: la lotta al Maligno.


Il Maligno, essere spirituale soggettivo, già indicato nell' A.T., ribadito oltre che nell'ebraismo anche dall'Islam, confermato quale Nemico all'inizio della sua missione, nelle tentazioni, da Gesù, che lo addita come principe di questo mondo, ovvero quale spirito della mondanità, colui contro il quale in quanto tale - specifica S. Paolo - abbiamo da combattere. E' presenza oscura che si manifesta in maniera camaleontica, non solo in modo orrorifico, a S. Ignazio, ad es., si mostrò come "cosa bellissima e luminosa", ma che può anche celarsi e non apparire, agendo - è il suo modo più usuale e comune - attraverso la tentazione, come nei confronti di S. Francesco. Invero secondo le tre grandi religioni abramitiche il Maligno è la prima e la più perfetta delle nature angeliche, quella - originariamente - più vicina a Dio, cui missione doveva essere quella di portare la di Lui luce a tutti ed al mondo intero, da cui anche il nome, Lucifero, Lux fero. Il rifiuto di Dio lo ha escluso dal Paradiso e precipitato sulla terra, ma la sua natura angelica gl'ha impedito una materializzazione e lo ha perciò spinto in una realtà contraddittoria, quella di spirito della negazione della spiritualità, spirito dunque della mondanità e del materialismo. Possiamo oggi scorgerlo nella sua estrinsecazione più vera nel Secolarismo che ormai è ovunque imperante, a differenza dei tempi di S. Francesco ove la connotazione globale era quella della religiosità, cattolica, ebraica o islamica che fosse. La contestualità nella quale si trovava ad agire il santo di Assisi era in questo senso più agevole, perlomeno culturalmente, perché più aperta e diretta: tutti ne ammettevano l'esistenza, tutti sapevano in qualche modo come difendersi. La contestualità di oggi è radicalmente diversa: non solo secolarizzata, ma connotata ormai anche dalla profanazione del sacro: una volta il sacro aveva i suoi luoghi - ove il rito attualizzava e concretava l'evento, irruzione del sacro - ed i suoi tempi - che scandivano il momento in cui l'irruzione del sacro accade - e questi ritmavano la vita del singolo e della comunità; spazi e tempi oggi abbandonati e sostituiti con spazi e tempi profani, che ritmano le vite di singoli e comunità profanando. L'azione di Papa Francesco - come dei suoi predecessori, e va ricordata la denuncia fatta con forza da Paolo VI del "fumo di Satana arrivato persino nella Chiesa" - è perciò stesso assai più ardua. Si tratta infatti di riportare Dio ed il Suo Spirito che si incarna nel Logos, nella Parola, e quindi di reistituire spazi e tempi sacri in un mondo non solo connotato dalla secolarizzazione, ma in cui lo stesso sentire e pensare dei credenti e addirittura del clero e della gerarchia, sono spesso permeati anche fortemente dalla secolarizzazione. 
francesco latteri scholten.

martedì 7 maggio 2013

Contromano: le tesi di Andreotti contro magistrati e pentiti.


"Sarà la storia a giudicare Andreotti" è una frase che molti hanno ripetuto in questi giorni, ma è da osservare che bisogna vedere di quale storia si tratti e di chi la scriva. Invero si tratta di cosa assai ardua perché nel caso bisognerebbe cercare di astenersi da giudizi o almeno pre giudizi e partire invece magari dal fatto che possano anche esservi più verità, magari anche antitetiche, eppure egualmente vere. Magistrati, mafiosi - pentiti e non - ed altri hanno portato avanti le loro, sono state fatte indagini, acquisiti indizi e prove, riscontri, confronti. Non si vuole qui metterle in discussione, lo si è appena detto, sono le loro verità. Si vuole invece seguire le verità di Giulio Andreotti, concedendogli una presunzione di innocenza che la Costituzione concede a tutti i cittadini. "...mah, veda, i pentiti, sono ispirati..." è l'affermazione da cui parte il nostro e che - forse troppo sbrigativamente - si è subito affiancata a quelle di mafiosi che, rozzamente e semplicisticamente, ne sostenevano la manipolazione da parte dei magistrati. Per una mente politica ed estremamente affinata quale quella del nostro l'equivalenza non è data assolutamente. Alcuni dei tanti giornalisti se ne sono ben resi conto e così in confronti più pacati e sereni - anzicché esacerbati - si è potuto andare oltre e chiedere da chi. La risposta del nostro è stata: "... mah, veda, questi atti, questa campagna contro di me, inizia dopo azioni della mia politica nei confronti dell'Unione Sovietica e, soprattutto del Medio Oriente, segnatamente della Palestina e del suo leader Yasser Arafat ..." Una conferma indiretta alle tesi di Andreotti ci è data da Indro Montanelli che scrive: "... con Andreotti - erede in questo delle ambizioni fanfaniane - l'Italia si poneva come ponte tra l'Europa ed il mondo arabo, ed aveva un occhio di riguardo per l' Olp di Arafat..." (L'Italia degli anni di fango). Una politica e soprattutto un ruolo - peraltro naturale per l'Italia, basti pensare alla Venezia del Rinascimento - assolutamente non voluto né dagli USA, né da Israele e dalle potenti lobby ebraiche di oltreoceano, né dalla forte mafia israeliana. Proprio dalle attiguità mafiose americane di questi partono gl'attacchi ad Andreotti, a conferma anche delle sue verità. L'attacco ad Andreotti è anzitutto autoritativo e per colpire e stoppare un uomo eccellente occorre un mafioso eccellente: don Masino. Come si vede anche gl'antiteoremi reggono ed hanno una loro verità e sarebbe doveroso fare ciò che non si è fatto sinora - perché erroneamente giudicato equivalente all'attacco ad alcuni magistrati - : indagare a fondo anche sugli antiteoremi. Ne risulterebbe probabilmente la tesi di fondo di più di un filosofo, che la verità è una ma è molteplice...
francesco latteri scholten

lunedì 6 maggio 2013

Giulio Andreotti: anche i divi immortali muoiono.


"Anche i Beatles gl'hanno dedicato una canzone, la celeberrima "Hei Giulio..." così un noto comico in un noto sketch. "Guerre puniche a parte, nella mia vita mi hanno accusato di tutto quello che è successo in Italia..." Così il nostro su sé stesso. Del resto per un politico il cui agire ha connotato la politica italiana dalla Costituente sino ai nostri giorni è difficile che critiche ed attribuzioni reali o presunte che sia non trovino più o meno ampio spazio. Basta poco: che l'osservatore cambi di posto, che cambi l'ora del giorno o il tempo o la stagione perché lo stesso personaggio appaia in luce diversa. Altre volte invece il fatto, l'evento, nella sua singolarità non è mai avvenuto e non è vero, ma la realtà nella sua contestualità globale lo fa più vero che se lo fosse: è il caso del celeberrimo dialogo - mai avvenuto - tra Giulio Andreotti ed Eugenio Scalfari inventato da Sorrentino nel suo "Il Divo". Due concezioni della realtà, del mondo, della politica, della morale a confronto: la "Provvidenza" da una parte con il nostro, e il "Caso", dall'altra con Scalfari. Così, con fuoco incrociato, si disamina la congiuntura storica e l'esito va a collocarsi irrimediabilmente tra il sarcasmo e l'ilarità, ma lo sfondo nondimeno dipinge un affresco grandioso del reale concretato sotto luci diverse. La caricatura è importante perché proprio essa consente - laddove alle luci si aggiungono anche ombre e dubbi - di alleviare giudizi altrimenti anche assai severi. Giulio Andreotti va ricordato, per me, soprattutto per quello che, a mio giudizio, è stato il suo vero e più grande merito, la politica estera ed in particolare quella mediterranea e mediorientale con un contributo impareggiabile: quello di aver riconosciuto il popolo palestinese in quanto tale ed il suo leader Yasser Arafat, portando con ciò allo sblocco della situazione mediorientale di allora. L'immagine più bella del nostro - per me - è proprio quella dello storico incontro che ripropongo.
francesco latteri scholten.

domenica 5 maggio 2013

Kyenge: cittadinanza, diritto internazionale, apolidia.



Cécile Kyenge, la neoministra per l'integrazione, ha chiesto con urgenza una legge che riconosca la cittadinanza ai figli di immigrati o comunque stranieri, nati in Italia, proponendo la figura di un grande campione, Balotelli, quale emblema. Si tratta invero di quanto già riconosciuto dal diritto internazionale che da sempre sancisce la cosa onde evitare la apolidia, nonché dalla maggioranza dei Paesi occidentali. Inoltre in quanto si tratta di cittadini che di fatto hanno sempre vissuto e sono cresciuti nel ns Paese il quale è sostanzialmente quello in cui sono stati acculturati, il fatto rientra pienamente anche nell'art. 2 della Costituzione: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali dove svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale". La richiesta della Ministra dunque non ha nulla di straordinario. Straordinarie invece sono state le reazioni: è stato subito come si fosse colpito un vespaio. La destra leghista ha reagito ancor peggio che alla notizia della nomina di un ministro di "colore" - cui la Kyenge ha giustamente replicato di non essere di colore ma nera e orgogliosa di esserlo - il centrodestra con Schifani ha subito stoppato con decisione la pur regolarissima e doverosa iniziativa della Ministra. Stupisce non di meno la reazione di molta stampa anche "cattolica" o addirittura di "sinistra" che, se da un lato riporta, con dovuto risalto gl'attacchi alla Presidente Boldrini sul web perché donna, dall'altro ignora - o finge di ignorare - gl'attacchi e alla Ministra Kyenge - sia in quanto donna, sia in quanto di "colore", sia in quanto latrice del progetto di legge - , e a Balotelli idem. Ad entrambi la mia solidarietà e, ovviamente, il pieno appoggio al progetto.
francesco latteri scholten.

giovedì 2 maggio 2013

IMU e crisi edilizia.


Quale cittadino non sarebbe d'accordo con l'abolizione di una tassa? Ebbene è proprio questo il motivo per cui in molti Paesi un tale sbandieramento con finalità elettorali, aperto o meno, è vietato, non senza ragioni. L' OCSE - cui capo economista è l'italiano Padoan - dopo attenta analisi ha ritenuto che più importante per l'economia italiana sia la riduzione della tassazione sul lavoro, priorità emergenziale del nostro Paese. Premessa la fondamentalità di una eliminazione o riduzione dell' IMU almeno per la prima casa per i meno abbienti, il suo accostamento alla crisi edilizia appare tuttavia non solo forzoso ma grottesco, specie nei termini posti da un ex ministro della Repubblica, il quale la addita nientemeno che l'essere causa della perdita di 300.000 posti di lavoro nel settore edilizio. Le statistiche dell' ISTAT ci mostrano infatti che la crisi del settore edilizio ha origini e cause ben diverse. Il dato più significativo è quello riguardante la cementificazione in Italia nell'ultimo decennio: per approssimazione in difetto, 23.000 Kmq, ovvero una superficie paragonabile a quella della Toscana (22.992 Kmq), una delle regioni italiane più estese, circa l' 8% della superficie totale dell'Italia. Si tratta di un dato assolutamente incompatibile con la realtà territoriale e soprattutto con le sue dimensioni fisiche: la superficie italiana è di 301.277 Kmq. Una delle prime cause della crisi del settore edilizio è invece proprio nell'atteggiamento fideistico di gente com l'ex ministro e molti del governo di cui egli faceva parte, a cominciare dal Presidente, per cui bisogna "laisser faire" perché tanto "la gente sa quello che fa" e lasciandola fare una mano invisibile porta tutto a posto, si diano perciò anche con facilità tutti i condoni e le agevolazioni possibbili ed immaginabili, perché così l'economia cresce da sé. Ed infatti è cresciuta senza alcun controllo e con tassi di crescita che presuppongono un territorio illimitato aperto ed adatto a qualsivoglia cementificazione, salvo poi andare a sbattere sul fatto che tutto ciò è falso: non c'è un territorio illimitato, c'è un Paese dalla superficie di 301.277 Kmq di cui in diec'anni ne sono stati cementificati 23.000 Kmq, l'8%, e dove è fisicamente impossibile mantenere quello sviluppo, ovvero mantenere un'industria edilizia sovrapproporzionata in tale eccedente misura come è accaduto sino ad oggi. In altri termini: la causa è che si è avuto un concetto di sviluppo - e si è lasciato che andasse avanti - assolutamente incompatibile con il territorio e la realtà, di più e peggio, ogniqualvolta ciò veniva fuori si procedeva subito con l'accusa di nemici dello sviluppo, ecologisti della domenica, comunisti e quant'altro. Il problema è che quando per diec'anni si è sempre fatta "pulizia" andando a nascondere la spazzatura sotto il tappeto, si finisce per ritrovarsi con il tappeto in cima ad un cocuzzolo. E lì siamo.
francesco latteri scholten.

mercoledì 1 maggio 2013

Lavoro: il lato oscuro di Keynes.


In tempi di grande crisi riecheggiano quelle del passato, in particolare quella del '29 nel Novecento e dunque i suoi analisti. Riaffiora quello grande del "Professore di Harward", John Kenneth Galbraith, recentemente scomparso, ma, soprattutto, quello di John Maynard Keynes, il primo e più grande studioso proprio della crisi del '29 che metteva in discussione tutta quanta l'economia "classica", incapace e di leggerla e di interpretarla in quanto fondate in fine su un dato fideistico, quello dell'automatismo dell'economia per cui essa tendeva automaticamente al proprio riassetto. La crisi del '29 dimostrò la falsità di questo assunto. L'analisi di questa crisi diede a Keynes le basi per il superamento dell'economia classica da cui egli si distanziò soprattutto in tre punti: a) la concezione della moneta non più semplicemente come mezzo di scambio, ma anche come fondo di valore; b) l'abbandono della legge di Say secondo la quale ogni offerta crea automaticamente la propria domanda per cui non può non esservi equilibrio tra domanda ed offerta; c) contro la concezione classica che ammetteva periodi di sottooccupazione, si afferma la rigidità dei salari verso il basso. Corretto così il sistema si tratta di riportarlo all'equilibrio e ciò spetta - al pari che in Marx - allo Stato. Allo Stato in particolare spetta di correggere e bilanciare gli andamenti dei cicli economici, mantenere la piena occupazione, stabilizzare e incrementare il reddito nazionale, eliminare gli squilibri territoriali, prevedere le esigenze delle generazioni future. In tutto ciò lo Stato non ha da temere un deficit, in quanto - è la tesi fondamentale del nostro - un deficit di bilancio sortisce necessariamente effetti espansionistici per il sistema economico anche se finanziato attraverso l'indebitamento dello Stato. Le tesi keynesiane - probabilmente ignorandone l'autore - trovarono una loro messa in pratica già pochissimi anni dopo il '29, precisamente a partire dal '33, in Germania da un personaggio che diverrà famigeratamente e terribilmente famoso: Adolf Hitler. In Germania la crisi ebbe ripercussioni molto più forti che altrove, basti ricordare che un francobollo da affrancatura semplice era giunto a "valere" 5 miliardi di marchi, ovvero il marco non valeva più assolutamente neppure la carta su cui lo si stampava. La politica e con essa l'economia, quelle di Weimar, erano inceppate da una sinistra che aveva poco meno del 50% dei voti ed una destra che solo con l'ausilio della minoranza hitleriana poteva bilanciarla. Il 27 febbraio del 1933, ad un mese dalla sua elezione a Cancelliere, Hitler fa incendiare il Reichstag attribuendone la responsabilità ai comunisti ed alle sinistre: è la scusa per per le proscrizioni e deportazioni di massa, è la nascita dei KZ, i Konzentrations-Lager, i campi di concentramento i quali accolgono anzitutto gli oppositori politici del regime, in massa, ad essi si aggiungeranno i delinquenti comuni, i sessualmente diversi, le vite indegne di essere vissute e gli ebrei. Questi campi sono certamente anche campi di prigionia, di tortura, di sperimentazione sull'uomo e molte altre atrocità ed infamie, ma essi sono anzitutto - e lo specifica assai bene la scritta sul cancello di Auschwitz - dei campi di lavoro: Arbeit macht Frei. Non si tratta di un senso figurato o di una scritta di scherno, la legge che vi impera è infatti una legge economica: se e fintantoché produci di più di ciò che costi vivi, appena costi di più ti si elimina. L'uomo è ridotto a totale funzione dell'economia. E l'economia tedesca risorge e risorge in pochissimo tempo, nel giro di di due - tre anni è di nuovo un gigante. Si finanzia sul deficit, come dice Keynes, e con ciò realizza progetti colossali, quali la rete autostradale, la rete ferroviaria con i treni più veloci del mondo, le colossali opere di urbanistica etc. e, soprattutto una produzione bellica inimmaginabile. Il lavoro per tutto questo è fornito dai milioni di deportati dei campi di concentramento che ogni mattina vengono trasportati dai campi ai cantieri di autostrade, ferrovie, alle fabbriche di armamenti etc, la sera sono ricondotti nei campi. Oggi è ancora così con milioni di extracomunitari e non: il keynesismo moderno. E questo è l'altro volto, quello oscuro, quello che sempre è nascosto, delle economie keynesiane.
francesco latteri scholten.