domenica 29 giugno 2014

Henry Levy: Italia laboratorio d'Europa, Renzi sua speranza.



Mentre ricorre - era il 28 giugno 1914 - il centenario dell'assassinio a Sarajevo dell'Arciduca ereditario d'Austria Ungheria e di sua moglie ad opera dei nazionalisti panslavi ed il conseguente inizio della prima guerra mondiale per il contrasto tra loro delle forze antieuropeiste, il filosofo francese Bernard Henry Levy, "figlioccio" dei grandissimi Jean Paul Sartre e Michel Foucault (di cui fu a fianco nell'impegno civile), perora invece la causa d'ingresso (assai desiderato) in Europa della Bosnia. Dalle celebrazioni del centenario Henry Levy prende le distanze: "Non capisco come si faccia a celebrare il centenario di un attentato terroristico e, neppure quello, non della fine, bensì dell'inizio di un conflitto mondiale per di più dovuto al trionfo dei nazionalismi antieuropei..." La vera tragedia dei nostri giorni per il celebre filosofo è che quelle realtà e quelle forze stanno oggi ripresentandosi sullo scenario europeo con similarità drammatiche ed inquietanti.  Esse sono individuabili nel Front National di Le Pen, in Farage, nel rinascente nazionalismo tedesco. L'Italia per Henry Levy è in un certo senso un'antesignana, meglio un laboratorio in cui con maggior evidenza si delineano l'europeismo e le varie correnti antieuropeiste incarnate soprattutto nella "couple diabolique", la coppia diabolica, Grillo Berlusconi. Di contro, Matteo Renzi (che mentre si scrive sta preparando il discorso per il semestre di Presidenza italiana dell'UE) ne è la nuova speranza. L'Europa infatti è ormai sfiduciata - come le dimensioni dei populismi dimostrano ampiamente - di sé stessa perché è riuscita a trovare concrezione pratica solo prima come mercato e poi come moneta. Un mercato tuttavia privo di socialità ed umanità, di civiltà, realtà che è compito della politica (quella vera) costruire, e ridotto a mero materialismo economico non può reggere. Soprattutto non può reggere il suo strumento primo, la moneta. Anche qui per il filosofo francese quello italiano è un caso esemplare e cita la Lira: "La Lira ha potuto affermarsi come moneta dell'Italia a fronte di quelle dei tanti principati in cui prima era divisa proprio perché essa non è stata solo un costrutto economico, bensì anche politico e socioculturale: sostanzialmente proprio quello che Renzi sta chiedendo per l'Euro..." Dunque è nell'emulazione delle direttive che furono proprie della Lira che l'Euro può avere una chance di sopravvivenza, viceversa in assenza di questa, ridotto a solo fatto economico sarà comunque destinato a dissolversi. Ecco allora che quella dell'Unità d'Italia è una direttiva ispiratrice fondamentale anche per l'Europa di oggi. Un'Europa nella quale ci sia posto anche per la Bosnia ed altri Paesi, ovviamente...
francesco latteri scholten.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.