lunedì 9 luglio 2012

Politiche industriali: Dacia come VolksWagen negli anni trenta, un progetto vincente.

 C'è un dato tecnico scientifico, emerso dalle ricerche dei centri sperimentali di diverse tra le più note e rinomate marche automobilistiche - tra le altre Daimler Benz, GM, Ford, Porsche etc - che queste tengono rigorosamente secretato: i riflessi dell'  "uomo" sono efficaci soltanto sino ad una velocità compresa tra i 150 ed i 160 Km/h e, la capacità di concentrazione è efficiente (maggiore dell' 75%) per un massimo di circa 50 minuti, dopo la soglia crolla a valori progressivamente più bassi. Quando perciò Schumacher va a 300 Km/h fa una guida di "previsione". Dunque i limitatori di velocità, presenti su diverse auto dovrebbero essere tarati non come sono a 250 Km/h, ma a 150. Ci sarebbe un decremento notevole degli incidenti stradali, causati nel 90% dei casi da eccesso di velocità, uno sgravio immenso in perdite di vite umane e costi sanitari, nonché di danni materiali, ma - ecco il motivo della secretazione - bisognerebbe cambiare tutta la politica industriale del settore automobilistico. Un altro dato, ormai datato, mi si scusi il gioco di parole, è che l' 80% degli automobilisti, diciamo l'utente medio, non è in grado di sfruttare appieno neppure le prestazioni di una 127. Ci riconduce allo stesso punto. Dimostratamente la tecnologia non è in grado di supplire a questi limiti. A questo si aggiungano le problematiche date dai consumi e quelle ecologiche correlate. L'assolutismo prestazionalistico che da sempre assilla la politica industriale automobilistica è dunque confutato dai fatti. Si tratta di una politica industriale che oggi - come già negli anni venti ed inizio anni trenta del Novecento - ha portato alla produzione di vetture sempre più costose e sempre più inaccessibili al pubblico di massa, contribuendo così ad un ulteriore incremento della crisi. Ci vollero un dittatore ed una dittatura - che poi si mostrarono tra i più feroci di tutti i tempi - quella di Adolf Hitler e dei nazisti, per invertire la rotta. Hitler fece chiamare il più brillante tra i giovani ingegneri e gli ordinò la costruzione non più di "elitewagen", bensì di una "VolksWagen", un'auto per il popolo, con prezzi accessibili a tutti, solida, che potesse portare comodamente 4 persone a 120 Km/h consumando meno di 10 litri di carburante per 100 Km. Caratteristiche e prestazioni da buona vettura media, ma costi da utilitaria. L'esito fu il maggiolino, auto futuristica, validamente presente sulle strade di tutto il mondo anche oltre 50 anni dopo la sua prima entrata in produzione. Prova tangibile della validità di una politica industriale. Concettualmente - ovviamente mutatis mutandis - Renault ha ripreso alla fine degli anni ottanta il progetto per la sua affiliata rumena "Dacia", progettando la prima auto europea da 5.000 Euro. Di nuovo un'auto di classe media con costi da superutilitaria. Di nuovo: oggi, come ieri, il progetto si è dimostrato vincente: a fronte di un calo delle vendite del settore automonilistico che in Europa conta il 13% in aumento, Dacia registra un aumento medio delle vendite che - a seconda dei Paesi - va dal 15 al 20%. Questo nonostante il fatto che l'eccesiva positività del risultato abbia creato problemi di concorrenza nei confronti della stessa casa madre e costretto la Renault ad un aumento dei prezzi di listino delle Dacia che non sono più nell'ordine dei 5.000 Euro, ma restano comunque di circa il 30% inferiori a quelli dei modelli corrispettivi di altre marche. L'auto a misura d'uomo, l'auto per la gente, la VolksWagen, vince, come idea, come progetto, come realtà e come politica industriale, di contro alle "elitewagen" le auto di quelli che hanno fatto la crisi e le auto della crisi, quelle che nella quotidianità non portano da nessuna parte.
francesco latteri scholten,

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