sabato 15 giugno 2013

DNA e brevetti: Terminator e Blade Runner.



"Il DNA umano non si brevetta", "sentenza storica della Suprema corte americana", così i titoli dei media nazionali e non per la sentenza americana sulla riscerca scientifica per quanto concerne il genoma umano. Sembrerebbe dunque strano che il titolo della Myriad, cui la sentenza si riferisce, si sia rialzato, dopo la sentenza, nella sua quotazione in Borsa. La sentenza si riferisce invero a due geni, il Brca 1 e Brca 2 che la Myriad avebbe per la prima volta isolato, e recita: "Un segmento naturale del DNA umano è un prodotto della natura e pertanto non può essere brevettato." Restano protetti, ovviamente, tanto le tecniche quanto le metodologie di isolamento e, soprattutto, i geni artificiali i quali sono essi sì una creazione dell'ingegno umano. E questo spiega il rialzo dei titoli non solo di Myriac. La sentenza dà comunque un indirizzo normativo importante in un settore sempre più ingombrante ed ingombro, alcuni esempi: nel 2000 proprio la stessa Myriad aveva acquistato i diritti per l'analisi dei geni delle popolazioni Sarde caratterizzate da grande longevità; nel 2002 la Autogen aveva acquistato i diritti per lo studio dei geni delle popolazioni Tonga caratterizzate da alto tasso di obesità. C'è qui da chiedersi come e soprattutto chi possa arrogarsi di vendere il dirirtto di analizzare i geni di intere popolazioni a loro totale insaputa e senza che esse percepiscano alcuna parte del compenso pecuniario della vendita, il che ci rinvia alle lacune grandissime della normazione a proposito. Vi sono poi anche casi importanti che alla luce della nuova sentenza andrebbero probabilmente rivisti, cito solo il caso, risalente al 1997, riguardante il genoma di una donna della popolazione indigena di Panama, resistenti ad un virus assai simile a quello dell' Aids, che è stato brevettato da una ditta americana. La normativa comunque non chiude al "Terminator" cui - già dai tempi di Hitler - la scienza, meglio certa scienza, sta attivamente lavorando, e Terminator non è un robot, come nel film, bensì un uomo (o una donna) frutto, anzicché del concepimento dovuto ad un rapporto sessuale, di un assemblaggio in laboratorio: costruzione di singoli geni e loro assemblaggio. E' da osservare però che già la semplice clonazione animale ha mostrato da tempo che l'incidenza sulla realtà di un individuo da parte del genoma è del 30% circa, mentre la restante parte è dovuta all'ambiente ed alla interazione del soggetto con esso. Più che quella di Terminator è dunque attualissima la realtà intravista con "Blade Runner".

francesco latteri scholten.

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