martedì 26 novembre 2013

Evangelii Gaudium: nuova struttura della Chiesa e ruolo anche decisionale delle donne.



La nuova "Esortazione apostolica" di Papa Francesco ne porta decisamente l'impronta, essa si presenta infatti come una sintesi perfetta di Sant'Ignazio e di San Francesco. Da quest'ultimo prende il "Gaudium", la letizia dell'annunzio, dono dello Spirito derivante da un annunzio radicale e coerente della "Buona Novella" che pervade naturalmente l'animo di chi partica davvero. Essa non è ilarità o allegrezza ma letizia in Spiritu che nasce dalla preghiera e dall'impegno autentico a vivere quotidianamente il Vangelo. E' questa a permeare tutta l' "Esortazione" che si snoda in 7 punti caratterizzanti:

a) La riforma della Chiesa in uscita missionaria. 
b) Le tentazioni degli operatori pastorali.
c) La Chiesa intesa come la totalità del Popolo di Dio che evangelizza.
d) L’omelia e la sua preparazione.
e) L’inclusione sociale dei poveri.
f) La pace e il dialogo sociale.
g) Le motivazioni spirituali per l’impegno missionario.
Ignaziani - e decisamente - sono invece molti concetti ripresi, o meglio fatti propri, dal proprio Maestro, il Card. Carlo Maria Martini. Tra questi il più significativo per quanto concerne il primo punto riguarda la struttura della Chiesa. Qui Papa Bergoglio riprende la critica martiniana circa il nocumento di una eccessiva centralizzazione e la necessità di una riforma in senso maggiormente collegiale. Già il Card. Martini poneva l'accento sul fatto che nell' AT Dio si era unvero pronunciato a favore dei Giudici e contro la guida monarchica, mettendo in guardia dai suoi grandi mali ma aveva poi ceduto di fronte all'ostinazione popolare e così Saul fu il primo Re. In questo senso si orienta Papa Francesco e - se posti in essere - i commi 32 e 33 del primo punto costituirebbero una riforma storica e che avvicinerebbe assai alle Chiese cristiane di tradizione Ortodossa. vale dunque la pena di riprenderli per intero: 
"32. Dal momento che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli altri, devo anche pensare a una conversione del papato. A me spetta, come Vescovo di Roma, rimanere aperto ai suggerimenti orientati ad un esercizio del mio ministero che lo renda più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell’evangelizzazione. Il Papa Giovanni Paolo II chiese di essere aiutato a trovare «una forma di esercizio del primato che, pur non rinunciando in nessun modo all’essenziale della sua missione, si apra ad una situazione nuova».35 Siamo avanzati poco in questo senso. Anche il papato e le strutture centrali della Chiesa universale hanno bisogno di ascoltare l’appello ad una conversione pastorale. Il Concilio Vaticano II ha affermato che, in modo analogo alle antiche Chiese patriarcali le Conferenze episcopali possono «portare un molteplice e fecondo contributo, acciocché il senso di collegialità si realizzi concretamente».36 Ma questo auspicio non si è pienamente realizzato,perché ancora non si è esplicitato sufficientemente uno statuto delle Conferenze episcopali che le concepisca come soggetti di attribuzioni concrete, includendo anche qualche autentica autorità dottrinale. Un’eccessiva centralizzazione, anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria.
33. La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre così”. Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità. Una individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia. Esorto tutti ad applicare con generosità e coraggio gli orientamenti di questo documento, senza divieti né paure. L’importante è non camminare da soli, contare sempre sui fratelli e specialmente sulla guida dei Vescovi, in un saggio e realistico discernimento pastorale."
Questa concrezione del Concilio realizzerebbe finalmente di nuovo una Chiesa quale fu quella delle prime comunità cristiane e dalla quale ci si è poi - a giudizio di chi scrive - erroneamente allontanati. Questa a sua volta concretava l'unione inscindibile, pena la snaturazione, con i poveri. Qui Papa Francesco è di nuovo chiarissimo: "Oggi e sempre, «i poveri sono i destinatari privilegiati del Vangelo», e l’evangelizzazione rivolta gratuitamente ad essi è segno del Regno che Gesù è venuto a portare. Occorre affermare senza giri di parole che esiste un vincolo inseparabile tra la nostra fede e i poveri. Non lasciamoli mai soli." La poveertà è però frutto di sistemi politico economici strutturalmente infausti, come già notavano tanto Leone XIII, Giovanni XXIII e come ben specifica anche il Concilio Vaticano II. Papa Francesco riprende la condanna ed è durissimo: 
"Così come il comandamento “non uccidere” pone un limite chiaro per assicurare il valore della vita umana, oggi dobbiamo dire “no a un’economia dell’esclusione e della inequità”. Questa economia uccide. Non è possibile che non faccia notizia il fatto che muoia assiderato un anziano ridotto a vivere per strada, mentre lo sia il ribasso di due punti in borsa. Questo è esclusione. Non si può più tollerare il fatto che si getti il cibo, quando c’è gente che soffre la fame. Questo è inequità. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte, dove il potente mangia il più debole. Come conseguenza di questa situazione, grandi masse di popolazione si vedono escluse ed emarginate: senza lavoro, senza prospettive, senza vie di uscita. Si considera l’essere umano in se stesso come un bene di consumo, che si può usare e poi gettare. Abbiamo dato inizio alla cultura dello “scarto” che, addirittura, viene promossa. Non si tratta più semplicemente del fenomeno dello sfruttamento e dell’oppressione, ma di qualcosa di nuovo: con l’esclusione resta colpita, nella sua stessa radice, l’appartenenza alla società in cui si vive, dal momento che in essa non si sta nei bassifondi, nella periferia, o senza potere, bensì si sta fuori. Gli esclusi non sono “sfruttati” ma rifiuti, “avanzi”." Dunque no alle emarginazioni ed alle inequità, sì ad una cultura della maggiore equità, che non rigurda solo l'aspetto economico e sociale ma è ben più vasto, e comprende perciò anche una maggiore equità per quanto concerne in particolare la donna: "La Chiesa riconosce l’indispensabile apporto della donna nella società, con una sensibilità, un’intuizione e certe capacità peculiari che sono solitamente più proprie delle donne che degli uomini. Ad esempio, la speciale attenzione femminile verso gli altri, che si esprime in modo particolare, anche se non esclusivo, nella maternità. Vedo con piacere come molte donne condividono responsabilità pastorali insieme con i sacerdoti, danno il loro contributo per l accompagnamento di persone, di famiglie o di gruppi ed offrono nuovi apporti alla riflessione teologica. Ma c’è ancora bisogno di allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva nella Chiesa. Perché «il genio femminile è necessario in tutte le espressioni dellavita sociale; per tale motivo si deve garantire la presenza delle donne anche nell’ambito lavorativo» e nei diversi luoghi dove vengono prese le decisioni importanti, tanto nella Chiesa come nelle strutture sociali." In conclusione si può affermare che il confronto con questa "Esortazione" costituisce una vera e propria sfida, come lo sarà per la Chiesa il metterla in atto e questo - come già prima di essa concludeva Eugenio Scalfari dal proprio confronto personale con il Papa - costituirebbe di fatto la fine di un'era.
francesco latteri scholten.

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