lunedì 16 maggio 2011

L'impennata del prezzo di grano e cereali (+70%) tra le principali cause della crisi nordafricana.


Il costo di grano e cereali ha sùbito un'impennata del 70% rispetto allo stesso periodo di un anno fa. Solo nell'ultimo mese il rialzo del costo del grano è stato del 3,7%. E' quanto rivela l'ultimo rapporto della FAO. Una sovrapproduzione da parte di Argentina, Cina ed Etiopia ha potuto fortunatamente ovviare almeno in parte a due fattori contrapposti: 1) alla minor produzione della Russia a causa dei vasti incendi della scorsa estate ed alla sempre maggiore conversione di vaste aree produttive negli USA alla produzione di etanolo e biocarburanti; 2) il maggior consumo da parte di Cina ed India. Si è così avuta  una leggera prevalenza dei consumi rispetto alle disponibilità, come già nel 2010: 2010 produzione = 2.229 milioni di tonnellate, consumo =  2260; 2011: produzione = 2237, consumo = 2278. Il risultato è stato quello che assumendo =100 il valore del costo medio dei cereali nel biennio 2002/2004, il valore medio del costo a gennaio 2011 risulta essere =245 ed a febbraio 2011 =254, contro il 121 del 2006 ed il 167 del 2007. I dati FAO mostrano altresì un sostanziale equilibrio ed una convergenza assai forte - una quasi perfetta coincidenza si potrebbe dire - tra domanda ed offerta, seppure a partire dal 2010 vi sia stata una estremamente esigua maggior domanda di contro ad una maggior offerta degli anni precedenti. L'aumento del 70% in un solo anno - come del resto gl'aumenti degl'anni precedenti - non possono dunque assolutamente trovare una loro ratio ed una loro plausibilità nella realtà produttiva e rinviano quindi necessariamente a gravi, feroci e criminali manovre speculative. L'incidenza di questi assolutamente ingiustificati ed illeggittimi aumenti è ovviamente inversamente proporzionale alla ricchezza del Paese per cui è stata molto forte nei Paesi nordafricani connotati da un PIL pro capite decisamente esiguo: Algeria 3800 dollari, Egitto 2760, Marocco 3000, Tunisia 4250. Migliore da questo punto di vista la situazione della Libia con 6510 dollari. Dò come valori orientativi di confronto quelli di Malta (circa 13000 dollari) ed Italia (poco meno di 20000). Vanno qui aggiunte alcune fondamentali considerazioni economiche, già fatte da Adam Smith e mai smentite successivamente: "In qualunque stadio della società, in ogni fase del progresso, il grano è il prodotto dell'attività umana. (...) Di conseguenza, il grano è, in ogni diversa fase di ricchezza e di progresso, una misura di valore più precisa di qualsiasi altra merce o gruppo di merci. (...) Inoltre , il grano, costituisce in ogni Paese la fonte principale della sussistenza del lavoratore." ("La ricchezza delle Nazioni" Newton Compton 1995 pag.201). "Il prezzo del grano regola il prezzo di tutti gl'altri prodotti nazionali. Esso regola il prezzo in denaro del lavoro, che deve sempre essere tale da mettere in grado il lavoratore di acquistare una quantità di grano sufficiente a mantenere sé stesso e la sua famiglia nel modo abbondante, modesto o scarso in cui la situazione di progresso, stazionaria o di regresso della società obbliga a mantenerlo coloro che lo impiegano. Esso regola il prezzo in denaro di tutte le altre componenti del prodotto grezzo della terra (...) e perciò quello dei materiali di quasi tutte le manifatture. Regolando il prezzo in denaro del lavoro, regola il prezzo delle belle arti e delle attività produttive. E regolando queste, esso regola il prezzo del manufatto finito. Il prezzo in denaro del lavoro, e di qualunque cosa che sia il prodotto della terra o del lavoro, deve necessariamente aumentare o diminuire in rapporto al prezzo monetario del grano." (ivi, pag. 432). Alla luce di queste considerazioni è facile immaginare cosa significhi e comporti un aumento del costo del grano del 70% in un solo anno in Paesi come quelli nordafricani in cui il reddito pro capite si aggira a poche centinaia di dollari al mese.
francesco latteri scholten

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