venerdì 16 novembre 2012

Palestinesi: il popolo perseguitato dal carnefice nazista Netanyahu


Nietzsche osservava, già ai suoi tempi, che la religione ebraica fosse in realtà “la religione dei cani di razza” e che essa comprendesse per sua stessa natura in sé i germi della discriminazione e dell’olocausto, ed osservava le sue derivazioni secolaristiche nella società tedesca a lui contemporanea. Netanyahu e la sua politica danno un forte contributo a credere alle tesi di Nietzsche. La cosa più triste è quella che un popolo da millenni vittima delle persecuzioni, si mostra all’atto pratico incapace di qualsiasi altra relazione che non sia della tipologia di quelle che esso ha subito. Si costruiscono così dei muri, che sono quelli che hanno anzitutto una ubicazione ben precisa: sono nella testa di Netanyahu e di quelli come lui. Con la propria presenza non fanno altro che evidenziare ciò che gli si vorrebbe far negare: c’è un Popolo, un grande Popolo, quello Palestinese. C’è anche uno Stato Palestinese, quello di cui quel muro stesso denuncia la presenza. E’ nella relazione di Israele con quella di questo che si manifesta tutta la esiguità degl’israeliani del calibro di Netanyahu: si concepisce solo il ghetto e la comunità come comunità di ghettizzati, altrettanto per la concezione di Paese e di Popolo. Ossia si concepisce solo quella che è stata per millenni la propria realtà. L’atto primo della relazione è dunque la costruzione di muri e ghetti. Friedrich Duerrenmatt, uno dei premi Nobel per la letteratura del Novecento, in uno dei suoi racconti famosi – Abu Chanifa e Anan ben David – faceva osservare fin troppo bene come alla radice di certo agire, e prima ancora di certo pensare, vi sia una concezione della religione e della religiosità ed una interpretazione di esse, anche nelle derivazioni laiche, che rendono capaci di pensare in un solo modo: il carcere. Si è capaci di pensare solo in termini di carcere. Ed allora si incarcera un intero Popolo, un intero Paese, non solo, ma si spara a chi va a portare aiuto, sollievo, solidarietà. E si spara, conformemente a quella mentalità, secondo l’insegnamento di un autorevole esponente laico e secolarizzato di quella mentalità: Adolf Hitler. Si spara per uccidere. Sangue, sangue ed ancora sangue, quanto più e tanto meglio.
francesco latteri scholten.

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