lunedì 28 maggio 2012

IOR ed emblema del pontificato di Benedetto XVI: la rimozione della carogna di De Pedis da S. Apollinare.


 Walter Veltroni, ex sindaco della città di Roma, personaggio autorevole del mondo politico e socio culturale italiano e membro della commisssione parlamentare sulle stragi, ha commentato così: "E' un grande successo per la civiltà, per l' Italia e per la città di Roma che il cadavere di uno dei capi storici della "banda della Magliana" sia stato rimosso dalla basilica di Sant' Apollinare." E' un fatto non soltanto storico bensì emblematico per il pontificato di Benedetto XVI. Viceversa, il fatto che stesse lì testimonia anche, ahimé, quali collusioni indicibili vi fossero in Vaticano e nella Chiesa. Collusioni che, al pari di altre indicibili realtà, Papa Ratzinger ha sempre combattuto con una linea teologico politica assolutamente nuova il cui carattere di novità è inscritto essenzialmente nella sua coerenza ed autenticità e perciò impegno per un vero rinnovamento: quello etico e morale. E' da esso che origina anche il recente impegno del pontefice nel settore economico finanziario che, per il Vaticano, ha connotazione di assoluta novità: il decreto per la trasparenza nelle trasazioni economico finanziarie da applicarsi anzitutto allo IOR. Un nome che - almeno per tutti gli italiani - evoca la quint'essenza del losco, del disonesto, del criminale, insieme a nomi quali quello del famigerato Card. Marcinkus, di Michele Sindona, di Roberto Calvi, di Licio Gelli, per citarne solo alcuni. E sarà anche vero che Marcinkus è stato rimosso, che Sindona e Calvi sono stati suicidati, ma è vero anche che uno dei più noti cardinali italiani - che avrebbe dovuto tutelare l'esecuzione del decreto papale - ha subito dato testimonianza della propria "obbedienza" al Papa emanando una circolare interna che di fatto aggira e vanifica il decreto del Pontefice, a testimonianza che quegli indirizzi ed interessi hanno continuato ad esistere portati avanti da altre facce e nomi. Un famoso recente film su un celebre politico della "Prima Repubblica", il cui nome è immediatamente evocato da quelli citati, "Il divo", su Giulio Andreotti, riporta la scena, immaginata, di un dialogo tra Andreotti ed Eugenio Scalfari in cui si connotano e confrontano una concezione politico teologica alienata della "Provvidenza", quella di Andreotti, e una concezione della realtà quale frutto del "Caso", quella di Scalfari. Riprendendo quest'ultima possiamo affermare che è certamente un "Caso" che gli attuali scandali del Vaticano dal "Caso" del maggiordomo, al "Caso" delle dimissioni di Gotti Tedeschi, dallo IOR, guardacaso, avvengano proprio all'indomani della emissione del decreto papale sulla trasparenza bancaria. Nella concezione andreottiana de "Il divo" potremmo parlare sicuramente di "Divina Provvidenza". Personalmente a certi "casi" non ho mai creduto e certe "Divine Provvidenze" mi hanno sempre puzzato sino allo schifo di zolfo.
francesco latteri scholten.

domenica 27 maggio 2012

Solidarietà a Benedetto XVI. Chiesa come ai tempi di Galileo?


 "La Casa di Dio non è, purtroppo, solo luogo di colombe, ma anche di corvi, avvoltoi e sciacalli. (...) Vi sono diversi gruppi, anche tra i servitori di Dio ed i suoi Pastori che ormai, come ai tempi della torre di Babele non si comprendono neppure più perché in realtà non servono più Dio ma se stessi e le proprie opinioni e per questo parlano lingue diverse e le parole degli uni risultano incomprensibili agli altri. (...) La comprensione reciproca, anche se si parlano lingue diverse, è infatti un dono dello Spirito, concesso da Dio a coloro che Lo servono con il cuore, l'unità che scatirisce dalla molteplicità, la preghiera di Gesù al Padre: "ut unum sint"." Così Papa Bnedetto. Nulla più delle letture di oggi, giorno di Pentecoste - una delle solennità più grandi - è adatto a commentare in profondità e vatsità al tempo stesso, le presenti gravi e travagliose vicissituni della Chiesa. Colpisce - e questa volta più del solito che è comunque immenso - la grandezza e la levatura intellettuale di Benedetto XVI e la sua capacità di porsi oltre e cogliere appieno i "segni dei tempi" - e sono tempi tristi - : non il singolo, non il fatto isolato, ma, dall'alto, dall' al di sopra di esso, la visione d' insieme. Colpisce il suo coraggio, il coraggio di denunciare le cose. C' è all' interno della Chiesa una visione diversa e contrapposta tra gruppi diversi, la quale è ormai sfociata in guerra aperta e senza quartiere. Era accaduto, è il precedente storico illustre, già ai tempi di Galileo Galilei. Si fronteggiarono allora il "partito" degli "ispanici" capeggiati dal "Papa nero" ovvero il generale dei Gesuiti, ed il "partito" dei filofrancesi con a capo il Papa mediceo. Galileo, protegé del Papa e di fatto suo scienziato di corte, fu in segreto accusato di atomismo, accusa che lo avrebbe portato al rogo. Il Card. Bellarmino riuscì a pilotare il processo sulla questione del copernicanesimo, di fatto già accettata dalla Chiesa. Galileo, salvato dal rogo, fu interdetto ai suoi uffici, gl'accusatori tasferiti in località sperdute, era già pronta anche la bolla per lo scioglimento dell'ordine dei Gesuiti. il Papa non era uno sprovveduto ed era di modi un pò più spicci di quelli gentilizi di Benedetto XVI. La linea culturale religiosa e sociopolitica filofrancese del Papa era però abbattuta e la Chiesa ne subì due secoli del peggior oscurantismo clerico religioso. Dietro una concezione religiosa e perciò anche socio politica ed economica del mondo, dell'uomo e della società si celavano ovviamente interessi cospicui ed i partiti in lotta non erano solo i due protagonisti aperti della scena, già ben "dotati", basti pensare agli intreressi economici dei Medici, banchieri del Re di Francia. C'era un altro partito, presente con forza nell'Europa del Centro Nord, e qui basta citare un altro nome, quello, famigerato, di un' altra dinastia di banchieri: i Fuegger. Preghiamo perché questa volta a vincere non sia alla fine l' oscurantismo bensì il progresso, la Chiesa e noi tutti neabbiamo immenso bisogno, preghiamo per il Papa, un grande Papa e per la Chiesa, preghiamo per il dono dello Spirito e per la caduta di Babilonia.
francesco latteri scholten.

giovedì 24 maggio 2012

No Eurobond: ragioni della Merkel ed aleatorietà di Hollande e Monti.


 Bene, anzi benissimo il no di Angela Merkel agli Eurobond. Con gli Eurobond infatti non si fa nessun progetto serio e vero di sviluppo economico, né a livello nazionale né europeo, ma, semplicemente, si sposta un mostro da un piano ad un altro: da quello nazionale a quello sovranazionale. Il mostro - non minimamente intaccato - resta lì, più bello e più forte che mai. Nè, tantomeno, si va ad intaccare o a colpire la macchina genera mostri che lì era e lì rimane. La macchina genera mostri sono le leggi di presunta liberalizzazione che - per gli USA ma incide e vale anche per l'Europa - dal 1979 hanno pilotato fuori dal contesto del Glass Steagall Act del 1933 e poi il Gramm-Leach-Blealy Act del 1999 che lo hanno del tutto accantonato ed hanno di fatto istituito i famigerati "derivati". Soli quattro anni dopo essi costituivano una bolla per i soli USA di 197.000 mld di $ a fronte di un PIL di 37.000. Nel 2007 la bolla ormai giunta a quota 595.000 mld di $ a fronte di 55.000 mld di PIL scoppia e provoca la crisi di cui ancora oggi abbiamo gli strascichi. Poiché non potevano lasciarsi fallire importanti banche, imprese finanziarie e non, enti e società, sono intervenuti gli Stati sovrani: di fatto una maxi operazione finanziaria il cui esito è stato quello di un primo spostamento del mostro: dal privato al pubblico. Debiti privati, causati da privati e dal loro agire incauto ed illecito sono stati trasformati in debito pubblico. Ovviamente a nessuno dei vari banchieri e finanzieri si è chiesto di rendere conto anche penalmente delle proprie azioni. Sono lì, magari li si è anche promossi. I loro conti li paghiamo tutti noi, ogni volta ad es. che andiamo a fare benzina o la spesa. Li paghiamo noi privati cittadini quando un certo dott. Mario Monti, già uomo della Goldmann - Sachs, si fa venire una bella ideuzza di niente per ridurre lo Spread: telefona a Draghi, altro emerito, fammi un favore: togli il vincolo ai 1.000 mld di euro che la BCE sta stanziando per imprese e privati e lascia invece una semplice indicazione preferenziale. Risultato: le banche con quei soldi invece di finanziare imprese e cittadini, ossia l'economia reale, hanno acquistato BTP e lo Spread è sceso e gl'imprenditori ed i privati in compenso si sono anche suicidati. Bravi! Ci voleva una laurea in economia per una minchiatina di queste. Tre settimane dopo lo Spread ha cominciato a risalire a dimostrazione del fatto che si trattasse appunto di una minchiatina di niente. Adesso, grazie all'aiuto di Holland, si è partorita una nuova idea geniale: il mostro che ieri da uomo di Goldmann Sachs si è contribuito a spostare dal piano privato a quello pubblico, lo spostiamo da quello pubblico nazionale a quello pubblico sovranazionale. E bisognava essere in due per concepire una nuova minchiata di queste! La Merkel, che, di contro, ha la serietà teutonica, ha ragionissima a dire di no ed a dirlo con forza, ad esigere politiche economiche vere, che chi ci vuole stare ci stia e chi no se ne esca. E' giustissimo dire no ai trucchetti dei bancarellisti del giochino delle tre carte, come quelli che per vent'anni abbiamo avuto in Italia - e non solo, sic! - e che ci hanno portato qua dove siamo. Spostare il mostro significa non solo non risolvere nulla, ma accrescerlo ulteriormente.
francesco latteri scholten.

mercoledì 23 maggio 2012

Dodd Frank Act e Volcker Rule: l'oggetto del contendere tra Occupy Wall Street e Jamie Dimmon di JP Morgan.


 Era già accaduto nel 1929 - il venerdì nero - il crollo di Wall Street, un grande maestro dell'economia vi ha dedicato un ottimo e prezioso saggio, "Il grande crollo", e, addirittura il governo USA aveva provveduto nel 1933 con il Glass Steagall Act che separava le attività delle banche commerciali da quelle di investimento. Si è poi proceduto in direzione apertamente contraria a partire dalle modifiche al Glass Steagall nel 1979 con misure di liberalizzazione e poi, soprattutto, nel 1999 con il Gramm-Leach-Blealy Act che costituì le basi per la libera attività degli intermediari finanziari, perciò dei "derivati" e con ciò della gravissima crisi del 2007. Ovvero dal '79 e segnatamente dal '99 si è tornati a posizioni similari a quelle pre '29 e pre '33. Dopo la crisi del 2007 si è cercato di invertire la rotta e riprendere gl'indirizzi del '33, sia per le forti tensioni sociali ovunque create dalla crisi stessa e dalla sua gravità, sia per quella esercitata con tenacia dai movimenti quali Occupy Wall Street ed Indignados, ma anche da rappresentanti del mondo religioso - tra gl'altri il Rev. Seamus Finn, missionario cattolico - e da rappresentanti dello stesso mondo della finanza, quali Paul Volcker ex presidente della Federal Reserve. Si è così giunti nel 2010 anche in base alle indicazione emerse dai vertici del G20 di Londra e Pittsburgh sia in Europa, all' approvazione da parte di Congresso e Senato della legge sul sistema bancario USA: il Dodd Frank Act (DFA). Esso è una legge federale degli Stati Uniti firmata dal Presidente Barack Obama il 21 luglio 2010. Il testo è di lunghezza inusuale - e ciò dovrebbe far riflettere - per la tradizione giuridica anglosassone: 16 Titoli per 2315 articoli e 2319 pagine in cui si disciplinano: rischi sistemici e intermediari sistemicamente rilevanti, standard di capitale e liquidità, protezione dell’investitore e disciplina dei valori mobiliari, corporate governance e meccanismi di compensazione, tutela dei consumatori. Il Dodd Frank Act è destinato tanto alle banche commerciali quanto a quelle di investimento, esso ridisegna il sistema di regole e controlli sugli intermediari e sui mercati finanziari e rivede la struttura delle autorità di vigilanza. Trattandosi di una normativa di primo livello, i regolamenti attuativi (in corso di emissione) avranno un ruolo fondamentale per evitare situazioni di vantaggio o svantaggio competitivo tra le istituzioni finanziarie e riconducibili esclusivamente a differenze regolamentari. Il DFA include, con uno spazio di circa 11 pagine, la cosìddetta Volcker Rule, dal nome del suo propositore Paul Volcker, la quale vieta alle banche la speculazione con mezzi propri e così sancisce la separazione tra banche commerciali e banche di investimento, costituendo di fatto una specie di ritorno soft al Glass Steagall Act del 1933. La Volcker ha funzione di garanzia e tutela nei confronti delle banche di deposito evitando loro i rischi provenienti da investimenti in settori volatili come i derivati. Se si confrontano le dimensioni dei testi, le 32 paginette del Glass Steagall Act con le 2319 del DFA e le 11 del Volcker Rule con le 298 degli emendamenti e delle eccezioni che vi si vogliono apportare si ha idea della forza con cui i contendenti si confrontano, psecie i lobbisti, la JP Morgan ha infatti investito ben 100 Mln di $ in attività di lobbismo. Si tratta di una legge approvata, dunque i contrasti sono sia per le eventuali modifiche, sia e specialmente per le normative di attuazione nelle quali dovrà essere dettagliato il modus operandi e l'effettivo agire del DFA. Intanto i derivati hanno raggiunto la cifra record ed inimmaginabile di 650.000 miliardi di $, cui fa riscontro un PIL USA di "soli" 70.000 miliardi di $. Ognuno può facilmente immaginare cosa il raffronto di queste due cifre significhi e quale spada di Damocle finanziaria stia pesando sulle teste di ognuno di noi.
francesco latteri scholten.

martedì 22 maggio 2012

Magnifico Orlando a Palermo: uno schiaffo al politichismo di partiti e segreterie.


 Il 72,6% dei voti, un suffragio, più di una vittoria "bulgara" perché spontanei e naturali, dal cuore e "coram populi". "Uno schiaffo al politichismo di partiti e segreterie, adesso la città e una politica vera", questo il commento del neoeletto sindaco di Palermo. "Si tratta di una empasse di pensiero dalla quale è necessario ed urgente che i partiti capiscano che bisogna uscire", così ancora Leoluca. Il politichismo dei partiti, che ne ha combattuto aspramente la candidatura, è invero - concordiamo con lui - uno dei fatti, forse il più importante, tra quelli che finiscono con l'esautorare la volontà dei cittadini e riducono la democrazia a feudalesimo dei potentati di partito. Anche e proprio a "sinistra", perché quelli che hanno combattuto contro la candidatura di Orlando sono appunto PD e SEL che avrebbero dovuto maggiormente sostenerla perché della stessa coalizione e perché in quella coalizione Leoluca è - indiscutibilmente - il candidato di maggior esperienza e - sempre indiscutibilmente - capacità. C'è un nome del mio passato, ma anche del suo, che mi lega a Orlando, un nome cattolico, famoso ai tempi in cui frequentavo la Palermo di cui allora egli era il sindaco e che in quella veste ha portato ad una nuova "Primavera". E' un nome dal quale dopo una iniziale affinità Orlando si è separato: quello del rettore - e mio Professore - della scuola politica che a quei tempi frequentavo, il "Pedro Arrupe" dei Gesuiti di Palermo: Padre Bartolomeo Sorge S.J.. I Gesuiti sono buoni maestri ed i loro insegnamenti rimangono, anche se ci si incammina per altri sentieri. E, soprattutto, rimane la "capacità" il saper leggere i "segni dei tempi" che essi sono in grado di trasmettere, il senso civico, l'umanesimo, e la cristianità intesa nel suo senso più alto, anche se poi si è "laici". Un "in bocca al lupo e crepi il lupo" al miglior sindaco della Palermo del Novecento, che - come avrebbe fatto S. Ignazio - si è già immediatamente messo all'opera, non per la politica, né tantomeno per i partiti, ma per la città ed i cittadini: la testimonianza migliore che un politico possa dare. I Palermitani hanno scelto ed hanno scelto bene. E' un grande segno anche per l'Italia.
francesco latteri scholten.

domenica 20 maggio 2012

Attentato di Brindisi: mafia o terrorismo? Destabilizzazione e strategia della tensione.


Sabato 19 maggio, mancano poche decine di minuti al suono della campanella per l'entrata a scuola, nei pressi dell'istituto intitolato a Francesca Morvillo e Giovanni Falcone frequentato prevalentemente da ragazze, all'altezza della fermata dei pulmann provenienti da Mesagne, la Corleone della "sacra corona": esplode un ordigno di costruzione artigianale costituito, di tre bombole di gas e timer. Cinque ragazze ferite, di cui una gravissima, ed una sedicenne - Melissa - deceduta. Il papà di Melissa lavora con "Libera" di Don Ciotti, attiva, come del resto l' istituto intitolato a Francesca Morvillo, contro la criminalità organizzata, rappresentata sul territorio dalla "sacra corona". Libera lavora su terreni e beni confiscati alla criminalità. A Mesagne doveva far tappa per giungere domenica a Brindisi, la "Carovana" di Don Ciotti e "Libera" per la legalità. Questi - in estrema sintesi - i fatti. Aperta la pista mafiosa, ma non esclusa quella terroristica da parte degli inquirenti. Stessa posizione da parte di magistrati esperti di settore quali Giancarlo Caselli e Antonio Ingroia. Giancarlo Caselli sottolinea la vigliaccheria e l'efferatezza del gesto, ma evidenzia anche la mancanza - al momento - di elementi che possano escludere una delle due matrici, specificando però che entrambe si collocano in un contesto di destabilizzazione. Simile la posizione di Ingroia il quale ricorda anche la strategia della tensione degli anni '92 - '93. Invero si tratta di un attentato anomalo, sia che si voglia propendere per la "pista" mafiosa che per quella terroristica: né la mafia, né i terroristi infatti usano le bombole di gas, né - di solito - colpiscono scuole. Si tratterebbe, per gl'uni come per gl'altri di un "salto di qualità". Aggiungo però che in una politica di destabilizzazione, che si serva o ordisca una strategia della tensione, può trovarsi la coesistenza di entrambi gli elementi: un fatto gravissimo quale la strage di Bologna infatti ci insegna che lì vi furono sia elementi facenti parte della banda della Magliana, sia elementi dell'eversione e tra quelli che tiravano i fili anche massonerie deviate e servizi deviati. Comunque sia la storia recente del nostro Paese ci insegna che fatti del genere accadono preferenzialmente in momenti di grande precarietà socio politica come quello attuale e che ci sia chi in questi momenti getti benzina sul fuoco. Sia "Libera", sia la società civile hanno saputo reagire con fermezza, prontezza e forza: no al ricatto ed all'intimidazione e sì alla grande manifestazione per la legalità e la libertà. Sì alla lotta per la legalità.
francesco latteri scholten.

giovedì 17 maggio 2012

Come il Trota anche ai massimi vertici di Yahoo e della politica europea.


 Dimesso Scott Thompson, l' ad di Yahoo per laurea millantata. La lista è lunga e, come l'ultimo, include tra gl'altri, nominativi ben più eccellenti di quello del Trota: c'è l'ex presidente ungherese Pal Schmitt, l'ex ministro della difesa tedesco Zu Gutenberg, l'ex eurodeputata Silvana Koch Mehrin. Loro la laurea non l'hanno millantata come Scott Thompson, né comperata in Albania, ma solo più o meno copiata in quantitativi che vanno dagli spezzoni alla totalità. Comunque sia, le cronache ci hanno ormai evidenziato che certi fenomeni, che non sono solo di malaffare e corruzione, ma anche, come in questo caso, anzitutto di cultura, anzi di concezione culturale, non appartengano solo al "meridione", ma siano ben radicati anche al nord e, addirittura, al di fuori del territorio nazionale. Di più: sono fenomeni che si inseriscono - e bene, purtroppo - persino nel mondo scientifico - tecnologico. Parliamo di una cultura la quale non è più assolutamente capace di concepire la laurea come certificazione di una qualifica e dunque della acquisizione di capacità tecniche. Ormai la laurea è considerata sempre più come una specie di onoreficienza, un attributo meramente onorario. Il "dottore" sostituisce ormai il "don", ma in ciò perdendo la propria connotazione specifica e dunque la qualifica, per assumere semplicemente una onorarietà priva di qualsiasi connotazione qualificante ossia tecnico scientifica e specialistica, e così, alla fine, perdendo anche l'onorarietà. Don era l'appellativo introdotto dalla nobiltà ispanica, come manzoniane memorie ci rammentano, era divenuto quello del notabilato, ma poi anche quello dei "boss" malavitosi. Si tratta tuttavia di realtà, come ben dimostra il romanzo del Manzoni, non solo non distinte, ma addirittura attigue, sconfinanti le une nelle altre come testimoniano personaggi quali "don" Rodrigo, o il conte Attilio, personaggi non frutto delle fantasie dell'autore, ma robustamente ispirate da figure autentiche tratte dalla realtà storica. Il "don" viene così a designarsi quale appellativo di una classe socio culturale egemone ormai decadente e corrotta, di più: totalmente degenerata. Gli si sostituisce allora il "dott" con la sua qualificazione scientificamente autentica e perciò genuina. Adesso è anch'esso incrinato, inficiato da una società nella quale non si comprende più se sia millantato, più o meno copiato o, addirittura, autentico. Una società nella quale, a prescindere da ciò, comunque ormai non conta più nulla: il suo nichilismo ha investito anche i suoi "dott."
francesco latteri scholten.

venerdì 4 maggio 2012

Angiolino Alfano ad Acquedolci per incontrare un amico: il sindaco Ciro Gallo.


Finalmente, per la prima volta nella sua breve storia - il villaggio di pescatori ha cominciato ad essere paese dopo la frana di S. Fratello nei primi decenni dello scorso secolo - anche un grande leader della politica nazionale, l' On. Angiolino Alfano segretario nazionale del PdL, ha onorato la cittadina non solo della sua presenza ma, soprattutto, della sua attenzione. Lo accoglie un tardo pomeriggio di primavera dei migliori, dove il caldo comincia a farsi sentire ma ancora piacevolmente. E' calorosa anche la comunità locale ed il suo primo cittadino Ciro Gallo. E' un incontro tra amici. C'è letizia dopo un'assenza dura della Regione e del suo governatore che ha anzi cercato di spodestare il sindaco regolarmente eletto dai cittadini con degli escamotages burocratici decisamente vergognosi. Abusi, assicura l'On. Alfano, che non avranno più a ripetersi, la legge infatti ha saputo e saprà garantire la giustizia e la volontà popolare dalla sopraffazione burocratica. L'uomo politico - ha proseguito l'On. Alfano - ha da connotarsi anzitutto come uomo, per potersi connotare anche come politico, qualità accessoria che sparisce in difetto della prima, ma che in presenza della prima si esalta. La politica oggi ha bisogno anzitutto, di uomini e di uomini che si connotino per tali con il proprio agire, con la propria capacità ed efficienza ed a tal proposito va elogiato Ciro Gallo ed il suo staff. Un Angiolino Alfano dinamico, radioso, chiude il suo breve intervento gioioso per l'incontro con i propri amici e la cittadinanza festante.
francesco latteri scholten.

Un dottor sottile per problemi dalle soluzioni tanto banali quanto irrealizzabili: 2/3 di stipendio in meno ai politici.


 Riformare e soprattutto ridurre la spesa politica in Italia. Un compito teoricamente assai semplice, con soluzioni anch'esse semplici, o comunque certamente sufficientemente semplici da non implicare in nessun modo la delega ad un più o meno qualificato esperto, neppure ad un "mediocre". Il problema non è, banalmente, quello di ridurre il finanziamento ai partiti, dove già il recente fatto del sopravanzo di 100 milioni (100.000 stipendi da mille euro), che sarebbero ben potuti tornare nelle casse dello Stato, dimostra l'arduità, alla prova dei fatti, delle cose. Il problema vero è che i politici nostrani, al pari dei manager, sono foraggiati con salari che non esistono in nessun altro Paese al mondo e che sono di circa tre - quattro volte - superiori a quelli dei più ricchi Paesi del globo. Attenzione: si sta parlando di politici, non del "Palazzo". Si intende dire tutti i politici, dal consigliere e dall'assessore del Comune del paesetto, a quelli della Provincia, della Regione, ed infine a quelli del Palazzo. L'adeguamento a livello di altri Paesi, significherebbe la riduzione pro capite di due terzi dello stipendio. E qui si tratta - come le cronache sia recenti che più o meno remote dimostrano - di tagliare lo stipendio a gente che, con l'eccezione delle dovute eccezionalità, con quello stipendio non ci sta comunque e soprattutto non gli basta neppure per lavorarci e così chiunque abbia questa pretesa è costretto "ad oliare gl'ingranaggi". Le cronache di ieri lo dimostrano abbondantemente con ENI Mont, tangentopoli etc, quelle più vicine con Parmalat, quelle di oggi con le vicende dei tesorieri di vari partiti a cominciare dai "noi siamo più bianchi e puliti" della Lega, alle vicende di Don Verzé e del San Raffaele, della sanità pugliese e via dicendo. Probabilmente il Presidente Mario Monti non si riferiva a questo quando asseriva che quello nostro sia un problema culturale, ma che questo sia un problema culturale delle nostre classi dirigenti è - ahimé - purtroppo evidente. Qualcuno, tra questi Beppe Grillo, si è azzardato a dire che, sotto quest'aspetto, la politica sia peggio della mafia. Gli si è dato addosso da tutte le parti e ci si è affrettati a tirar fuori le asserzioni di Badalamenti e Cirillo che affermavano lo stesso. Ferma restando la condanna di mafia, camorra et similia, va detto che purtroppo dati alla mano quell'affermazione non è del tutto priva di fondamento, anzi. La politica, meglio i suoi costi, sono il primo e maggiore disincentivo ad investire in Italia, non solo per chi viene da fuori, ma per gli stessi italiani che difatto le aziende in Italia le chiudono per trasferirsi altrove. Ci si metta un attimo nei panni di un imprenditore: deve pagare i costi della politica maggiorati di tre, quattro anche cinque volte rispetto all'estero, deve pagare almeno sei, sette volte di più rispetto all'estero i propri manager, e se vuole concludere qualcosa deve anche pagare per "oliare gl'ingranaggi giusti". E cosa conclude? Nella migliore delle ipotesi di aver prodotto un prodotto allo stesso livello di quello che avrebbe prodotto altrove con costi inferiori di almeno cinque volte. Non si tratta del costo della manod'opera, le cifre milionarie che ogni volta in vicende quali quelle citate escono fuori non sono per la manod'opera, non lo sono neppure quelle legalmente dichiarate. I quattro milioni - più bonus vari, si capisce - che prende un noto manager italiano, sono quattromila stipendi da mille euro. I 70 milioni di uno degli ultimi scandali economico politici, sono 70.000 stipendi da mille euro. I 30 mila euro che prende il dottor sottile, sono trenta stipendi da mille euro. In compenso il Parlamento ha già rinviato a dopo le amministrative la discussione - si badi: la discussione - sulla riduzione dei costi della politica. Il problema non è la soluzione, ma la sua applicazione e probabilmente i trenta stipendi da mille euro sono per un buco nell'acqua perché non si vuole la soluzione, e, meno che mai, la sua applicazione.
francesco latteri scholten.