lunedì 30 maggio 2016

Gael Giraud gesuita, economista della "Laudato sì", e la separazione tra banche commerciali e di investimento, ovvero tra Occupy e J.P. Morgan.


Gael Giraud, economista rampante della Compagnia di Gesù, ha posizioni nette distanti da quelle del capitalismo manchesteriano e più ancora, ovviamente, da quello firestoniano. "Papa Francesco non è un marxista" ci tiene a specificare e notificare con decisione e lo fa per 3 buoni motivi: perché è vero; per il voto particolare di obbedienza al Papa fatto da tutti i membri della Compagnia; perché è lui, Gael Giraud, l'economista di riferimento della "Laudato sì". "Tout compt fait" la posizione di Padre Giraud risulta avere più di qualche comunanza con la concezione socio liberista del fondatore dell'economia politica moderna Adam Smith in "La ricchezza delle nazioni". Il suo punto di riferimento è tuttavia quello acquisito dall'economia del Novecento all'indomani del Grande Crollo di Wall Street del 1929: la necessità di dividere le banche commerciali da quelle di investimento. Posizione che lo accomuna ad Occupy Wall Street, al rev. Seamus Finn, a Paul Volker ex Presidente della 


Federal Reserve ed a tanti altri (tra cui chi scive). Negli USA, ciò fu imposto per legge nel 1933 con il Glass Steagall Act dal Governo di Franklin Delano Roosvelt. Un concetto dunque tutt'altro che rivoluzionario o marxista, il nome di Roosvelt è associato indissolubilmente a quello del New Deal, ed è comunque un concetto che l'economia successiva avrebbe dovuto dare per definitivamente acquisito. Ronald Reagan e le Reaganomics segnano invece una decisa inversione di tendenza sino al Gramm-Leach-Blealy Act del 1999 con cui si gettano le basi per la libera attività degli intermediari finanziari, perciò dei "derivati" e con ciò della gravissima crisi del 2007. Ovvero dal '79 e segnatamente dal '99 si è tornati a posizioni similari a quelle pre '33 e pre '29. Proprio Paul Volker nel 2010 con il Dodd Frank Act (DFA) ha cercato di reintrodurre la norma dello Glass Steagall Act, che però i nemici della separazione tra banche commerciali e di investimento hanno portato a ben 16 


Titoli, 2315 articoli e 2319 pagine per poter consentirne l'aggiramento... Similmente è accaduto con il "Basilea 3" in Europa. A tutt'oggi perciò la separazione tra banche commerciali e di investimento è il più gravido e combattuto degl'oggetti del contendere tra Banche, in primis J.P. Morgan, ed economisti finanziari da un lato ed i loro avversari dall'altro. Insomma: a differenza che nel 1933, il primo passo per una economia più umanista ed attenta al Bene Comune, primo passo per una economia della Casa Comune, quella sostenuta dalla "Laudato sì", è ancora ben lontano dalla realtà e molto occorrerà fare e combattere per poterlo realizzare. In compenso la spada di Damocle di un nuovo venerdì nero del 1929 o di un nuovo 2007 è più incombente che mai.
francesco latteri scholten.

giovedì 26 maggio 2016

Francia sull'orlo della guerra civile per Jobs Act: solo Mentana rompe silenzio media italiani.


Un abbraccio ed un bacio in fronte ad Enrico, finalmente un giornalista Vero: "... questo TG sceglie di non occuparsi più del referendum che peraltro si terrà tra 6 mesi - salvo ovviamente fatti nuovi e significativi - e si occuperà invece di fatti gravi ed importanti che accadono adesso, quali la gravissima situazione francese..." Così Enrico Mentana al TG sera del 25 u.s.. Poi parte il servizio. E' il primo dei grandi media italiani. Sinora le notizie sui disordini in Francia per l'introduzione di un "Jobs Act" - parallelo a quello introdotto in Italia da un governo Renzi nominato e non eletto dai cittadini e che non rispecchia la volontà popolare - erano filtrate solo indirettamente tramite i 


social media, che vedono sempre più confermato il loro ruolo di fonte informativa primaria. Sono ormai 7 su 10 i francesi che non si riconoscono più in Hollande e nel Governo. L'introduzione del "Jobs Act" è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso e così sono iniziati scioperi e proteste ad oltranza. Pugno di ferro del Governo, passaggio all'azione dei Lavoratori: "Nous ne nous faiçon fouttre pas comme les italiens..." è il grido al quale i francesi "hanno messo mano ai Sabots" di passata memoria, ovvero alle celebri calzature in legno massiccio che negli scioperi dell' Ottocento si gettavano negl'ingranaggi dei 


macchinari delle fabbriche provocandone l'inceppamento, da cui il termine sabotaggio. L'azione è diretta: colpire gli approvigionamenti energetici e mettere in ginocchio il Paese. Colpire la rete di distribuzione dalle raffinerie alle autocisterne che trasportano il carburante, bloccare le petroliere nei porti. Manifestazioni in massa nelle grandi città a cominciare da Parigi: "... à la guerre comme à la guerre..." La Francia è ormai in ginocchio, al punto che il Governo ha dovuto dare il via libera all'utilizzo delle scorte di riserva in caso di guerra. Non c'è situazione paragonabile in tutta la storia della Francia Repubblicana, e, chi ha scritto "Rivoluzione in 


Francia..." ha scritto bene, infatti è necessario andare al 1789 per ritrovare qualcosa di analogo ai fatti attuali. I media italiani intanto, con buona pace anche dell' "exploit" di Mentana, continuano ad occuparsi non della Francia, né, tantomeno, delle elezioni amministrative italiane dove si vota tra l'altro sia nella capitale politica, Roma, che in quella economica, Milano, bensì del referendum che si terrà tra sei mesi... E' questo il vero diritto all'informazione.
francesco latteri scholten.

venerdì 20 maggio 2016

Marco: come Cicerone e strenuo difensore della Repubblica. Addio Pannella.


"Quo usque tandem abutere, Catilina, patientia nostra? Per quanto tempo ancora cotesta tua condotta temeraria riuscirà a sfuggirci? A quali estremi oserà spingersi il tuo sfrenato ardire?..." Così Marco Tullio Cicerone, il secondo grande paladino della Repubblica della classicità antica dopo Platone, nella più celebre delle sue arringhe, quella contro il cospiratore Catilina. E' a lui ed alla sua concezione di "Cives" e di "Civitas" che va l'ammirazione di Giacinto Pannella. Un'ammirazione che è anche ispirazione decisiva, programma di vita e di impegno e battaglia politica in un'Italia segnata, dai tempi dell'assassinio di Cicerone dall'imperialismo e dal feudalesimo. Il nuovo nome, Marco, sarà la cifra di un impegno civile 

e sociopolitico mirante alla Repubblica ed ai suoi valori, quelli de "La prima deca di Tito Livio" di Machiavelli, altro grande e precipuo riferimento. La "Cifra" di Marco Pannella è questa e dunque non c'è un "di sinistra" o "di destra" né, tantomeno, delle svolte e controsvolte. "Di sinistra" è una delle etichette che il "sistema Italia" nella sua radicale feudalità gl'ha attribuito, per poi, nell'irriducibilità del nostro ad essa, affibbiargli l'altra, quella di "enfant terrible". Sì alla Donna per uscire da quella concezione che vedeva ancora ai suoi tempi nella Maria Montessori, la prima donna laureata, una puntini puntini per aver osato iscriversi all' Università e, udite udite, aver osato addirittura essere lei a decidere con chi fidanzarsi o meno... Sì al divorzio per uscire dall'unicità del matrimonio per imposizione; sì all'aborto per uscire dalla realtà delle mammane... Oggi, maggio 2016, anche Papa Francesco avrebbe dovuto incontrarlo, e padre Raffaele Lombardi, portavoce della Santa Sede ne riconosce il valore civico. "Tu devi essere quello che sei e continuare ad esserlo perché la gente sia come te..." gl'aveva detto il suo amico Pier Paolo Pasolini. E così è: se e finché saremo capaci di sussumere in noi il civismo di Marco potrà esserci la Repubblica e la Civitas e si arringherà contro i tanti Catilina di turno, "... le tue trame sono scoperte, non te ne accorgi? Non vedi che il tuo complotto è noto a tutti?" E sembrerà di vedere Marco, in piazza, con il sigaro fumante...
francesco latteri scholten.

venerdì 13 maggio 2016

La Chiesa torna alle origini, Papa Francesco: sì al diaconato femminile.


Il modello è quello della Chiesa Anglicana. Si va avanti o si torna indietro? E, Papa Francesco è un progressista o un reazionario? Probabilmente sono vere tutte e due le cose e la Chiesa nella sua storia bimillenaria ha conosciuto un evolversi tale che se si rapporta la sua attuale strutturazione a quella originaria della comunità degli Apostoli ed alle comunità cristiane dei primi secoli si resta alquanto perplessi. Il sì di Francesco al diaconato femminile alla vigilia del 13 maggio, Madonna di Fatima, al cui cuore immacolato agl'inizi del suo pontificato Bergoglio ha consacrato il Mondo, riporta in primo piano la più discussa e, da tanta parte della Chiesa, combattuta figura di Maria di Magdala. Probabilmente vicina agli Esseni, donna assai colta e progressista (e per questo contestata e diffamata) autrice di un Vangelo, ovviamente gnostico, era vicina a Gesù almeno quanto (o forse più) del "primo cerchio", i Tre, Pietro, Giacomo e Giovanni. Gl'apocrifi di Filippo e Tommaso la indicano come la "compagna" di Gesù. Apostola instancabile anch'essa e venerata tutt'oggi dalla Chiesa d'Oriente come 13° Apostolo, proprio per la sua brillantezza ed il suo essere Donna fu, dopo la morte e risurrezione di Gesù, costretta alla fuga. E' il 23 maggio quando una barca la lascia con la sua bambina sulle rive della Camargue in Francia nel luogo che da quei tempi sarà chiamato Les Saintes Maries de la mer. Da allora il ruolo della Donna nelle comunità cristiane è andato via via scemando parallelamente alla progressiva collusione con il potere temporale e la strutturazione gerarchica. Si va dal Concilio di Nicea 325, presieduto dall'imperatore Costantino che attenderà tuttavia il letto di morte per farsi battezzare, alla definitiva strutturazione della centralità e primarietà del "Vescovo di Roma" e della gerarchia con Papa Leone Magno (440-461). Papa Gelasio I (492-496) rivendicherà con forza l'indipendenza del potere spirituale. Si tornerà tuttavia ad avere come riferimento pratico il modello imperiale, cosa che porterà allo sfacio della Chiesa arginato con forza da Francesco d'Assisi e dalla corrente da lui iniziata e tutt'oggi proficuamente operosa, cui lo stesso attuale Pontefice (peraltro di Spiritualità ignaziana) si rifà. Un sintomo indiretto della questione della Donna nella Chiesa è anche il dogma dell'Immacolata Concezione: affermato con decisione da uno dei più grandi Filosofi medioevali, Giovanni Duns Scoto, non a caso un francescano, dovrà attendere i clamori di Lourdes nell'Ottocento prima di essere ammesso dalla Chiesa. Dopo il "Totus tuus" di Giovanni Paolo II e le sue forti dichiarazioni da apertura e più spazio alla Donna, rimaste quasi del tutto verbali al punto che qualche commentatore un pò sfacciato aveva sussurrato "... bisogna vedé s'è più spazio da lavà per terra..." sembra che finalmente si vada avanti (o indietro?) per davvero. Personalmente la vedo come la Chiesa d'Oriente: Maria di Magdala 13° Apostolo. Un Grande Apostolo.
francesco latteri scholten.

domenica 8 maggio 2016

Il Brennero e la 127: torna l'Europa dei Medici e dei Fuegger?


Almeno per il momento, con buona pace dei facinorosi delle varie fazioni, il muro al Brennero non si farà. Ci sarà invece una maggiore collaborazione tra le forze dell'ordine italiane ed austriache. Il grave problema migratorio si avvia ad una ulteriore miglioria anche se i problemi di fondo nella crisi mediorientale permangono, così come quelli integrativi tra Oriente e Occidente. La crisi del Brennero è tuttavia il sintomo di una crisi di fondo anche per quanto riguarda l'integrazione in ambito europeo tra i vari Paesi dell'Unione e non solo più segnatamente quelli dell'ex Europa dell'est. In particolare per l'Italia il momento della massima integrazione ed anche della massima espansione sui mercati europei, segnatamente il centro e nord Europa, porta l'immagine ormai sbiadita dagl'anni della mitica 127, il prodotto con cui la FIAT diventa il primo costruttore estero in Germania e non solo. Realizzata non grazie a Gianni Agnelli che la FIAT già all'epoca voleva togliersela, bensì al finanziere palermitano Enrico Cuccia, l'allora avveniristica utilitaria non solo trascinò con sé l'exploit del 


manifatturiero italiano in genere, ma nel suo settore portò alla commissione di notevole componentistica italiana da parte della stessa industria tedesca a cominciare dai marchi di prestigio del settore. Il centro e nord Europa totalizza da solo circa il 50% dell'export italiano. Da allora, siamo a metà degl'anni '70, di acqua sotto i ponti ne è passata e molte cose, soprattutto in ambito economico commerciale, ma anche produttivo industriale, sono cambiate. L'Italia ha preso maggiore coscienza della sua realtà geopolitica, al centro del Mediterraneo, e l'ha tradotta in termini commerciali e così i rapporti con i Paesi mediterranei e per l'Africa non solo con i Paesi affancianti sul mare, ma con il continente in genere, sono assai accresciuti, mentre in parallelo i rapporti 


commerciali con il centro e nord Europa, pur restando assai importanti sono notevolmente decresciuti con minus a due cifre. Il centro nord Europa, e segnatamente la Germania ha invece assai accresciuto il rapporto commerciale con l'Oriente e specialmente la Cina: 1/3 delle BMW ed 1/4 delle VW, ma vale per molti altri manufatti, sono ormai venduti in Cina. L'integrazione, come bene ci hanno insegnato Willy Brandt ed Helmut Schmidt, è anzitutto integrazione economica, questa già all'epoca la chiave della Ostpolitik che portò alla caduta del muro di Berlino. Questa integrazione, che per l'Italia nel centro e nord Europa ha avuto il suo massimo proprio con la 127, bissata dalla Uno, è andata poi sminuendo ed i flussi commerciali tornano a somigliare a quelli dei tempi andati in cui i Medici segnavano l'economia mediterranea ed i Fuegger quella del centro nord Europa da Parigi a Danzica, includendo ovviamente i celebri porti e centri commerciali delle città dell' HANSA, a cominciare da Amburgo...
francesco latteri scholten.