mercoledì 28 novembre 2012

Don Silvio e Forza Italia: il ritorno impossibile.


"Marcello: Zitto! Nemmeno una mezza parola! Guarda là dove se ne viene avanti di nuovo.
Bernardo: Con lo stesso aspetto del re ch'è morto.
Marcello: Tu che sei un letterato, Orazio, parlagli!
Bernardo: Non sembra il re? Guardalo bene Orazio.
Orazio: sembra proprio lui! Mi sento prendere da paura e sgomento!
Bernardo: Vuole che qualcuno gli parli.
Marcello: Interrogalo, Orazio."
(Shakespeare, Amleto, atto I, scena I)
E' forse la descrizione più calzante della scena del ritorno - pur'esso in una notte fredda scura e nebbiosa, quale l'attuale situazione economico politica e socio culturale - di Don Silvio e Forza Italia. La loro realtà di oggi rispetto a quella di allora è invero ancor più vacua ed evanescente di quella di un fantasma. E' forse significativo che il 1994 sia iniziato, era il I febbraio, con un fatto sacrilego del tutto inconcepibile per Roma: il furto del bambinello Gesù, che la tradizione vuole scolpito in legno di ulivo del Getsemani ed al quale da tutto il mondo giungevano le letterine dei bimbi indirizzate a Gesù bambino, dalla Basilica dell' Ara Coeli. Sono gl'anni di Enimont, l'ex Presidente Gabriele Cagliari si era ucciso in carcere a San Vittore il 23 luglio del '93, suicida anche Raul Gardini. Sono  gl'anni di tangentopoli: l' 11 febbraio 1993 Craxi si dimette dalla segreteria del PSI a seguito di un avviso di garanzia dei magistrati di Mani Pulite con 40 capi di imputazione. Il 20 giugno, sempre del '93 si vota per il ballottaggio per i sindaci di 145 Comuni, e per la prima volta un candidato della Lega Nord, Marco Formentini, diventa primo cittadino di Milano. Il 13 gennaio 1994 Carlo Azeglio Ciampi - ex Governatore della Banca d'Italia - si dimette dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. La DC si spacca in Partito Popolare, Centro Cristiano Democratico, e Cristiano Sociali. A destra, è sciolto l' MSI e costituita Alleanza Nazionale. E' in questo clima di totale sfascio politico ed economico che, il 26 gennaio 1994 Silvio Berlusconi sceglie di scendere personalmente nell'agone politico con un proprio movimento: il 3 febbraio un sondaggio Doxa individua proprio in lui l'uomo più amato dagli italiani ed il più adatto alla guida del Paese: carismatico, brillante, gioviale. Si tratta invero di un fatto inusuale per le democrazie occidentali e per le democrazie borghesi in genere: solitamente infatti gl'imprenditori - e specie i grandi imprenditori - operano indirettamente tramite politici di fiducia. Alle urne si va il 27 e 28 marzo, l' 11 maggio c'è il giuramento al Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, il 18 la fiducia del Senato con 159 voti contro 153 ed il 20 la fiducia della Camera con 366 favorevoli e 245 contrari. Inizia così l'epoca del triumvirato Berlusconi - Bossi - Fini. Segue un ventennio, chissà perché l'Italia è abituata ai ventenni, in cui è un succedersi continuo di scandali di ogni tipo e genere, economici, citiamo il caso Previti, citiamo il caso Mondadori, ormai giuridicamente chiuso, e di cui la farsa grottesca del "rapimento" del ragioniere di Berlusconi, negli ultimi giorni è stata uno squallido tentativo di riapertura. Gli scandali privati, si veda il caso "Ruby", la "nipote di Mubarak", e le altre vicende dei "festini", che vedono la partecipazione di gente del livello di Lele Mora o Emilio Fede. Quelli politici, dove si arriva alla fusione di AN con Forza Italia in un nuovo soggetto politico, sostanzialmente perché ognuno, Berlusconi e Fini, è convinto di far fuori l'altro e prendersi tutto. Infine con la "boffizzazione" dell'altra estate anche l'idillio con la CEI è chiuso. E', insomma, uno sfascio ancor più totale dello sfascio cui ci si era candidati in piazza ad essere gl' "eletti" per il superamento. In più c'è un aggravio morale, etico e giuridico: quelli di prima, a cominciare da Craxi, di fronte ad un avviso di garanzia avevano avuto il coraggio di dimettersi, quelli di oggi non si dimettono neanche più di fronte ad una condanna e vanno via solo perché con questa sono tolti per legge. Di più: nel frattempo emerge, non l'attiguità, bensì la contiguità con i protagonisti dello sfascio di prima: membro della P2 - Berlusconi, tessera n° 1572 - la stessa di Craxi ed Andreotti, di cui non s'è capito se "maestro" fosse Licio Gelli - condannato per depistaggio delle indagini sulla strage della stazione di Bologna - o lo stesso "divo"? Giulio ("divo" de che, de sta minchia?). Le vicende di dell' Utri, e quelle di Paolo Berlusconi, un proprio familiare diretto. Al di là delle implicazioni giuridiche, politiche, economiche - per quanto concerne l'Italia è stata portata sull'orlo del baratro, e per quanto concerne le proprietà proprie ormai una azione Mediaset è quotata meno di 1,7 Euro e le perdite del solo ultimo anno assommano al 25% - c'è il collasso d'immagine sia a livello nazionale che internazionale. C'è la più assoluta impresentabilità tanto di sé quanto del proprio entourage più diretto. L'unico viaggio possibile è quello - nell' Ade - per il regno dell'obblìo.
francesco latteri scholten.

giovedì 22 novembre 2012

Movimento 3L: torna in campo alla grande Giulio Tremonti.


 Un itinerario politico è spesso un cammino personale, frutto di un confronto tra sé e la propria identità ed i propri valori e gl'altri, le sitituzioni, insomma la polis. E, s'era capito, specie per chi aveva seguito non tanto l'agone politico, ma, ad es., la diretta dei dibattiti condotti da Michele Santoro, con la fulmineità del botta e risposta, con l'immediatezza dell'espressione, che già dai tempi di "Annozero", ancora più dagl'ultimi di "Servizio Pubblico", le posizioni di Giulio Tremonti, già quand'ancora era Ministro della Repubblica con il governo Berlusconi, fossero invero poco compatibili con quelle berlusconiane e meno che mai con quelle leghiste. Proprio in uno degl'ultimi dibattiti da Santoro la posizione dell'ex Ministro è diventata quanto mai esplicita: "Bisogna scorporare i le banche Casinò dalle banche e garantire la trasparenza ed il controllo delle transazioni finanziarie, altrimenti continueremo a trovarci come in quei videogame dove sconfitto un terribile mostro ne compare subito uno nuovo più terribile ancora e dalla crisi non si riuscirà ad uscire mai." E', espressa con grande capacità di sintesi, di semplificazione e con grande impatto concettuale la posizione che in proposito era sempre stata sostenuta anche dal sottoscritto: si vedano i miei articoli su Dodd Frank act e Basilea 3. Si tratta sostanzialmente di quanto si è tentato negli USA con la Volker Rule, ovvero il ritorno a quanto statuito dallo Glass Steagall act. E' ciò per cui si impegnano ad es. "Occupy Wall Street" e "Viola People". Personalmente rimasi stupito a fronte di questa presa di posizione e lo rimase la maggior parte del pubblico di Michele Santoro. Che queste posizioni non fossero conciliabili con quelle di Berlusconi, più vicine a quelle di Jamie Dimmon, è chiarissimo. Che non fossero compatibili con quelle della Lega era così chiaro allo stesso Tremonti da essere ormai già allora passato al Gruppo Misto. Del resto la citazione - sempre da Santoro - da parte dell'ex Ministro di realtà tratte da una sua recente lettura erano sinonimo di un suo confronto oltre che economico anche intellettuale e politico, ma soprattutto culturale con altri orizzonti: "Non so se o quanti di voi hanno letto "Impero"... " Si tratta di un ottimo volume di analisi politico-economica, forse il migliore scritto di recente, il cui autore è Antonio Negri. Se e nella misura in cui il movimento 3L porterà avanti le cose dichiarate da Santoro, avrà anche il mio più pieno sostegno.
francesco latteri scholten.

mercoledì 21 novembre 2012

Quando finirà la crisi.

 Al “quando” la crisi finirà è possibile dare una risposta ben precisa. Non si tratta – ovviamente – della specificazione cronologica di un preciso terminus ad quem temporale, come gl’economisti doc si sforzano con analisi accuratissime – benché false – di dare una risposta. Non si tratta qui né di creare allarme sociale, neppure di minimizzare la res. Si tratta di andare – qui in senso ovviamente economico – alle cose stesse. Sono proprio queste cose stesse quelle che vengono sistematicamente ignorate nella maggior parte, per non dire nella totalità, delle analisi che ci sono propinate. Si tratta sostanzialmente di due fattori, e con essi è possibile dare una risposta al quando la crisi finirà. Non si tratta di fare chissà quali sofisticherie, o scomodare chissà chi, basta il caro buon vecchio Adam Smith: la crisi finirà quando si giungerà all’equilibrio del sistema per quanto concerne i due fattori. Il primo fattore è quello della antinomia globale del sistema, dove per antinomia non si intende more solito la contraddittorietà, bensì l’essere anti Nòmos, ossia contro il diritto, contro la giustizia. E’ quanto denunciato già a suo tempo ed a ripetizione dal "Professore di Harvard", John Kenneth Galbraith, sia ne Il grande crollo, sia ne L’economia della truffa. Ci si riferisce al meccanismo – perfettamente legale – delle scatole cinesi e delle scatole cinesi combinate, grazie ai quali quelli che sono di fatto azionisti di minoranza possono muoversi legalmente come se fossero di maggioranza. Questo fattore è uno dei più importanti per quanto riguarda le ultime grandi crisi. E’ un fattore però storico in quanto è stato già il fattore precipuo del crollo di Wall Street nel 1929, e istitutivo della grande crisi mondiale degli anni ’30 del Novecento. Nessun legislatore in nessun Paese ha voluto porre rimedio a questa lacuna nomistica, che dunque permane. Il secondo fattore è un fattore attuale, contemporaneo, che colpisce tutto l’Occidente. Esso è dato e consiste in un movimento speculativo che è esattamente inverso a quello del secondo dopoguerra del Novecento, anni ’50 e ‘60. Lì un management intelligente aveva ben compreso non solo l’inumanità, ma soprattutto la fallimentarietà sul piano economico del capitalismo manchesteriano. Si era cioè capito che l‘ipersfruttamento del lavoratore era non solo abbrutente umanamente, ma distruttivo dell’economia in quanto tale. Si era capito che se il lavoratore invece che 350 euro di oggi al mese – come nei Paesi dell’Est – ne percepisce 1.100, può permettersi uno standard di vita più elevato ed in questo modo incrementare l’intero sistema economico. Oggi da un lato si deporta (uso il termine proprio) manodopera a costi infimi in Occidente, dall’altro si esportano le nuove fonti di occupazione, le fabbriche, in Paesi a basso costo di manovalanza, per poi rivendere i prodotti così ottenuti sul mercato “ricco” dell’Occidente. Ciò che qui in modo miope si ignora – o si finge di non vedere – è quale sia la causa della ricchezza del mercato Occidentale e soprattutto che così se ne distrugge l’origine attuando quella che di fatto è una vera e propria politica economica di terzomondializzazione dell’Occidente. Quando finirà la crisi? Quando, come voleva il buon vecchio Adam Smith e come ribadiva il Professore di Harward, si sarà giunti all’equilibrio.
francesco latteri scholten

venerdì 16 novembre 2012

Palestinesi: il popolo perseguitato dal carnefice nazista Netanyahu


Nietzsche osservava, già ai suoi tempi, che la religione ebraica fosse in realtà “la religione dei cani di razza” e che essa comprendesse per sua stessa natura in sé i germi della discriminazione e dell’olocausto, ed osservava le sue derivazioni secolaristiche nella società tedesca a lui contemporanea. Netanyahu e la sua politica danno un forte contributo a credere alle tesi di Nietzsche. La cosa più triste è quella che un popolo da millenni vittima delle persecuzioni, si mostra all’atto pratico incapace di qualsiasi altra relazione che non sia della tipologia di quelle che esso ha subito. Si costruiscono così dei muri, che sono quelli che hanno anzitutto una ubicazione ben precisa: sono nella testa di Netanyahu e di quelli come lui. Con la propria presenza non fanno altro che evidenziare ciò che gli si vorrebbe far negare: c’è un Popolo, un grande Popolo, quello Palestinese. C’è anche uno Stato Palestinese, quello di cui quel muro stesso denuncia la presenza. E’ nella relazione di Israele con quella di questo che si manifesta tutta la esiguità degl’israeliani del calibro di Netanyahu: si concepisce solo il ghetto e la comunità come comunità di ghettizzati, altrettanto per la concezione di Paese e di Popolo. Ossia si concepisce solo quella che è stata per millenni la propria realtà. L’atto primo della relazione è dunque la costruzione di muri e ghetti. Friedrich Duerrenmatt, uno dei premi Nobel per la letteratura del Novecento, in uno dei suoi racconti famosi – Abu Chanifa e Anan ben David – faceva osservare fin troppo bene come alla radice di certo agire, e prima ancora di certo pensare, vi sia una concezione della religione e della religiosità ed una interpretazione di esse, anche nelle derivazioni laiche, che rendono capaci di pensare in un solo modo: il carcere. Si è capaci di pensare solo in termini di carcere. Ed allora si incarcera un intero Popolo, un intero Paese, non solo, ma si spara a chi va a portare aiuto, sollievo, solidarietà. E si spara, conformemente a quella mentalità, secondo l’insegnamento di un autorevole esponente laico e secolarizzato di quella mentalità: Adolf Hitler. Si spara per uccidere. Sangue, sangue ed ancora sangue, quanto più e tanto meglio.
francesco latteri scholten.

giovedì 15 novembre 2012

Per l'Università pubblica sulle barricate con gli studenti anche loro: Tommaso e Sartre.


Era sulle barricate anche lui, con gli altri studenti, a combattere per la libertà di cultura, contro il privilegio di pochi. Contrariamente all'immagine che oggigiorno se ne ha, era tutt'altro che un dogmatico ed un conservatore: era un uomo di Spirito libero ed aperto, che studiava Aristotele quand'appena la Chiesa lo aveva tolto dall' "Indice", e lo studiava da un maestro - Alberto Magno - che non si era curato affatto che fosse all' "Indice". Era un ingegno vastissimo ed aperto alla vastità ed al confronto con tutti. Dobbiamo a lui e a quelli come lui - ad es. Bonaventura, suo contemporaneo - ed al loro impegno, alle loro lotte, di avere le Universitas. All'epoca non si distinguevano, come oggi, dalle "Scholae" per grado accademico, anche quest'ultime erano delle "Università". Le "Scholae" erano università private, non solo a numero chiuso, come oggi si direbbe, ma anche con rigidi criteri di ammissione non semplicemente culturali, ma, soprattutto, politico economici e religiosi. Le rette erano infatti cospicue e precludevano così lo studio ai più, inoltre per l'ammissione era richiesto un nulla osta tanto dell'autorità feudale che di quella ecclesiastica. Nelle città che all'epoca andavano estendendosi sorsero dunque delle nuove forme di "Scholae" - spesso sostenute anche da potenti di mentalità aperta, come l'imperatore Federico II ad es. per quella di Napoli - che si caratterizzavano per il fatto di essere aperte a tutti, senza vincoli economici, feudali o ecclesiali. Che si caratterizzassero cioé proprio per l' universalità, da qui il nome: Universitas. In sintonia con ciò anche la metodologia d'insegnamento e perciò la lezione. Non la lezione delle "Scholae", praticamente la lezione universitaria di oggi, con il professore "one singol man orchestra": lui se la canta e lui se la suona. Bensì la "Quaestio": un Baccelliere - assistente del Prof. - introduceva l'argomento illustrando le tesi a favore e quelle contrarie, quindi si teneva la "Disputatio" ed al termine il Magister - il Prof. - faceva il punto. Due volte l'anno poi, una a semestre, il tema della Quaestio era scelto liberamente e poteva riguardare qualsiasi argomento: ad quod libeta. L'opera di San Tommaso d'Aquino testimonia della bellezza di questa metodologia. La lotta fu aspra, e contro Tommaso e Bonaventura e l'Università pubblica che non si voleva e nella quale meno che mai si voleva insegnassero i frati, si scagliò addirittura tutto il clero secolare, guidato da Guglielmo di Saint Amour. Questi portò avanti accuse violentissime nella "De periculis novissimorum temporum" del 1255. Come si vede anche all'epoca i titoli erano quelli di oggi a testimonianza della pauperitudine di fantasia e della ristrettezza ed angustia mentale del conservatorismo sia dell'epoca che di oggi. Tommaso rispose con forza nella "Contra impugnantes Dei cultum et religionem". Dovette intervenire a più riprese il Papa stesso, Alessandro IV, ed ordinare ed imporre poi il rispetto di Tommaso e Bonaventura. L' Università in questione era la da poco istituita Università di Parigi, la "Sorbonne", all'epoca un fulcro di cultura progressista, oggi, ma già ai tempi di Sartre un covo di conservatori dogmatici. Sarà, piano piano lo spirito delle "Scholae" ad invadere la Sorbonne, mentre quello delle Universitas si sposterà altrove, in altre Università, ma soprattutto in altre istituzioni quali il celeberrimo "College de France". Da esse questo andrà all'arrembagio della Sorbonne come due secoli prima andò alla Bastiglia, simbolo dell' Ancienne Régime: ormai la celebre Università era del tutto una Schola. Ormai però, siamo nel maggio del 1968, non ci saranno più rappresentanti di nessun genere del mondo ecclesiastico a fianco degli studenti, neppure quelli dell' "Ordine dei Predicatori" come Tommaso o dell' "Ordine dei Mendicanti", come Bonaventura. Meno che mai un Papa prenderà posizione come fece Alessandro IV. Per quello che riguarda studenti e lavoratori anzi la maggioranza del mondo ecclesiastico pare persino quasi ignorare la "Rerum Novarum" di Leone XIII. Il clero contemporaneo sembra purtroppo quasi del tutto sulle linee di Gugliemo di Saint Amour e della "De periculis novissimorum temporum". Posizioni parallele - mutatis mutandis e considerata l'evoluzione dei tempi - a quelle che furono di Tommaso e di Bonaventura sono state sostenute invece da grandi laici come Jean Paul Sartre, il cui concetto di "Qualité" è del tutto assimilabile a quello tomista di "Habitus" con quanto ne consegue per l'etica, e come Michel Foucault, la cui interpretazione del soggetto - si veda ad es. "L'ermeneutica del soggetto" - è gravida di classicismo umanista. Entrambi però sono fortemente pregnati, specie Sartre, anche dalla cultura fenomenologica, e per entrambi l' "Intenzionalità" di fondo è volta al progresso ed ai diritti umani. La sopravvivenza dello Spirito delle Universitas, quello che ha dato il più grande contributo storico alla crescita non solo culturale e tecnica, ma anzitutto Spirituale, è dunque ormai interamente affidato alle mani dell'impegno laico, e, soprattutto purtroppo soltanto degli stessi studenti. Per loro, in mancanza di figure contemporanee valide, quelle mirabili, medioevali, quali quelle di Tommaso e Bonaventura, o del recentissimo passato come Sartre e Foucault possono essere un importante e significativissimo faro nell'oscurità e nelle nebbie della notte fonda contrassegnata dai vari Guglielmo di Saint Amour ecclesiastici e non di oggi.
francesco latteri scholten.

lunedì 12 novembre 2012

Legge elettorale, Stati Generali, Weimar e Repubblica di Salò



Premio del 10% alla coalizione che raggiunge o supera il 40% per consentirle la governabilità. Premio aleatorio per una quota aleatoria che nessuno può, dati statistici ed elettorali alla mano, raggiungere, neppure per ipotesi. Si tratta perciò di altro. Di cosa, lo si evince bene dalle dichiarazioni di un noto leader di centro, ex "Prima Repubblica", ex "DC" etc: costringere ad una coalizione per non essere spazzati via. La nostra classe politica, una classe feudale rappresentativa ormai solo di sé stessa, come il feudalesimo anterivoluzionario in Francia, quasi certamente senza saperlo, vista l'ignoranza politica della sua quasi totalità, segue il noto antecedente francese, di due secoli e mezzo fa. Del resto è lì che sono ancora le date dei cronografi che portano al polso. La proposta dell'ex leader scudocrociato, il personalismo ora gl'ha fatto aggiungere nel simbolo post diccì - don Silvio docet - il proprio nome, è del tutto analoga a quella, dopo la "giornata delle tegole" (7 Giugno 1788) di convocare, prendendo più tempo possibile, gli Stati Generali per il primo maggio 1789. Nel frattempo, a Parigi, il Parlamento boccia l'adeguazione della rappresentanza del "Terzo Stato" - oltre il 90% dei cittadini -. Ovviamente, come allora, bisogna fare di tutto per impedire la circolazione di scritti come "Che cos'è il Terzo Stato" dell' Abate Emmanuel Joseph Sieyes, così come pure dei "Cahiers de Dòleances". "Dio salvi la regina" - non è la Minetti -, è di questo che si tratta, di salvare il feudalesimo. Un feudalesimo che, a differenza di quello francese dell'epoca, è senza "dio" ed anche senza sé stesso, che non sa neppure più quale sia l'alto ed il basso, la destra e la sinistra. Perciò stesso un feudalesimo più squallido ed abbietto. Quello aveva le sue liturgie, questo ha i suoi Batmann ed i suoi Porci. Si vuole conseguire una specie di Weimar, ma quella era una democrazia, un qualcosa che questo feudalesimo di merda non riesce neppure a concepire, e che perciò va sempre più configurandosi come una Salò alle dipendenze delle Multinazionali come le leggi finanziarie del resto testimoniano ogni giorno di più.
francesco latteri scholten.

giovedì 8 novembre 2012

Voto USA: bocciato neoliberismo radicale già fallito economicamente


Con Romney - che ne è la più recente e diffusa incarnazione - l'elettorato americano ha bocciato il neoliberismo radicale, all'origine dell'attuale crisi mondiale. Furono infatti le politiche radical liberiste, cui portabandiera fu negli States Ronald Reagan (in Europa la Tatcher), a portare all'abbandono dello Glass Steagall act che nel 1933, dopo la gravissima crisi del '29, aveva separato banche e banche di speculazione finanziaria e regolamentato la trasparenza delle transazioni finanziarie e che fino ad allora aveva assai ben protetto e con ciò stesso fatto crescere l'economia americana. La concrezione definitiva di questo neoliberismo radicale fu il Gramm Leach Blealy act del 1999, grazie al quale, oltre ad abolire la distinzione tra banche commerciali e di speculazione, veniva praticamente abolito il controllo e la trasparenza delle transazioni finanziarie e di fatto istituiti i cosìddetti "derivati", una "invenzione" del banchiere italiano Michele Sindona (condannato per mafia e che poi fu "suicidato" in carcere). Sino ad allora i derivati avevano costituito lo 0,3% del mercato finanziario USA. Esito del Gramm Leach Blealy act fu la gravissima crisi del 2007, ancora perdurante, dovuta alla realtà ormai Monstre dei derivati: a fronte di un PIL di circa 55.000 Mld di $ ce n'era una montagna di ben 595.000 Mld di $. Il rapporto PIL / derivati negli States è attualmente di circa 70.000 / 648.000 Mld di $. Sono le cifre di un disastro economico di dimensioni planetarie quale non si era mai visto, dunque un fallimento anzitutto economico prima ancora che politico. Recentemente si è cercato di ovviare, nel 2011 - presidenza Obama -, con una nuova normativa, il Dodd Frank act, in cui Paul Volker ha tentato di reintrodurre lo Glass Steagall, ma dove il boss di J.P. Morgan, Jamie Dimmon altro leader radical neoliberista, ha speso oltre 100 Mln di $ in lobbismo, riuscendo a far introdurre tanti di quegli emendamenti ed eccezioni da praticamente vanificarlo. Evidentemente si tratta di un disastro anche voluto e premeditato da alcuni i quali credono di guadagnarci. Meglio, credevano viste alcune recenti realtà proprio sulla J.P.Morgan che proprio lo staff di Dimmon sta cercando di occultare. Oltre quelli economici, del neoliberismo dovrebbero far riflettere anche gl'aspetti politici e non solo per la richiesta a gran voce di affossare il Welfare State: il padre fondatore del moderno neoliberismo economico è stato infatti proprio quel famigerato Fireston cui si ispirò per il suo aberrante "Mein Kampf" nientemeno che lo stesso Adolf Hitler. Dovrebbe far riflettere anche il già citato nome di Sindona, come anche quello di un suo amico cardinale che gli diede pieno appoggio nella Chiesa, un certo Marcinkus. Dovrebbe far riflettere anche la cartina degli USA che mostra gli Stati in cui ha vinto Romney, personalmente rimasi allibbito: sono praticamente quelli dell'ex Sud schiavista. Ora, ad attendere Obama, dopo i dovuti festeggiamenti, c'è un compito immane: quello di far fronte al disastro senza precedenti che tutti in tutto il mondo stiamo ancora pagando amaramente, lasciato dal radical neoliberismo: dalla mentalità degli schiavisti, da quella di Fireston, dalle "geniali" invenzioni di Sindona, dalle reaganomics, dai vari Jamie Dimmon grandi e piccoli, americani e non.
francesco latteri scholten.

mercoledì 7 novembre 2012

VITTORIA.


 Con l' Iran ci sarà la trattativa e non lo scontro, e ci sarà una speranza in più per il popolo palestinese. Questo l'esito più immediato a livello internazionale e significativo per il Mediterraneo e dunque per l'Europa. Ci sarà - negli USA - l'assistenza sanitaria per oltre 35 Mln di assistiti che finora ne erano privi: i più poveri. Vittoria dunque della Pace e della Solidarietà. E' questa la vittoria di Obama. E' la vittoria di quella che Andrea Camilleri in un suo noto romanzo aveva definito nel titolo: "La mossa del cavallo", con riferimento all'omonimo pezzo degli scacchi. Il "cavallo" muove saltando e così il protagonista vince con un salto grazie al quale riprende sé stesso, la sua tradizione, il suo passato. Così Obama, che arriva e riparte da dove tutto era iniziato: da Chicago. Ma non è solo storia personale e politica dell'uomo. Il discorso d'insediamento al secondo mandato è stato il più bello, il più autentico, il più "Americano" nel senso più pieno e positivo che il termine possa assumere: nei toni e nella sostanza un discorso che è del tutto identificativo a quelli dei Padri Fondatori: Washington e Jefferson, con echi di quello che è a tutt'oggi il più famoso Presidente americano, Abraham Lincoln, e del politico di origine africana più conosciuto, Martin Luther King. Un reinsediamento più bello dell'insediamento, al primo mandato, perché meno utopistico ed illusorio, ma proprio per questo di maggior speranza per una sana realpolitik. Una festa cui erano presenti tutti quelli che lo hanno sostenuto: Bill Clinton, Bruce Springsten, per citare i più noti, ma anche tanti, tanti altri, quelli che come lui - e noi - credono nei valori e nei principi dei Padri Fondatori, nella dignità della persona senza distinzioni di sesso, di razza, di ceto sociale ed economico. Adesso inizia il lavoro durissimo di portare avanti la democrazia vera: "Siamo il Paese più ricco, ma non siamo ricchi per la nostra ricchezza, abbiamo l'esercito più forte, ma non siamo forti per il nostro esercito" è una delle tante frasi pregnanti pronunciate dal neorieletto, ma: "La vera forza del nostro Paese, del nostro Popolo è la Libertà, sono i nostri valori", quelli dei Padri Fondatori. L'America riparte dalla mossa del "cavallo", da Washington, Jefferson, Lincoln e King.
francesco latteri scholten

martedì 6 novembre 2012

Sì ad Yvan Sagnez sindaco di Castelvolturno


Il Comune di Castelvolturno - sì proprio quel Castelvolturno in provincia di Lecce da cui è partita la rivolta contro il caporalato - è stato, tanto per cambiare, ma i fatti lo lasciavano presagire assai bene, commissariato per mafia, più esattamente per Sacra Corona, lì si chiama così. A voler essere più precisi ancora dare un nome è difficile perché c'è anche la mafia russa, quella nigeriana e la longa manus di altre ancora. Castelvolturno non è però una realtà solo connotata da istituzioni caratteristiche del degrado, ma anche, e fortemente, come proprio la rivolta contro il caporalato denuncia, da forze socioculturali dal grande impegno civico, anche proprio da parte di cittadini immigrati. E' proprio grazie ad essi - e purtroppo nella quasi indifferenza all'impegno civico in proposito da parte di cittadini italiani - che si è giunti alla approvazione della recente legge sul caporalato, una realtà vergognosa che da oltre un secolo imbratta il civismo del mondo del lavoro in Italia. Adesso, grazie all'impegno di camerunensi come Yvan, c'è una legge in più a sancire quei diritti e doveri che la ns carta costituzionale aveva già sancito. Un impegno ed un merito che da soli - anche nei Paesi restii a concederla - darebbe il diritto alla piena cittadinanza. E' da qui che nasce la proposta lanciata intelligentemente da Roberto Saviano: evidenziare i valori positivi del laboratorio Castelvolturno e farlo mettendo in  primo piano i meriti ed i meritevoli, e, visto che il comune è commissariato per mafia, perché non riscattarne l'immagine con la candidatura di chi si è distinto per civismo, come Yvan? Yvan Sagnez, per parte sua, è impegnato anche in una nuova lotta civica, che in passato ha riguardato anche tanti italiani e che in parte sta tornando a riguardarli: quella per la cittadinanza dei propri figli, nati in Italia, contro la diffusa apolidia cui questi sono esposti. Non sono nati nel Paese di origine e questo non li conosce, neppure per cultura lingua e tradizioni che infatti, essendo nati e vissuti in Italia, sono quelli italiani, e, a sua volta, l'Italia non li riconosce. Basterebbe qui la applicazione dello ius soli che la tradizione giuridica classica del resto ha sempre riconosciuto e che per altri aspetti anche la tradizione giuridica italiana ha sempre riconosciuto.
francesco latteri scholten.

domenica 4 novembre 2012

"La Montessori è una p...": ovvero la concezione della donna nella politica italiana (e occidentale)


 "La Montessori è una puttana". Perché? Perché frequentava (con profitto e più di molti colleghi maschi) l'università e perché aveva - nientemeno - la pretesa di essere lei a decidere con chi stare e chi non, di chi essere la ragazza, con chi fidanzarsi, e, udite, udite, con chi sposarsi. Tutto questo non in Pakistan, ma nell'Italia di non troppi anni addietro. La morale era quella vittoriana, il sesso era tabù vincolato dalla incoerenza totale: finto asservimento ufficiale - con assassinio della vita civile e sociale di chi non lo faceva -, libertinaggio totale sottobanco: è chiaro che ci siano puttane e bordelli e che si frequentino assiduamente, tutti, ecclesiastici compresi. Quanto al matrimonio era chiaro che fosse non una scelta matura e responsabile di due giovani, ma cosa da grandi, come in Pakistan ancora oggi. Sul piano scientifico Maria Montessori almeno - sia pure tra una miriade di ostacoli ed ostracismi - riuscì a dimostrare con successo la validità del proprio metodo. La morale vittoriana non vigeva solo in Italia, ed altrove scrittrici come Virginia Woolf dimostrarono con successo che anche le donne sanno scrivere e bene e che hanno il diritto di farlo e con il proprio nome di donna, appunto, e non mascherandosi, come fino ad allora sotto le mentite spoglie di uno pseudonimo maschile come George Sand, la scrittrice compagna di Chopin. Paradossalmente, proprio lì dove una concezione del genere potrebbe sembrare più lontana, come nella pornografia, si dovrà attendere gli inizi degli anni '90 - un secolo in più che in letteratura - perché una regista si firmi con nome di donna e non con uno pseudonimo maschile e possa essere rappresentata non la donna bambola gonfiabile animata finalizzata al piacere del "maschio" - se tale poteva considerarsi - ma la donna, la sua sessualità ed il suo piacere. Proprio il caso della pornografia ci mostra che si tratta di una concezione al tempo stesso radicalmente razzista: finché il "maschio" bianco si "faceva" in tutti i modi tutti i tipi di femmine di tutte le razze tutto era a posto, appena negli USA è uscito il primo film dove un nero si faceva una bianca lo si è dovuto ritirare dal commercio. Tuttavia, il caso Galileo l'aveva già mostrato, una verità scientifica non è necessariamente anche una verità sociale, così occorrerà tutta "La force de l'age" e "Le deuzieme sexe" di Simone de Beauvoir, filosofa e compagna di Sartre, e Sartre stesso ed il '68 per uscire, almeno in parte da quella concezione. Occorreranno denunce ed impegni di successo quali quello di Julia Roberts con "Mona Lisa Smile" per continuare a combatterla. Una concezione, a dispetto dell'apparente e finto liberalismo della nostra società attuale, tutt'altro che sradicata. Basta a dimostrarlo la cronaca nera, le centinaia di donne uccise ogni anno, spesso proprio dai loro "uomini". Si tratta di una concezione sociale trasversale che va dalla destra radicale alla sinistra, passando per un "centro" che in proposito è alquanto di destra, e dalla quale forse solo una miltanza più fieramente di sinistra è, in parte, esente. Del resto la guida politica dell'Italia dell'ultimo ventennio e, soprattutto, la sua nomenklatura si è mostrata di fatto vittoriana e restauratrice quanto non mai, come appare evidente dalle vicende non solo dei festini - pare orgiastici - di Arcore, o della vicenda "Ruby" e similari, ma più ancora dalle battute e battutacce sulle donne di cui si ha la concezione come ai tempi della Montessori e di cui si pensa come di lei allora. Ci si cerca di sbandierare in piazza per progressisti e liberisti, ma poi la vera concezione che si ha è quella vittoriana. L' "altrove" politico non è meglio e la recente boutade di Grillo, che non è isolata, denuncia che anche il nuovo progressista supersociale è solo un uomo vecchio che non ha una concezione sociale nuova perché la sua concezione della donna e perciò dell'uomo è vecchia e per di più è la stessa di quella degl'altri. Ma è dalla concezione e quindi dalla collocazione sociale della donna che si misura la realtà del progresso di una società e Tacito ed altri ci testimoniano che i Germani ed i Celti oltre duemila anni fa erano più progrediti.
francesco latteri scholten

venerdì 2 novembre 2012

The Company You Keep, atto dovuto di Robert Redford


Bob "il rosso" torna ancora - dal 20 dicembre nelle sale italiane - con la sua impareggiata maestria di attore, con il suo talento ed il suo fascino, con il suo impegno civico. Le sue immagini più belle ce lo ritraggono nei panni di Davide contro Golia: il giovane intellettuale arruolato dalla CIA che scopre i giochi di potere dei servizi deviati per conto delle multinazionali e lotta contro per la libertà di pensiero e di stampa, riuscendo ad aggirarli; l'anziano dirigente - sempre della CIA - che a poche settimane dal pensionamento, mette in gioco tutto per salvare un collega più giovane che aveva arruolato nell'agenzia a suo tempo in Medio Oriente, e lo salva mettendo in scacco l'agenzia stessa;  Quello di Redford è il volto del cittadino in lotta per l'affermazione della propria indipendenza e della propria libertà. E' così anche per il tranquillo avvocato di provincia  di "The Company You Keep" che sotto la cenere conserva ancora molti tizzoni ben accesi dell' ex militante di Weather Underground in lotta per i diritti civili e contro la guerra in Vietnam all'insegna dei versi di Bob Dylan: "You don't need to be a weatherman to know which way the wind blows". Con lui è impegnato nella lotta un cast d'eccezione: Julie Christie, militante forte ed impegnata, che si lancia contro banche e multinazionali in un comizio "à la force de l'age", Susan Sarandon arrestata mentre fa benzina ma che non si rinnega, e, per il veterano indomito, un "duro" di Hollywood: Nick Nolte. Una militanza per la cui vita futura potrebbe valere quella leggenda di cui parla un importante filosofo italiano - dal discusso passato anch'egli - Antonio Negri, nell'ultima pagina di un suo recente best seller internazionale - "Impero" - : "C'è un'antica leggenda che potrebbe illuminare la vita futura della militanza: la leggenda di San Francesco di Assisi. Vediamo quale fu la sua impresa. Per denunciare la povertà della moltitudine, ne adottò la condizione comune e vi scoprì la potenza ontologica di una nuova società. Il militante fa lo stesso nel momento in cui identifica nella condizione comune della moltitudine la sua enorme ricchezza. In opposizione al capitalismo nascente, Francesco rifiutava qualsiasi disciplina strumentale, e alla mortificazione della carne (nella povertà e nell'ordine costituito) egli contrapponeva una vita gioiosa che comprendeva tutte le creature e tutta la natura: gli animali, sorella luna, fratello sole, gl'uccelli dei campi, gli uomini sfruttati ed i poveri, tutti insieme contro la volontà di potere e la corruzione. Nella postmodernità ci troviamo ancora nella situazione di Francesco a contrapporre la gioia di essere alla miseria del potere."
francesco latteri scholten