domenica 15 febbraio 2015

Libia sulla via del Califfato Nero. Prodi: le colpe dell'Occidente.


Gentiloni "crociato", vi colpiremo con gli SCUD. Invitati i civili italiani a lasciare il Paese ed evacuata l'ambasciata di Tripoli. L'ISIS avanza, dopo la conquista di Sirte, verso la capitale libica. La strategia è quella già collaudata in Iraq e Siria: appropriazione dei pozzi ed attacco alle pipelines per bloccare i flussi di petrolio verso il nemico. Ieri è toccato ad una delle più importanti, quella che parte dal giacimento di Sarir con il crollo della produzione a 180.000 barili al giorno contro i 300.000 di gennaio ed i 900.000 dell'anno scorso. Paradossalmente, a quattro anni dalla sua barbara uccisione la situazione libica è esattamente quella lucidamente profetizzata da Muammar Gheddafi in una delle sue ultime interviste ai media occidentali: "Dovete scegliere tra me ed Al Qaeda..." Coscienza condivisa - tra i grandi leaders americani ed europei - sostanzialmente solo dal nostro Romano Prodi peraltro uno dei pochi conoscitori del Dossier Libia ed ex inviato ONU per il Sahel. L'orientamento fu invece quello di sostenere la rivolta contro il Colonnello libico illudendosi sull'affermazione di una "primavera araba" - molto occidentale e con connotazioni alquanto estranee a quella cultura - anche in Libia. I primi ad intervenire con i caccia furono i francesi il 19 marzo 2011. L'Italia di Berlusconi, con buona pace della grande amicizia personale che da anni legava il Presidente del Consiglio al Leader libico, seguì a ruota: Gheddafi fu ucciso barbaramente 8 mesi dopo, il 20 ottobre. La guerra fu "un errore nostro. Delle potenze occidentali. La guerra in Libia del 2011 fu voluta dai francesi per scopi che non lo so… certamente accanto al desiderio di ristabilire i diritti umani c’erano anche interessi economici, diciamo così. (...) Non era difficile prevedere che si sarebbe arrivati a questo punto, davvero non lo era neppure nel 2011 (...) Cosa bisogna fare non lo so. Oggi non lo so più, mi creda. So bene quanto si sarebbe dovuto fare dopo la caduta di Gheddafi. Bisognava mettere tutti attorno a un tavolo, invece ognuno ha pensato di poter giocare il proprio ruolo." Così Romano Prodi oggi a "Il fatto quotidiano" invocando il fare di tutto per una soluzione diplomatica: "Occorre senza dubbio uno sforzo per produrre un minimo risultato nel tentativo di fare sedere tutti gli interlocutori al tavolo e impegnare in un lavoro comune Egitto e Algeria. Non c’è altra via che non produca una situazione ancora più catastrofica di quella attuale." E' però una prospettiva sotto "échec", come mette in luce subito l'ovvia domanda di Giampiero Calapà: "Pensa che anche gli uomini incappucciati dell’Isis debbano essere fatti sedere al tavolo dei negoziati?" Risposta: "A questa domanda non posso dare una risposta perché è relativa a un presente di cui non voglio parlare." Centrato.
francesco latteri scholten

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