venerdì 29 novembre 2013

Riforme istituzionali: sì al monocameralismo di Franceschini.



"Le riforme istituzionali valgono almeno due punti di PIL" così il Presidente Enrico Letta. Invero tra economia e politica l'intreccio è netto ed inestricabile in quanto ad una data politica corrisponde sempre direttamente una data economia e viceversa. La strutturazione dello Stato riflette quest'intreccio. All'indomani della seconda guerra mondiale, insieme alle loro basi sul "Vecchio Continente" gl'americani imposero tout court a Germania ed Italia - i due grandi sconfitti - la loro stessa struttura statale, su scala ridotta e con modifiche marginali. Il modello che oggi, erroneamente, è conosciuto come "modello tedesco" con una Camera dei Deputati ed una dei "Laender" o Regioni. Modello invero inadeguato ad entrambi i Paesi, come le discussioni dell'epoca ben misero in evidenza in Germania e soprattutto in Italia nella fase "Costituente". Nella storia di entrambi i Paesi vi era infatti un "Grande Impero" perduto da qualche parte nella notte dei tempi e, da allora in poi, una realtà connotata da una molteplicità di staterelli di cui i più vasti avevano estensione regionale, gl'altri a volte non giungevano a superare l'ambito strettamente localistico. La realtà era quella dei "campanilismi a morte" spesso istigati da potenze straniere come ben denunciato da Umberto Eco in "Baudolino", ma anche già da Dante. La costituzione dello Stato nazionale - nella seconda metà dell' Ottocento - appartiene solo alla storia recente di entrambi e mantiene le antiche problematiche. In Germania la divisione tra i due blocchi ha costituito un contrappeso a questa realtà, contrappeso che - per fortuna - è mancato in Italia. L'istituzione della seconda Camera, quella delle Regioni è stata per questo vista non senza esitazioni e timori sin dalla Costituente ed a ragione. I timori di cui intanto si era riusciti a far prendere coscienza anche agli stessi americani, hanno d'altro canto fatto sì che per porre in essere le Regioni stesse si sia dovuto attendere gl'anni '70, quasi trent'anni dalla Costituzione. Nel frattempo la seconda Camera - com'è ancora oggi - di regionale aveva il fatto che i suoi membri, i Senatori appunto, fossero "eletti su base regionale". Il Senato viene dunque a configurarsi a tutt'oggi come una istituzione del tutto parallela alla Camera dalla quale di fatto non riesce a distinguersi in nulla e dove la "navetta" (l'andirivieni di una legge in itinere tra le due Camere) finisce con l'essere uno sperpero del tutto inutile di tempo, considerato anche che eventuali problemi tecnici sono già affrontati nelle Commissioni. La realizzazione delle Regioni e perciò la costituzione dei rispettivi organi di governo regionale nonché di quelli interRegionali ed il loro regolare rapporto con il Governo nazionale sono una ulteriore ragione di superfluità della seconda Camera. Il monocameralismo sarebbe perciò lo strumento più idoneo al superamento dell'empasse istituzionale che va procrastinandosi sin dai lontani anni della Costituente e che ha connotato negativamente fino ad oggi le ns istituzioni. Essa conseguirebbe contemporaneamente e subito due importanti risultati: il dimezzamento dei tempi di formazione delle leggi che ci riporterebbe in linea con quelli degl'altri Paesi ed una riduzione drastica del numero dei parlamentari, 315 in meno, più quelli a vita. Un secondo e necessario passo sarebbe quello di un sostanzioso snellimento anche dei parlamentari regionali e soprattutto una drastica riduzione dei loro stipendi oggi allo stesso livello che per quelli nazionali, cosa che non esiste in nessun altro Paese.

francesco latteri scholten.

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