domenica 27 aprile 2014

27.4.2014, ore 10.25: Santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.



Adesso sono Santi, come già del resto l'opinione popolare uninanimemente riteneva già da tempo. Santo il Papa del Concilio e Santo il Papa della famiglia. Sono le 10.05 quando Papa Francesco procede con l'incensamento dell'altare, per abbracciare calorosamente due minuti dopo il Papa emerito, Benedetto XVI. La folla applaude, e, terminato l'applauso, il Pontefice con il segno della croce inizia la celebrazione della S. Messa. Il Prefetto della Congregazione delle cause di beatificazione e dei Santi, Card. Amato, espone la petizione al Santo Padre. Alle 10.15 la dichiarazione di Santità con la formula di canonizzazione. Il pronunciamento del "Decernimus", l'ordine con cui si detta di osservare come Santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, è pronunciato invece alle 10.25. Segue, con il Gloria, l'inizio vero e proprio della Messa. Le letture sono quelle proprie dell'ultima domenica di Pasqua, così il vangelo, con il brano concernente l'incredulità di Tommaso. L'omelia di Papa Francesco è breve ma profonda, al solito. Al centro, sottolinea il Papa commentando il brano evangelico, ci sono le piaghe di Gesù risorto, scandalo e verifica di fede e che proprio per questo rimangono nel corpo del Risorto, a testimonianza che Dio è amore, misericordia e fedeltà. La vita dei due nuovi santi è testimonianza di ciò, essi non hanno avuto vergogna delle piaghe, della carne di Gesù, che sono quelle dei nostri fratelli... Più forte è stata però in essi le speranza viva e la gioia di Cristo risorto, passati attraverso il crogiolo della spoliazione del peccato. Sono proprio queste che si respiravano nella prima comunità apostolica. Il Concilio la ha tenuta avanti a sé per ripristinare la fisionomia originaria della Chiesa. Giovanni XXIII è stato docile allo Spirito Santo, guida guidata dallo Spirito, nella convocazione del Concilio e nei suoi lavori. La sottolineatura di Papa Francesco è assai importante e conferma - dopo l'iscrizione del Concilio tra le fonti vincolanti del diritto canonico ad opera di Giovanni Paolo II - una linea direttiva della politica sociale della Chiesa, dopo che da più parti correnti reazionarie avevano cercato di metterlo in discussione, insieme proprio alla realtà delle prime comunità cristiane, in favore invece di una concezione sociale settecentesca. Giovanni Paolo II, invece - ha poi proseguito il Papa - sarà invece ricordato come egli stesso più volte aveva espressamente desiderato, come il Papa della famiglia. In questi due contesti fondamentali, la società e la famiglia, ha poi concluso, entrambi ci insegnino a lascirci guidare dallo Spirito e a non vergognarci delle piaghe di Cristo, come del resto essi stessi hanno fatto. Così termina l'omelia - necessariamente concisa - di questa bella ricca ed articolata celebrazione, conferma del resto di una direzione già intrapresa con la propria assunzione al seggio di Pietro ormai poco più che un anno fa.
francesco latteri scholten.

mercoledì 23 aprile 2014

Renzi:via segreto da stragi di Stato, ma la verità resta di De Cataldo.



A Renzi il merito di averlo finalmente fatto. E' invero un atto dovuto che già da tempo qualche Presidente del Consiglio avrebbe potuto decidersi a fare, perlomeno dopo la fine di Yalta sancita con la caduta del muro di Berlino. La stragrande maggioranza di esse, da piazza Fontana alla stazione di Bologna, trova infatti la propria collocazione (e dunque la propria ratio) in quella cornice che designa sia l'ordine mondiale di allora, sia la collocazione della sovranità limitata del nostro Paese. La declassazione degl'atti loro inerenti e dunque l'accessibilità di tutti ad essi probabilmente non rivelerà cose strabilianti: per Ustica ad es., la notizia - occultata dal clamore sulle prime pagine dei media dalla strage - del ritrovamento sull'appennino calabro di un MIG militare libico due giorni dopo, diceva di per sé qualcosa già all'epoca. Che si sia riusciti a darla, anche se non con il dovuto rilievo, testimonia della volontà di verità di alcuni, e, che si sia accuratamente provveduto ad evitare accostamenti denuncia invece la volontà di occultamento e depistaggio di altri. La matassa resta comunque ingarbugliatissima e magari connotata dalla presenza di molteplici bandoli. Accade così che è un magistrato, Giancarlo De Cataldo, partendo da uno di essi, a riuscire a fare parzilamente chiarezza su intricatissime vicende, alla luce proprio degli atti giudiziari di cui è in possesso, inerenti la famigerata banda della Magliana a Roma. Da qui la connessione con almeno due tra le più tristemente importanti di esse: la strage di via Fani e l'assassinio di Aldo Moro, alla fine degl'anni settanta, e poi la strage della stazione di Bologna. Criminalità comune e criminalità organizzata, traffico locale ed internazionale di droga, collusioni con eversione soprattutto di destra ma anche di sinistra, con servizi segreti deviati e non sia nazionali che di altri Paesi, inclusi quelli del Vaticano (non è per caso che De Pedis sarà sepolto nella splendida basilica di Sant'Apollinare...): è questo il mixing che sancisce lo status quo e lo tiene in piedi. Insomma più - e molto - e peggio - e molto - che per il MIG in Calabria. E' De Cataldo a rendersene conto più di altri: una verità più romanzata di un romanzo e che può esser detta probabilmente solo in forma di romanzo, "Romanzo criminale" appunto. E' lì che la verità degl'atti giudiziari - perlomeno di una parte di essi - è già stata detta agl'italiani che l'hanno accolta tributandogli il tripudio di un successo letterario che non si era ancora visto. Significativamente il romanzo apre con due citazioni celebri e importanti: "La limitazione al minimo, la razionalizzazione dello spargimento di sangue è un principio commerciale" Bertold Brecht; "Ti prego di essere sempre calmo e retto, corretto e coerente, sappia approfittare l'esperienza delle esperienze sofferte, non screditare tutto quello che ti dicono, cerca sempre la verità prima di parlare, e ricordati che non basta mai avere una prova per affrontare un ragionamento. Per essere certo in un ragionamento occorrono tre prove e correttezza e coerenza. Vi benedica il Signore e vi protegga..." Bernardo Provenzano. Il "succo" del tutto è ben chiarito da Michele Placido, cui si deve la regia del bellissimo film tratto dal romanzo, in una scena, dove alla Hitchcok, interpretando un personaggio minore afferma: "A Berlino c'è un muro, e, finché c'è quel muro, qui non deve cambiare nulla..." Insomma è il modus in cui è sancito lo status quo.
francesco latteri scholten.

venerdì 18 aprile 2014

Addio Gabo, Maestro di Vita. (in morte di Garcia Marquez)



Ci hai lasciati nel giorno della morte, il venerdì santo, come duemila anni fa un altro grande Maestro di Vita, di carità, di tolleranza... Come Lui della Vita hai illustrato la Bellezza, la Magnificenza, ma anche la devianza, la demonìa, il dolore. Ti ho conosciuto da lontano in anni ormai lontani, quand'ero giovane, a Bonn, sulle colonne del "Die Zeit" dell'ex Cancelliere Helmuth Schmidt, eri ormai "Nobel per la letteratura" con il superlativo "Cent'anni di solitudine", ma io lessi per primo il bellissimo "Die Liebe in der zeit der Cholera". Alla mia formazione di allora avevano contribuito moltissimo un rifiutatario del Nobel, Jean Paul Sartre, già dai tempi del Liceo, ed un altro grandissimo Nobel, Friedrich Duerrenmatt, ed è probabilmente questo che mi ha fatto apprezzare particolarmente due tue opere a mio giudizio considerate a torto "minori": "Dell'amore e di altri demoni" per molti versi alquanto sartriano, e "Cronaca di una morte annunciata", in perfetto stile duerrenmattiano... "Le parole", il titolo dell'opera sartriana per la quale gli si voleva attribuire il Nobel è proprio ciò che di più a lui ti accomuna: la Passione per la scrittura, come del resto attesta una delle tue ultime opere, la tua autobiografia, "Vivere per raccontarla". Una vita - per fortuna - per molti versi lontana dai pregiudizi della cultura occidentale e perciò più semplice, più naturale, meno ipocrita e più viva, come quella di Macondo e della famiglia Buendia, come, perché no?, quella dei tuoi articoli su "El Espectador". Se la tua notorietà e quella delle tue opere ha contribuito a farti conoscere di più e meglio, la tecnologia ha dato il tocco finale: mi hai concesso, al pari che a tantissimi altri, l'onore della tua amicizia su facebook testimonianza della tua umiltà e grandezza. Qui in Sicilia oggi fa freddo e il giorno è nero, certo non è il freddo di Bonn, ma è la più venerdìsantesca delle giornate e la notizia della tua morte l'ha incupita ancora di più...
francesco latteri scholten.

lunedì 14 aprile 2014

Le origini ebraiche di Eva Braun e le radici giudaiche dell'olocausto.



Il recente scoop di "Channel 4", ripreso per primo in Italia da "Repubblica" del 5 u.s., circa le origini ebraiche di Eva Braun, compagna e moglie di Adolf Hitler, di cui condivideva e sosteneva l'ideologia compreso lo sterminio della razza ebraica, ripropone da un lato la deviazione della tematica culturale, dall'altro l'incapacità di confronto della stessa. Deviazione sulla conoscenza o meno delle proprie origini da parte della Braun (su cui ci si è immediatamente soffermati), deviazione sulle radici storiche e religiose dell'antisemitismo in Europa ed in Germania in particolare, e così via. Invero il fulcro della tematica è posto in maniera chiara dall'ultimo grande Filosofo dell' Ottocento, Friedrich Nietzsche: "Il Nazismo è una forma atavica e secolarizzata di semitismo, la religione dei cani di razza: questi sono i puri, questi perciò sono i veri figli di Dio, questi hanno l'essere e perciò è ad essi che spetta l'avere". Nucleo che attraverso il farisaismo dei giudei e soprattutto l'apostolo Paolo, si è inserito radicalmente nelle concezioni prevalentemente esseniche ed antifarisaiche di Cristo (si veda il discorso della montagna) e da lì in tutta la tradizione cristiana prima e occidentale poi. La nuova metodologia che lo stesso Nietzsche inaugura, quella genealogica, opera lo smascheramento della menzogna: la cultura Occidentale preclassica è infatti di stampo radicalmente dionisiaco: nell'ebbrezza danzante del Dio greco sorge la socialità più autentica, l'abbattimento di tutte le barriere a cominciare da quelle tra "puro" ed "impuro" e con esse a quelle di classe e di razza. E' il socratismo che giunge all'apoteosi con Platone a porre l'uscita definitiva dal dionisismo persino nella stessa drammaturgia (tragedia e commedia) che proprio da esso era nata e preludendo al sincretismo con  il farisaismo che ci sarà di lì a poco. Così il metodo genalogico porta "Al di là del bene e del male" in quanto denuncia la menzogna - anzitutto e soprattutto etica - di una religiosità che pone invero al suo centro non l'essere e la purezza, come dice ma, con il loro pretesto, l'avere ed il potere, configurandosi a vera ideologia di questi ultimi. E' essa a creare il "puro" e l' "impuro" a creare la divisione, ed a decretare la sorte dell'impuro letteralmente secondo l'affermazione biblica: "eliminerai l'impuro da in mezzo a te." In definitiva l' Olocausto, ma di quanto ciò fosse presago, Nietzsche, morto nel 1900, non poteva saperlo anzi neppure immaginarlo. Lui semplicemente - da eccellente discepolo del grande Burckhardt - guardava all'Occidente ed alla sua storia, per la prima volta, da un orizzonte nuovo, quello dischiuso dal suo metodo genealogico e lo vedeva come il campo di battaglia tra due grandi elementi ad essa intrinseci, Giuda e Dioniso e constatava: "ancora oggi è così." Eppure, specie dopo il secondo conflitto mondiale e dopo l'Olocausto, tutto ciò è essenzialmente obbliato e sostanzialmente la cultura Occidentale rifiuta d'interrogarsi su di sé e sui suoi principi, di porsi "Al di là del bene e del male", assumendo e dando per scontata la propria "bontà" e soprattutto sulla "purezza". Di più: chi osa farlo, come Nietzsche o Freud, è subito accusato, calunniato ed eticattato come "il filosofo del sospetto". Oggi, come in tutti i tempi (e con buona pace dell'Olocausto) la società rifiuta che si mettano in discussione i propri principi.

francesco latteri scholten.

giovedì 10 aprile 2014

In TAV da Lisbona a Kiev passando per l'Italia: approvato ddl 30.1.2012.



E' - oltre che un progetto chiaramente ambizioso - uno tra i progetti più importanti per lo sviluppo dei trasporti, per lo sviluppo commerciale ed economico (raddoppio del tonnellaggio merci trasportato) in Europa con l'abbattimento dei tempi di percorrenza nei collegamenti ovest/est (Parigi / Milano in 7 h e 1/2) ed anche per un radicale miglioramento ambientale con una drastica riduzione dell' inquinamento rispetto al trasporto su gomma (600.000 autocarri l'anno in meno e 3 Mln di tonnellate di CO2 in meno). Il progetto, che parte da lontano, recepisce provvedimenti europei che vanno dalla modifica (il 29 luglio 2001) alla direttiva 91/440 CEE per lo sviluppo delle ferrovie comunitarie, alle successive del 2004 e 2008 inerenti il trasporto, la sicurezza e l'interoperabilità. Il ddl 30.1.2012, l'accordo Italia / Francia, riguarda in particolare la tratta Lione - Torino della Lisbona Kiev. La maggior parte del percorso è in modernissimi tunnel a "due canne", in particolare 33 Km attraverso il massiccio di Belledonne, 57 Km, sempre in galleria, da Saint Jeanne de Maurienne a Susa Bussoleno, quindi, in territorio italiano, 3 Km all'aperto in Val di Susa, e quindi da un altro tunnel bicanne da Susa a Chiusa San Michele per circa 19,5 Km. Il progetto ha dai suoi inizi avuto sempre un forte sostegno bipartisan, destra/sinistra, sia al Parlamento europeo, che in quello dei singoli Stati, nonchè l'appoggio degli ambientalisti europei. In Italia c'è stato il "sì" dei governi Berlusconi, Prodi, Berlusconi, Monti, Letta ed infine Renzi. In particolare il "sì" a riguardo (173 voti favorevoli, 50 contrari e 4 astenuti) è insieme al progetto di riforma del Senato ad al DEF il più significativo "visto" che il Presidente del Consiglio Matteo Renzi e lo Stato italiano possano portare in bella vista in Europa (e non solo avanti alla Merkel). Risultato dunque ragguardevolissimo che però, se da un lato ha potuto concretarsi anche per il fattivo sostegno di autorevoli nomi della politica del passato, primo fra tutti Pierferdinando Casini, dall'altro è stato imbrattato da chi - emulando i No TAV in Val di Susa in Aula - si è comportato come i componenti della "Banda Bassotti" o i "fratelli Dalton" quando da ragazzini andavano a scuola. Con una differenza: quelli almeno venivano spediti al riformatorio. 

francesco latteri scholten.

sabato 5 aprile 2014

Senato, Regioni e Conferenza Stato Regioni: er pasticciaccio brutto che Renzi vuole risolvere.



La costituzione del Senato in "Senato delle autonomie", fortemente voluta dal Presidente del Consiglio Matteo Renzi, riporta in primo piano un problema affrontato - e sinora purtroppo non risolto - sin dalla Costituente, ma di intrecci e complessità notevoli su quasi tutti i piani: politico, economico, socioculturale e storico. La istituzione del Senato quale "Camera delle Regioni", o delle autonomie che dir si voglia, era stato infatti tentata già proprio dalla Costituente ma da questo tentativo era sortita solo la dicitura che "Il Senato della Repubblica è eletto a base regionale" e quindi una seconda Camera di fatto del tutto analoga e parallela alla prima. Nella stessa sede si erano costituite le Regioni, ma la loro attuazione dovrà attendere la legge 281 del 1970. Le neoistituite Regioni posero subito dei problemi di autonomia e competenza sia con lo Stato che con le due Camere cui si tentò di ovviare con la legge 382 del 1975 e con la successiva legge n° 59 1997 che istituisce il principio di sussidiarietà per tutti i livelli istituzionali, ed infine l'entrata in vigore l'8 novembre 2001 della riforma del Titolo V della Costituzione ha "costituzionalizzato il decentramento amministrativo e la ripartizione della Repubblica in Stato, Regioni, Province, Città metropolitane e Comuni, tutti con pari dignità istituzionale. "Er vero pasticciaccio brutto" è stato fatto con il DPCM 12 ottobre 1983 e ratificato con la legge 400 del 1988, con i quali provvedimenti legislativi si è proceduto, ormai istituite quali Enti le Regioni, anzicché alla messa in atto del Senato quale Camera delle Regioni e quindi del raccordo tra le autonomie e lo Stato - come dall'originario disegno della Costituente - alla istituzione a tal fine di un nuovo organo: la Conferenza Stato Regioni. La stessa Corte Costituzionale ne ha sottolineato il ruolo con le sentenze 204 1993 e 116 1994. Se mai ce ne fosse stato bisogno, la legge 281 1997, con l'istituzione della Conferenza unificata (Conferenza Stato Regioni + Conferena Stato Città) ha istituito il passaggio definitivo di quei compiti e quelle funzioni che avrebbero dovuto essere originariamente propri del Senato. In proposito sono importanti due osservazioni: la prima è che in questo modo il Senato è stato relegato a semplice duplicato della Camera con grande aggravio sia per quanto concerne i tempi dell'iter legislativo a causa della navetta, sia per i costi economici; la seconda, a sostegno del nuovo progetto renziano - segnatamente per quanto concerne i componenti delle Conferenze - riguarda la non elegibbilità degli stessi, ovvero il fatto che siano dei "nominati", ma all'epoca da nessuno schieramento politico (dalla destra, al centro, alla sinistra) furono mosse obbiezioni a ciò. Lo status quo per quanto concerne il Senato impone dunque due scelte alternative: 1) abolire in totto la seconda Camera in quanto le sue funzioni sono ormai relegate ad altri organi; 2) portare a compimento l'originario progetto della Costituente e perciò unificare il Senato con i nuovi organi successivamente istituiti. E' in questo secondo senso che giustamente ha ritenuto di agire il Presidente Renzi. La Conferenza Stato Regioni che si è riunita in seduta straordinaria per la disamina del progetto renziano lo ha sostanzialmente condiviso, essendosi arenate le obbiezioni in pratica ad un solo punto alquanto risolvibile: quello dei 21 nominati direttamente dal Capo dello Stato. 
francesco latteri scholten.