sabato 23 luglio 2011

Oslo, come in un romanzo di Faletti: l'uomo a cospetto della propria follia.



Ormai è certo: è alto, biondo, gl'occhi azzurri. Non è islamico e non c'entra niente neppure il terrorismo internazionale. La sospensione degli accordi di Schengen, cui i fatti sono stati immediato pretesto, è del tutto inutile. Si tratta di atti che non vengono da "fuori" e che non sono neppure ispirati da "fuori". La cosa viene da "dentro", dall'interno. Gl'esperti confermano sempre più che molti dei tratti dei due episodi tra loro connessi - l'autobomba di fronte al parlamento di Oslo e la strage sull'isola a trenta chilometri in linea d'aria - hanno connotazioni rassemblabili all'operare di un serial killer deviato. A ciò bastano anche le semplici immagini dei fatti, la loro dinamica. Basta guardare e ciò che subito viene in mente sono le prime pagine del celeberrimo romanzo di Giorgio Faletti, il più famoso dialogo:
"Non riesco a seguire i tuoi ragionamenti" Ci fu una leggera pausa, come se l'uomo, all'altro capo del filo, stesse studiando le parole. "Non fartene un problema. A volte è difficile anche per me." "E allora perché hai chiamato, perché stai qui a parlare con me?" "Perché io sono solo." "Jean Loup chinò la testa sul tavolo e se la strinse fra le mani. "Parli come un uomo che sta chiuso in una prigione." "Tutti siamo chiusi in una prigione. La mia me la sono costruita da solo, ma non per questo è più facile uscirne." "Mi spiace per te. Credo di intuire che non ami la gente." "Tu la ami?" "Non sempre. A volte cerco di capirla e quando non ci riesco cerco almeno di non giudicarla." "Anche in questo siamo uguali. L'unica cosa che ci fa differenti è che tu, quando hai finito di parlare con loro, hai la possibilità di sentirti stanco. Puoi andare a casa e spegnere la tua mente e ogni sua malattia. Io no. Io di notte non posso dormire, perché il mio male non riposa mai." "E allora tu cosa fai, di notte, per curare il tuo male?" Jean Loup incalzò leggermente il suo interlocutore. La risposta si fece attendere e fu come se un oggetto avvolto in diversi strati di carta prendesse lentamente la luce. "Io uccido ..."
E' dai tempi di Socrate che l' "Uomo" pretende di interpretarsi e conoscersi esclusivamente in termini di razionalismo dialettico. San Tommaso d'Aquino lo aveva addirittura definito come "animale razionale" indicandone proprio nella "razionalità" il segno distintivo e propriamente umano. Gli "Illuministi" avevano esaltato ciò. Lo si continua a fare anche oggi. A dispetto dell'evoluzionismo di Darwin e - assai prima - di Aristotele, i quali entrambi avevano mostrato come l'uomo contenga in sé le strutture, anche psichiche e cerebrali degli esseri più semplici che lo avevano preceduto: i rettili, i grandi mammiferi, i primati, gli ominidi. Nietzsche aveva dimostrato come già gli antichi non riducessero l'uomo a semplice razionalismo dialettico e come questo invero tradisse la realtà umana nella sua molteplice e polimorfa realtà. Freud, Jung e altri lo avevano confermato. Ma già con Jung era divenuto evidente che ipnosi, nevrosi e patologie similari erano affezioni della parte più moderna del cervello umano. Era su di esse che spesso la psicoanalisi e la psicoterapia potevano agire con successo. Ma, le parti antiche e più antiche del cervello dell'uomo, possono anch'esse essere affette da patologie. Su di esse analisi e psicoterapie sono ininfluenti. L'uomo non è semplicemente "razionale". La razionalità è solo una delle sue componenti. Dunque l'uomo non può essere compreso semplicemente in termini di razionalità. L'interrogativo di "che cosa è l'uomo?" apre orizzonti necessariamente assai più vasti di quelli che questo interrogativo apriva in orizzonti socratici, tomistici, illuministici e positivistici. Apre orizzonti più vasti anche di quelli nietzschiani. Orizzonti che sfociano in quell'oceano nel quale l'ultimo Nietzsche cadde, ma dai quali non poté comunicare più nulla: gli orizzonti di Halle. Ebbene, anche gli orizzonti di Halle fanno parte dell'interrogativo "che cosa è l'uomo?". E' proprio questo ciò che fa paura, che spaventa l'uomo e la società. E' per questo che si tacciono. Ma essi non per ciò spariscono e spesso riaffiorano come ad Oslo, come ad Auschwitz, come nei Gulag, come nei tanti campi di battaglia e sterminio, nelle carestie, nelle pestilenze ...
francesco latteri scholten.

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