giovedì 20 giugno 2013

E' di Letta e non di Obama la prospettiva del 50' di Ich bin ein Berliner.



Era cinquant'anni fa che JFK, alla storica porta di Brandenburgo, pronunciò il celeberrimo "Ich bin ein Berliner". Si era in piena guerra fredda, si era raggiunto in questa un nuovo apice con la "crisi cubana", dove dietro l'inasprimento del confronto USA URSS c'era un nuovo ed alternativo progetto per lo sviluppo dell' America Latina e per il rapporto Nord Sud, quello lanciato anche all' ONU dal Che e da Fidel. Leaders che non sono più - JFK sarà ucciso sei mesi dopo, il Che sarà ucciso in Bolivia nel '67 per conto della CIA - di mondi che non sono più: nel novembre dell' '89 dopo il crollo dell' URSS, cade il muro che divideva Berlino, simbolo di una Guerra Fredda che è finita. Simbolicamente Obama guardava  in quella direzione verso cui anche il palco era volto, direzione cui cinquant'anni fa degli enormi striscioni rossi fermavano la visuale a JFK: l'Est. Paradossalmente invece le parole di Obama paiono volgersi, con la parentesi del credo in valori comuni, soprattutto al passato e ad un presente necessitato dalla pulitura di image sui media specie a seguito dei recenti scandali del "Yes we scan" come sono stati ribattezzati negli USA. Parole volte più al passato che al presente ed al futuro di quella parte di america - ben incarnata ormai da Obama - che è arroccata su di sé ed è incapace di una visione futura più ampia. In questo senso la prospettiva geopolitica più sensata e promettente pare invece quella delineata in altri ambienti - l'incontro con la stampa estera - dal ns Premier Enrico Letta: una vasta realtà di cui facciano parte USA e Canada, insieme agli "Stati Uniti d'Europa", da costruirsi. Una prospettiva valida ambiziosa e fascinosa, ma altresì difficile, perché sebbene già solo per gli "Stati Uniti d'Europa" sia necessaria anche quell'unione bancaria che il nostro auspica e che non c'è, è sempre più evidente - come mostrano i recenti fatti di Cipro (intromissione diretta nei conti bancari dei cittadini), della Grecia (chiusura senza autorizzazione del Parlamento della TV pubblica) e della Turchia (adesione a UE in itinere, e fatti di Istanbul ed Ankara) - che occorra una integrazione anzitutto solidaristica, sociale e culturale in assenza della quale quella bancaria diviene addirittura ragione di conflittualità. Per la validissima prospettiva lettiana inoltre il distanziamento di Putin al G8 u.s. a ragione delle vicende siriane, pone una ulteriore problematicità, la Russia infatti è, a ragione e pienamente, Paese che sul piano storico culturale ed economico, da sempre ed anche con buona pace della stessa "Guerra Fredda", fa ed ha sempre fatto parte dell'Europa e qui non vale citare solo Tolstoi o Berdjaeff o altri, ma anche realtà economiche quali Togliattigrad, il Gasdotto e tante altre. 

francesco latteri scholten.

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