lunedì 29 aprile 2013

Governo, follia, fantasmi e sinistri presagi.


L'irrazionale, questo "quid" che spesso ci sfugge e che spesso mettiamo da parte perché non riducibile a quel "razionale" con cui ci illudiamo di dominare il reale e che perciò invece molto ci condiziona, non è meno vero del razionale. Il grande Freud, ma già nell'antichità Artemidoro, ci ha insegnato che esso origina da pulsioni tanto individuali quanto collettive, che reciprocamente si condizionano, e che sono alla fine riducibili a due: Eros e Tanatos. Testi antichi e moderni, sacri e profani, tra cui la Bibbia, insegnano come esse possano, giunte al culmine distruggere sia la persona che la società. Babilonia, Sodoma, Gomorra sono civiltà distrutte dal raggiungimento del culmine della empietà. Veggenti del Settecento avevano "pre" visto che quella società francese ben descritta in celebri opere di De Sade, sarebbe culminata nel 1789. Anche lì vi furono molteplici avvisaglie, come di chi volendo colpire i nobili ed essendone impossibbilitato infierì colpendo innocenti gendarmi. La follia da sempre è stata vista come un presagio sinistro, similmente che nelle immagini oniriche il ritrovamento di scrigni o borse vuote. Il ritrovamento di una appartenenza all'assenza, il richiamo di un fantasma dal regno delle ombre. E' l'altro e non meno inquietante segno che ha connotato la nascita del nuovo governo: il ritrovamento dai tenebrosi scantinati del palazzo di giustizia di Palermo della borsa vuota che il generale dalla Chiesa aveva sempre con sé, anche al momento dell'attentato. Il fantasma di dalla Chiesa ne evoca altri, quello di Aldo Moro - il cui cadavere fu ritrovato il 9 maggio 1978 a metà strada tra la segreteria della DC e del PCI -  di cui fu lui a trovare le carte; quello di Mino Pecorelli, giornalista di OP (Osservatorio Politico) che le ebbe anch'egli ed il cui nome richiama anche quello del card. Marcinkus, e, guardacaso è sempre di questi giorni il ritrovamento di un flauto appartenuto ad una cittadina vaticana... Pecorelli, nell'immagine, fu pure lui ammazzato in pieno centro di Roma il 20 marzo 1979. Siamo ricondotti così a due spettri che si aggirano per l'Italia, quello delle Brigate Rosse e del terrorismo, e quello dei servizi e della massoneria deviata, segnatamente la P2, cui appartenevano importantissime figure politiche e non e non soltanto della "prima repubblica" ma anche dei giorni nostri. Oltre Giulio Andreotti e Licio Gelli, grandi maestri, pare vi appartenessero anche sia Pecorelli che lo stesso dalla Chiesa ...  
francesco latteri scholten.

sabato 27 aprile 2013

Governo: esclusi i rappresentanti di un terzo degli italiani.



E' inaudito. Fatto il nuovo governo sull'asse PdL - PD, due "partiti" che - almeno nel nome - dicono di rifarsi alla "libertà" ed alla "democrazia". Una finzione ed un falso. In nessuna democrazia ed in nessuno Stato libero si fa un governo con l'esclusione della rappresentanza di ben un terzo dei cittadini. E' accaduto nei regimi nazifascisti la cui connotazione precipua era la autoreferenzialità, quella che del resto caratterizza da tempo la realtà politica italiana tanto del PdL quanto del PD-L. Ad un terzo dei rappresentanti dei cittadini italiani sono state negate persino le garanzie minime. Il colmo della menzogna, dell'ipocrisia e del mendacio è poi raggiunto accusando - more solito - gl'esclusi di esser loro a non voler dialogare. L'ira di Beppe Grillo lo ha giustamente definito il governo della risurrezione di Barabba, vilipesi 8 milioni di cittadini che hanno votato M5S, trattati come cani in Chiesa, come intrusi. Non si può questa volta dargli torto, è infatti il governo delle multinazionali e delle banche contro la gente, contro i cittadini. Il governo di quelli che ci hanno espropriati della democrazia, di quelli che ce l'hanno rubata. Il governo degl'amici di quelli come Jamie Dimmon che poi tutelano e lo fanno mettendo direttamente le mani nei conti correnti dei cittadini come accaduto a Cipro. Il governo al 99%, come quello di Ceaucescu, con i bimbi che gli cantano l'inno. Il governo del teatrino del giorno prima dove si finge, prima Bersani e poi Letta, di voler dialogare con i rappresentanti del M5S solo per metterli in piazza come bimbi immaturi che non capiscono e con i quali è impossibile dialogare. Il governo i cui uomini nuovi altro non sono che giovani del vecchio regime e perciò uomini vecchi, si cambia tutto per non cambiare niente: si resta là dove si è: al Gattopardo. Giustamente Vendola e Crimi hanno sintetizato: un governo vecchio, di gente vecchia, fatto per fare cose vecchie. Più che dalla politica sembra confortato da un fatto di cronaca di oggi: è stata finalmente ritrovata la borsa del generale Carlo Alberto dalla Chiesa che egli aveva con sé al momento dell'attentato, era nei sotterranei del palazzo di giustizia di Palermo; vuota, ovviamente.
francesco latteri scholten.

Machiavelli: il cinquecentenario de Il Principe.


Il 16 settembre 1512 i partigiani dei Medici occupavano il Palazzo e la Repubblica Fiorentina, per conto della quale il nostro aveva avuto incarichi anche importanti, cessava di esistere. Il 7 novembre è privato degli incarichi, e, sospettato di aver preso parte alla congiura del Boscoli, è arrestato, incarcerato e addirittura torturato. L'elezione, l' 11 marzo 1513 del cardinale de Medici al soglio pontificio, gli aprirà le porte del carcere, il suo ritorno alla vita politica attiva è, per il momento, impossibile. E' questo periodo di ozio forzato che gli consente di concentrarsi a pieno e di riflettere sulla realtà della vita politica. Pare ormai definitivamente accertato che la stesura delle due opere politiche maggiori sia proceduta ad incastro: Machiavelli avrebbe lavorato inizialmente alla stesura del primo libro dei "Discorsi", l'avrebbe interrotta per la composizione del "Principe" da luglio a dicembre. Di politica ci si era occupati dall'antichità e le opere anche assai note sono diverse: da "La Repubblica" di Platone, a "La città di Dio" di Agostino, all' "Utopia" di Tommaso Moro o alla "Città del Sole" di Campanella. Tutte caratterizzate da un prius che è un riferimento ideale ed ideologico. Il distacco di Niccolò - come lo sarà un secolo e mezzo dopo per Hobbes - da queste opere è netto: il riferimento è infatti la realtà esperienziale quotidiana dello Stato quale questo in essa si manifesta con il dispiegamento concreto del potere puro e semplice. E, la questione centrale per il nostro, come sarà poi per Hobbes, è quella di garantire lo Stato quale che esso sia, a prescindere cioé dalla sua forma. Lo Stato cioé deve essere solido, organico e funzionale e poco importa che sia repubblicano - cui va la sua preferenza -, popolare o tirannico. E' ciò che ne fa il fondatore della politica moderna e che ne rende la stupefacente attualità, anche più di Hobbes. A differenza che nei "Discorsi" in cui hanno parte a volte importante i cittadini, il popolo, le diverse categorie sociali etc, la figura di riferimento de "Il Principe" è una sola: quella del principe, appunto. Il Principe deve avere i requisiti, eventualmente anche amorali o apertamente immorali che gli garantiscano di assurgere al principato. Così egli è anche un "uomo nuovo" e quello che egli inaugura è un principato nuovo. Qui si scorge però nel nostro, se non un ideale, almeno un desiderio, un sogno, e ciò lo riavvicina agli autori di cui sopra e fà sì che più compiutamente sia Hobbes il "compilatore" dello Stato moderno. Il sogno, più che legittimo, cui và inclinato il Principe è quello di liberare l' Italia dalle dominazioni straniere, dalla "ruina d'Italia", ed egli deve essere tale da poter portare avanti questo compito ed instaurare così il vero principato nuovo. E' a questo Principe nuovo, la cui figura viene dominando nei capitoli VI e VII e identificato nel Valentino, che vanno i consigli del Machiavelli. Si tratta perciò ora. di verificare se la situazione effettuale italiana sia matura per il suo avvento. La risposta, nelle ultime pagine del celebre opuscolo, è affermativa: "... chi io non so qual tempo mai fussi più atto a questo." Proprio in questo però il nostro si era evidentemente sbagliato ed occorrerà attendere ancora tre secoli e mezzo. Comunque sia "Il Principe" è e resta un'opera delle più intelligenti della politologia, dalla lettura agevole e, per il suo italiano d' epoca, gustosa, utile ad una riflessione accurata e profonda. 
francesco latteri scholten.

giovedì 25 aprile 2013

Il 25 Aprile tra Grillo e Napolitano ...


A prima vista, e riduttivamente, potrebbe sembrare la più perfetta delle antitesi e delle antinomie: la celebrazione del 25 Aprile e la sua dichiarazione di morte. Così invero non è, anche se certamente non si vuole cercare una sintesi. Un'analisi però sì e cercare di capire anche. Con il cuore si era lì, all' Altare della Patria, con Giorgio Napolitano, con Piero Grasso, con Laura Boldrini e con molti dei rappresentanti delle forze politiche dei diversi orientamenti, M5S compresi. E, non possono non essere condivise le parole di Giorgio Napolitano: «Nei momenti cruciali per il Paese in tempo di crisi la memoria è fondamentale. Venendo in posti come questi, c'è sempre molto da imparare sul modo di affrontarli: servono coraggio, fermezza e senso dell'unità, che furono decisivi per vincere la battaglia della Resistenza». Né possono non essere condivise le parole di Francesco Polcaro presidente dell' ANPI di Roma quando afferma che la lotta contro il nazifascismo non è mai finita. Condivisioni condivise - mi si scusi il bisticcio di parole - anche da Grillo, la cui frase ad effetto, per un'analisi onesta va ricondotta nel giusto quadro, per intero recita così: "il 25 Aprile è morto nell'inciucio di un governo PdL - PD". Si tratta però di andare oltre (anche oltre il discorso dell' inciucio riguardante solo il presente più specifico), di non fermarsi a contesti socioculturali e politici che, sebbene ancora oggi purtroppo si ripresentino in sacche di contesti connotati dalla arretratezza, sono soprattutto di ieri. Dal 1945 ad oggi, come dice il proverbio, ne è passata di acqua sotto i ponti, non solo per una crescita della società e dei suoi modelli, ma anche, ahimé, per lo stesso nazifascismo il quale - quello vero - oggi ben si guarda dal presentarsi nei modi, nelle vesti e nei panni di quello di ieri. Il nazifascismo di oggi è quello delle multinazionali, delle banche che stanno comprando e distruggendo le democrazie, dello Spread. Sono cambiati anzitutto i volti umani che lo interpretano. Non sono più le facce dure, volutamente scolpite nella pietra, urlanti dal balcone di palazzo Venezia o del Reichstag, o di altri luoghi, incarnate da un Hitler, da un Mussolini, da un Franco, con a fronte maree umane ridotte ad un solo ed identico tipo, negli stessi atteggiamenti esaltatamente sottomessi. Il nazifascismo di oggi si presenta con ben altre facce, ad es. con quelle affabili di Jamie Dimmon o di Ina Drews entrambi di JP Morgan. Già Pier Paolo Pasolini osservava che l'antifascismo non può e non deve arroccarsi semplicisticamente nella lotta alle vecchie forme classiche di nazifascismo, ma deve soprattutto individuare anche quelle nuove ed opporvisi tempestivamente. Questo però è ciò che puntualmente il 25 Aprile, ahimé, omette di fare, con ciò stesso iscrivendosi nel passato, nell' obblìo, nella - speriamo di no - morte.
francesco latteri scholten.

martedì 23 aprile 2013

Matteo Renzi: il più auspicabile per palazzo Chigi.




Una delle maggiori cause della crisi politica, irrisolta anzicché no, proprio con le elezioni, la qual cosa ha pesantemente gravato anche sull'elezione del Presidente della Repubblica, è stato - oltre l'incapacità di gestire il "porcellum", l'irrigidimento di ciascuno sulle proprie posizioni e le "faide" interne - l'accanimento su nomi vecchi della vecchia guardia che, connessa di fatto l'elezione del PdR alla formazione del successivo governo rischia di trasporsi a questo. Nel suo discorso di insediamento Giorgio Napolitano sembra voler uscire - si spera grandemente! - da questi orizzonti, essendosi espresso apertamente per l'apertura a nomi giovani e capaci. Il sindaco di Firenze rientrerebbe agevolmente nelle indicazioni, potrebbe convogliare il sostegno almeno di buona parte della sinistra, è aperto al centrodestra e supererebbe il veto del PdL ai "tecnici" e sarebbe certamente ben più accetto ai cittadini comuni di altri nomi circolanti, quale ad es. quello di Giuliano Amato, già bollato da Grillo - non senza qualche ragione - come "il ragioniere di Craxi". Renzi è inoltre indubbiamente più brillante e vicino alla gente del pur ottimo Letta, eccellente diplomatico, cui personalmente - proprio per questo - auguro il Ministero degli Esteri. Il nostro inoltre ha ben dato prova di sé in una decente gestione della propria città con criteri aperti al nuovo ed all'innovazione ferma restando la centralità socio culturale della impareggiabile e mirabile tradizione fiorentina. 
francesco latteri scholten. 

lunedì 22 aprile 2013

Giorgio Napolitano, l'insediamento: accolte anche istanze dei grillini.




Tre bandiere sventolano di nuovo sulla torre del palazzo del Quirinale, quella italiana, in alto, quella europea e quella di Roma: il Presidente è di nuovo in sede. Lo sfreccio delle "Frecce Tricolori" sull' Altare della Patria lo avevano preannunciato. Giorgio Napolitano è ora - finalmente! - di nuovo nei suoi pieni poteri e non come nell'ultimo semestre, quello "Bianco". Dunque ha facoltà di sciogliere le Camere, ed ha facoltà - come più di un passaggio del suo eccellente discorso di insediamento velatamente indica - di dimettersi anzitempo dal proprio mandato. E' l'estrema gravità della situazione economica, il debito pubblico ha ormai raggiunto il 130% del PIL, il primo motivo ad averlo spinto ad accettare. Il secondo è la manifesta incapacità politica proprio di quei partiti, e lo denuncia apertamente, che lo hanno spinto ad accettare un secondo mandato. Incapacità anzitutto istituzionale per non aver dato seguito al monito reiteratamente fatto, tanto da lui stesso quanto dal Presidente della Corte Costituzionale Gallo, di modificare con urgenza la legge elettorale, fonte di gravi squilibri che sono la radice dell'attuale crisi politica. Denunciata con forza anche la grave carenza, già indicata a "squarciagola" da Grillo e dal M5S, della autoreferenzialità della politica e dei partiti ed il conseguente grave iato apertosi tra essi e la società. I partiti - così Napolitano - sono indispensabili alla democrazia, ma lo sono nella misura in cui dialogano con la società, con i cittadini, e li rapprsentano ascoltandoli. La disponibilità di Napolitano è perciò nella misura in cui i partiti hanno quella di prendersi le loro responsabilità, cosa che fino ad oggi non hanno voluto né saputo fare. Insomma si ricomincia da ieri, da sei mesi fa, dal giorno prima dell'inizio del semestre "Bianco": "the day after tomorrow".
francesco latteri scholten.

domenica 21 aprile 2013

Elezione PdR specchio dello stallo della politica.


"... nunc in spaeculum et aenigmate" recitava il grande S. Paolo. Ed aveva ragione. L'elezione del Presidente della Repubblica, ha confermato che così è anche in politica, essa infatti ha portato al pettine i veri e più sostanziali nodi della politica italiana, la loro forza e la loro ormai protratta persistenza temporale. Si tratta di nodi che si vanno procrastinando ed infittendo ormai - da una parte e dall'altra - da un buon ventennio a questa parte. E' stata la candidatura di Romano Prodi a metterle meglio in evidenza, sia a destra che, ancor più, a sinistra. Qualcuno diceva - non senza ragione - "se non riesci a capire la politica, guarda all'economia ...", se lo si fa si vede che Prodi, oltre che fondatore dell' "Ulivo", è stato anzitutto presidente dell' IRI, nella cui carica il suo operare è stato tutt'altro che di "sinistra", la cessione dell' Alfa alla FIAT può ben considerarsi un antesignum delle privatizzazioni. Una candidatura che ipso facto a destra non può trovare una vera contrarietà di natura politica e che perciò stesso sottolinea come la diserzione della destra sia dovuta sostanzialmente al fatto di non ritenere Prodi un garante sufficiente per le vicissitudini giudiziarie di Berlusconi, ecco il vero ventennale nodo a destra. La stessa candidatura di Prodi mette altresì bene in evidenza i nodi ventennali della sinistra. Se infatti si passa la focalizzazione dal presidente dell' IRI al fondatore dell' "Ulivo" si vede bene come un uomo che si è caratterizzato per una politica di destra si porti in piazza come fondatore di un movimento che si vuole di sinistra, e si ci vuole al punto di fondersi con gli "eredi" dell'ex PCI. E' proprio la candidatura di Prodi a mettere bene in evidenza, non tanto la spaccatura nel PD tra renziani e non renziani - certamente anche quella - ma ancor più quella tra la rappresentanza politica del PD e la sua base, il vero nodo che connota la sinistra da oltre un ventennio, scaturigine del suo stallo: una leadership che ad oltranza ed a qualunque costo vuole ispirarsi a destra e che lì si volge preferendola ai propri valori e dunque alla propria identità, nonché alla sua base. Ne sono piena testimonianza - sempre in questa elezione del PdR - sia il rifiuto dell'appoggio della candidatura di Stefano Rodotà - il cui agire successivo all'elezione di Napolitano ben dimostra che sarebbe stato al pari di questi un Presidente di tutti - sia il rifiuto di proporre ad es. la candidatura di Emma Bonino che avrebbe trovato conferma sia dai grillini, ma anche da altri. Così il preannunciato congresso del PD si configura già come inutile perché fatto da una rappresentanza politica volta in senso contrario al volere della propria base. Il nodo della sinistra, occultato dallo sbattimento in prima pagina delle vicissitudini giudiziarie di Berlusconi, appare invero assai più grave di quest'ultimo, e - ancor più di questo - è la scaturigine dello stallo politico istituzionale in cui da vent'anni ci troviamo.
francesco latteri scholten.

sabato 20 aprile 2013

Il Parlamento rielegge Giorgio Napolitano con 2/3 dei voti: Viva il Presidente.


"Il Parlamento è il luogo della legalità e della Democrazia", così Stefano Rodotà alla notizia della rielezione di Giorgio Napolitano. Parole che avrebbero benissimo potuto essere dello stesso Napolitano. Due gentiluomini doc, della stessa estrazione politico ideologica, migliori rappresentanti della élite politica e culturale del ns. Paese. Due uomini che godono entrambi della mia personale massima stima spesso manifestata anche apertamente nei miei scritti. La proposizione del nome di Giorgio Napolitano, ha consentito finalmente l'uscita dalla situazione di empasse nella quale era caduta la leadership politica di più di un partito. Per fortuna non era a me che spettava un voto o una scelta perché sarei stato in imbarazzo. Alla fine, probabilmente, avrei scelto Napolitano, cui lo stesso Rodotà garantisce il più pieno sostegno derivante dal credo profondo negli stessi valori. "No alla marcia su Roma" è stata la sua immediata risposta ai gridi post elettorali di Grillo, e questo dice che una sua eventuale elezione sarebbe stata, come quella di Napolitano, a pieno sostegno di tutta l' Italia e il suo arco parlamentare. Dice anche che con Grillo si sarebbero create frizioni. Comunque sia habemus Presidentem e da me avrà quel sostegno, quella stima e quella solidarietà piena che sempre ha avuto. In bocca al lupo Presidente! Ne avrà bisogno.
francesco latteri scholten.

venerdì 19 aprile 2013

Presidente e presidenziali: Rodotà il più voluto dai cittadini.



L'elezione del Presidente della Repubblica, siamo alla quarta fumata nera, conferma lo iato - per non dire l'abisso - tra il "palazzo" ed i cittadini. Eccezione è il M5S che in qualche modo ha introdotto di fatto una elezione diretta del Presidente da parte dei cittadini, come voluto tempo addietro già dall'allora Forza Italia. Il nome - dopo la rinuncia di Gabanelli e Strada - più votato è risultato quello del noto, non solo in Italia, bravo giurista Stefano Rodotà, sostenuto con coerenza dal movimento in tutte e quattro le votazioni. E' utile soffermarsi sul fatto che nell'ultima votazione cui PdL e Lega hanno deciso di non prendere parte, Stefano Rodotà si sia posizionato a 213 preferenze, contro le 241 della votazione precedente ed a fronte di un netto rialzo della Ministro Cancellieri, a dimostrazione che la candidatura di Rodotà sia invero molto ben accettabile anche per altre forze politiche come conferma - oltre le tante celebrazioni a Sinistra - anche la definizione di "Gentiluomo doc" affibbiata nientemeno che dal quotidiano "Libero". A fronte altre candidature tutte espressione del "palazzo" e invise o già bocciate dai cittadini. A cominciare dalla prima: Franco Marini era stato bocciato alle elezioni e, certamente non mi risulta personaggio amatissimo dalla base del PdL - è stato Berlusconi a farne il nome a Bersani - e meno che mai alla base del PD, la quale si è apertamente ribellata - ma non è stata ribellione solo della base - portando ad un pelo dallo spaccamento del partito. La candidatura di Prodi - fondatore dell' "Ulivo" - imposta da Bersani è servita a ricompattare in qualche modo il PD, ha però portato alla divisione con PdLe Lega ed al rifiuto di questi di partecipare al voto, come anche al distanziamento di Grillo, e, sul fronte interno ha creato uno iato con la propria base. Insomma l'elezione del Presidente della Repubblica non ha fatto altro che riproporre in maniera fortemente accentuata le problematiche di Bersani e dei suoi già palesemente emerse per la creazione di un Governo ancora da farsi: incapacità di trovare un dialogo tanto a destra con PdL e Lega, quanto a Sinistra con Grillo ed in basso con la propria base. 
francesco latteri scholten.

mercoledì 17 aprile 2013

Quirinale, vigilia: si conferma di destra il feudalesimo politico italiano.


Domani al voto per il colle. Oggi intanto il ns sistema politico si conferma per quello che è, e che più volte abbiamo denunciato essere, un sistema feudale trasversale ben congegnato, chiuso alla democrazia. E' Niki Vendola ad osservare come anziché aprirsi al nuovo ed al dialogo con il M5S, peraltro rappresentante un terzo degli italiani, e dalle cui "quirinarie", con il rifiuto - scontato - della Gabanelli e di Strada, era rimasto il nome di Stefano Rodotà, noto giurista, assai apprezzato e tutt'altro che di ispirazione estremistica o semplicemente integralista. Un nome che dice anche della apertura e della disponibilità di Grillo e del M5S. Una "sinistra" che rifiuta il dialogo con la Sinistra perché si è già accordata con la destra, perché è di destra, perché di destra è in vero il suo pensiero e la sua mentalità. Lo conferma del resto una serie inenarrabile di fatti di cui basta ricordarne 2: a) ormai è lampante, il governo Monti; b) il salvataggio politico in extremis di un Berlusconi politicamente ormai morto da parte di un assai noto personaggio che si era sempre spacciato per anfitrione dell'antiberlusconismo doc. Insomma: fronte comune contro il nuovo, contro ciò che è fuori dal sistema, ma che ha preso un terzo dei voti ed a cui spetterebbe un terzo dei feudi. E questo è il punto. Il profilo del prossimo inquilino del colle deve perciò avere connotati che garantiscano il sistema feudale trasversale e lo faccia in modo più possibile pieno: eliminando il nuovo.
francesco latteri scholten.

lunedì 15 aprile 2013

Papa Francesco riforma della Curia (e profezie Nostradamus).


L'ultima è stata nel 1988, adesso Papa Francesco ha nominato per riformare la Costituzione dogmatica "Pastor Bonus" ovvero la Curia - inizio dei lavori 1 - 3 ottobre - un Consiglio di otto Cardinali: Giuseppe Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano; Francisco Javier Errázuriz Ossa, arcivescovo emerito di Santiago del Cile; Oswald Gracias, arcivescovo di Bombay; Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga; Laurent Monsengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa; Sean Patrick O’Malley, arcivescovo di Boston; George Pell, arcivescovo di Sydney; Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa, quest’ultimo con funzione di coordinatore. Del gruppo, con la funzione di segretario, fa parte anche Marcello Semeraro, vescovo di Albano. Padre Lombardi, nel suo comunicato ha tenuto a sottolineare che conserva tutte le sue funzioni fondamentali di aiuto del Papa da vicino, nel governo quotidiano della Chiesa universale. Il pensiero di Papa Francesco si può forse estrinsecare dal commento da lui fatto alle letture del giorno, i dissidi nelle prime comunità cristiane, alla Messa in Santa Marta: "La prima cosa che fanno è mormorare, chiacchierare uno contro l'altro ... Questo non porta ad alcuna soluzione, questo non dà soluzione. Gli apostoli, con l'assistenza dello Spirito Santo, hanno reagito bene: hanno convocato il gruppo dei discepoli e hanno parlato. E quello è il primo passo: quando ci sono difficoltà, bisogna guardarle bene e prenderle e parlarne. E' quello che hanno fatto gli Apostoli: valutare e decidere, senza tergiversare." E il Papa è già in contatto con ciascuno degli otto Cardinali. Già qui c'è del nuovo: un Papa che si consiglia con una collegialità di Cardinali. Basta poi una rapida scorsa ai nomi, anche senza avere alcuna pretesa di essere "vaticanologi" per vedervi immediatamente riflesso il volto di una Chiesa nuova e più autenticamente cattolica, ovvero universale. Ciò, anche ferme restando le affermazioni di Padre Lombardi, è comunque una rivoluzione: la struttura non è più anzitutto romano centrica, poi italocentrica e quindi eurocentrica. La struttura, finalmente!, non sarà più ciò che per duemila anni, arbitrariamente, è stata. La prefigurazione forse può essere intravista in un altro fatto mai accaduto in due millenni, non troppi giorni fa, la settimana santa, con la lavanda dei piedi anche alle donne (nell'immagine). Nessun Papa lo aveva mai fatto. Sembra che si avverino senza dover essere tragiche le profezie che danno Benedetto XVI e l'attuale Papa per ultimi, tra le più celebri quella di Nostradamus. Una struttura e quindi un modo di essere Chiesa e Papa finiscono, ne sorge una nuova più autentica e più cristiana.
francesco latteri scholten.

sabato 13 aprile 2013

L'Italia è una Repubblica parlamentare (e Grillo ha ragione).


L'Italia è una Repubblica parlamentare, ovvero il Parlamento, direttamente eletto dai cittadini, è il soggetto, l'attore primo. E' il Parlamento ad eleggere il Presidente della Repubblica, è il Parlamento a mantenere, con la fiducia, in carica il Governo, suo delegato per la funzione esecutiva. Si è voluto così sin dal sorgere della Repubblica, con la Costituente e la Costituzione. Sin dall'inizio però questo concetto non è stato del tutto chiaro nel pensiero non solo di molti cittadini, ma, soprattutto in quello di politici, politologi, giuristi e persino costituzionalisti. Si è infatti pensato e perciò agito come se il soggetto primo fosse il Governo, confondendo delegato e delegante. Si è concepito in realtà come se si fosse in una repubblica governatoriale, arrivando a concepire la stabilità politica esclusivamente in termini di stabilità di Governo ed il "Porcellum" è l'incarnazione ultima ed incostituzionale - come ben comincia ad intravedere anche il Presidente stesso della Corte - di questa concezione. Affermare che il soggetto primo della politica, direttamente eletto dai cittadini, è il Parlamento è - ipso facto - affermare che la stabilità politica vada misurata da quella del Parlamento. In altri termini: i governi possono anche cambiare o - perché no? - cadere quando abbiano esaurito il proprio fine o non ne siano stati capaci. La caduta del governo corrisponde a crisi politica in una repubblica governatoriale. Nella Repubblica Parlamentare il Parlamento può (e deve) operare anche senza un governo in carica, infatti anche in questo caso l'organo direttamente eletto dai cittadini, il soggetto politico primo può benissimo restare in carica ed operare. Grillo ed i parlamentari del M5S occupando il Parlamento per chiedere di poter lavorare non hanno fatto altro che chiedere il loro legittimo diritto e dovere cui peraltro benissimo hanno ottemperato approvando con il Parlamento, anzicché - more solito con decreti governativi d'urgenza - le leggi per la pubblica amministrazione. L'azione del M5S è dunque non solo legittima e funzionale, ma in quanto rivendicante una giusta maggior centralità del soggetto ed attore primo dell'agone politico, il Parlamento appunto, doverosa. Dare più centralità al Parlamento è infatti avvicinare la politica ai cittadini. Stranamente, anche da ampie fasce della sinistra ci si muove invece in senso inverso, cioé nella direzione di una maggiore centralità del Governo e si ragiona non in termini Repubblica Parlamentare bensì governatoriale.
francesco latteri scholten.

mercoledì 10 aprile 2013

USA, legalizzazione Cannabis: grande industria e opinione pubblica pronte.


L'umanità ne fa uso dalla notte dei tempi praticamente in tutte le culture. In India è chiamata Bhang ed è fumata insieme al tabacco, in Messico Marjhuana. In Medio Oriente è conosciuta soprattutto per l'antica setta del Veglio della Montagna, in cui se ne faceva uso, con il nome di Haschisch, da cui anche il termine di assassino, gl'emissari del Veglio erano infatti i temuti Haschischin. La pianta è, come noto, un'erba dioica annuale a fusti eretti di circa 2-3 m, e la droga è ricavata dalle infiorescenze della pianta femminile, più grande di quella maschile. La droga - stranamente - non risulta iscritta nella FUI. E' usata da sempre per uso esterno come come analgesico e antisettico e per uso interno come sedativo. Essa provoca inizialmente una sensazione di benessere, euforia ed eccitazione intellettuale seguite però da perdita della nozione del tempo e dello spazio e da sdoppiamento della personalità ed infine da allucinazioni. Negli USA, come in molti altri Paesi, nonostante la legge ne vieti l'uso - o forse anche per questo come a suo tempo per l'alcool - è molto diffusa l'assunzione nelle forme più diverse, specie il "fumo". Sta accadendo ormai lo stesso che per l' alcool negli anni trenta del Novecento: la maggioranza sempre più cospicua della popolazione - siamo ormai ad oltre il 53% - è favorevole all'abbrogazione del divieto, mentre la grande industria è pronta e spinge per la commercializzazione legalizzata. Starebbe dunque per cadere un proibizionismo che, al pari di quello degli alcoolici serve solo ad ingrassare la criminalità organizzata. C'è da augurarsi che anche per il consumo accada quanto già accaduto con gli alcoolici: statisticamente infatti negli USA non si è mai avuto un consumo di alcool pro capite così elevato come durante il proibizionismo, a denunciare la funzione in realtà incentivante dei divieti. 
francesco latteri scholten.

lunedì 8 aprile 2013

Margaret Thatcher, quella dei derivati in Europa, è morta.


La baronessa della guerra per il petrolio nelle Falkland, la dama di ferro della pseudo "grandeur" britannica, è morta. I media la stanno celebrando come la campionessa del liberismo britannico ed Occidentale. La politica - specie economica - della "lady di ferro" invero ripropose in Inghilterra ed in Europa la politica di Ronald Reagan, cui per altro si associò e diede man forte. Si trattava di una politica che usciva dallo "Glass Steagall Act" imposto proprio negli USA all'indomani della grande crisi del famigerato venerdì nero di Wall Street, a garanzia dei risparmiatori e degli investitori. Esso imponeva la trasparenza delle transazioni bancarie ed impediva alle banche di risparmio - cui fondi erano dei risparmiatori - di agire con speculazioni azzardate. Le "reaganomics" portarono alla abolizione della distinzione tra banche tradizionali e banche di investimento speculativo, come anche a quella della trasparenza delle transazioni bancarie. L'esito furono i cosìddetti "Derivati", causa primaria della crisi economica mondiale che si protrae encora oggi. Per i soli USA i derivati hanno raggiunto la cifra di oltre 750.000 Miliardi di $ a fronte di un PIL di 70.000 Mld di $. La Thatcher ha sostanzialmente portato in Europa le normative della "reaganomics". Ciononostante alla "figlia del droghiere", una delle maggiori responsabili della gravissima crisi in cui ancora ci troviamo, è stato tributato il titolo di "Barone" e saranno tributati funerali di dimensioni analoghe a quello di LadY Diana, un personaggio di ben altro spessore. E' il segno della decadenza dei ns tempi.
francesco latteri scholten.

domenica 7 aprile 2013

Sinistra quo vadis?



I simboli hanno pur un loro significato e vi sono realtà - ma anche uomini e donne - che assurgono a immagine, a icona, a simbolo. Alcune sono dei cult. Adriano Celentano, il "Rockpolitiker", icona classica "da sempre" della musica italiana e della sinistra, quella forte, passa con Beppe Grillo. Dario Fo, simbolo del teatro brillante, impegnato e di successo, da sempre anch'egli autore geniale appartenente alla sinistra forte, passa anche lui con Grillo. Non si tratta di casi isolati, le icone più forti e significative appartengono infatti all'ultimo giorno dell'ultima campagna elettorale e colpiscono proprio per la loro dimensione. Piazza San Giovanni a Roma, piazza storica della sinistra italiana e del suo popolo, va a Beppe Grillo e Beppe Grillo va a Piazza San Giovanni. Di contro un'altra immagine altrettanto forte: Bersani - sempre a Roma - chiude la campagna allo storico ma piccolo cineteatro Ambra Jovinelli. Perché? Personalmente ritengo che la risposta vada cercata anche nell'ultimo libro pubblicato da Piero Sansonetti, storico direttore de "Il Manifesto", dal significativo titolo "La sinistra è di destra?" edito da Laterza (come mai non ad es. da Feltrinelli?). Sansonetti vi denuncia che per tutta una leadership politica della sinistra, la sinistra non sia più stata un riferimento valoriale, come anzi il riferimento valoriale sia stato in realtà quello della destra. Per l'ultimo e più autorevole di questi, Matteo Renzi, si tratta addirittura di "rottamare". Nella stessa direzione anche se in modo più sfocato, l'agire di Giorgio Napolitano, altro cult, questa volta politico, della sinistra forte italiana. L'ovvio sarebbe stato per Bersani e per lui, preso atto del passaggio a Grillo del popolo della sinistra e della sua vittoria, dare a lui l'incarico, ma questo è stato esattamente ciò che si è voluto evitare a qualunque costo, in ossequio alla tendenza decennale della leadership di sinistra come denunciato da Sansonetti che trova concrezione proprio nello "strappo a destra" nel PD di questi ultimi giorni. Uno strappo inutile e privo di senso perché chi non ci stava se ne è già andato con Grillo, chi da tempo si volge a Berlusconi lo ha già fatto pure e restare là dove si è non ha senso.
francesco latteri scholten.

giovedì 4 aprile 2013

Vittorino Andreoli e i segreti della mente.


Andreoli è uno dei grandi che da sempre fanno parte del mio orizzonte spirituale ancor prima che culturale. E' un ricordo che affonda le radici in tempi ormai lontani quand'ero ancora ragazzo, la TV era in bianco e nero e lo vidi la prima volta. Con quei tanti capelli, allora erano di più, più neri e più folti, e lo erano soprattutto le enormi sopracciglia, e, non fosse stato per quel suo sorriso affabile, rassicurante e speranzoso, per quel suo incedere sornione e sereno, me lo sarei sognato la notte. Ma poi parla e quelle parole esprimono - e con forza - uno spirito mite, pacato, fascinoso, che proprio per questo attrae. Si apre un orizzonte anche cristiano, di un cristianesimo autentico, che introduce alla vastità, all'apertura, alla non limitazione. E' agli antipodi di uno pseudocristianesimo angusto ed immiserante, con il quale troppo spesso mi sono trovato a dovermi confrontare. Ricordo il mio decano - per fortuna non era mio relatore né uno dei correlatori - che per la mia tesi su Sartre mi raccomandò calorosamente che sì la potevo fare ma che bisognasse essere molto critici. Insomma: avevo la facoltà di parlarne male. Non tenni conto della raccomandazione, per me in contrasto con una ricerca autentica del Vero, di cui Sartre, come del resto già Galileo, è stato un protagonista. E' l'atteggiamento metodologico che - con piacere -, oltre che nei miei relatori, ho ritrovato nella bellissima introduzione al volume di Michel Foucault nella collana "La biblioteca della mente" del "Corriere della sera" curata proprio da Andreoli. Del resto c'è un amore grande che accomuna Foucault ad Andreoli (ed anche a me, lo ammetto), quello per la classicità antica. E' uno Spirito grande quello che si respira ne "L'ermeneutica del soggetto" di Foucault, l'opera che sarebbe doveroso leggere insieme a quello che si può già definire un "classico", anche se Andreoli lo ha solo recentemente pubblicato: "I segreti della mente", una summa del suo pensiero e l'opera a cui - lo dice lui stesso - tendeva da anni perché ne sentiva la mancanza. Ne "I segreti della mente" si respira la bellezza della definitiva vittoria della scienza moderna - ma erano cose già acquisite dalla vera scienza classica - nei confronti della concezione statica e demoniaca del Lombroso: "il delinquente nasce ed è costitutivamente tale, per cui è un irrecuperabile." L'acquisizione è invece quella della conferma della plasticità e della dinamicità della mente e dunque del soggetto sempre in divenire. Si tratta dunque di evitare un divenire che può essere negativo ed assurgere a patologia cercando di individuarne precocemente i sintomi, che sono sostanzialmente quattro: 1) La dissociazione dal mondo, quando dalla constatazione che dalla relazione tra io e mondo non si arriva a nessun risultato positivo e quindi ci se ne distacca; 2) la fuga dal mondo, quando dalla stessa constatazione ci si muove per colpire invece del mondo l'io; 3) la maniacalità, quando sempre dalla stessa constatazione si agisce ancora sull'io autoesaltandolo; 4) il minimalismo, quando, sempre dalla stessa constatazione, si risponde con la minimizzazione, ad esempio evitando le novità e riducendo il confronto io - mondo al minimo. Si tratta di capire se, quando e perché ciò accade. La realtà qui è soggettiva e la risposta di soggetti diversi a situazioni analoghe è necessariamente diversa. Così il disagio della relazione io - mondo non nasce semplicemente dal mondo, ma anche dalla sua percezione soggettiva, anzi di più: dalla immaginazione del mondo da parte del soggetto. Il soggetto deve perciò impegnarsi ad agire sul suo rapporto io - mondo, a farne un rapporto positivo, a creare spazi di agio. Se ciò non accade si passa dal disagio al sintomo e da questo al disturbo, ovvero alla patologia vera e propria. Ecco - per sommi capi - le direttive tramite le quali con Andreoli ci si orizzonta e muove a dischiudere "I segreti della mente" in un viaggio bellissimo ove si intrecciano Spirito, mente, soggetto, cultura, filosofia e scienza, "Per l'alto mare aperto", ma questo è un'altro titolo di un'altro grande autore.
francesco latteri scholten.