lunedì 17 giugno 2013

I 2 populismi della politica italiana: politica azienda e politica spettacolo.



Il populismo in politica nell'Italia posteriore alla "Prima Repubblica" ha avuto una sua prima e grande concrezione in quella "Forza Italia" che Berlusconi oggi vorrebbe riesumare per farla succedere al PdL. Lo dice già il nome, un nome che a norma della Costituzione non avrebbe potuto né dovuto darsi: Partiti e movimenti non possono assumere nomi e simboli propri dell'Italia. Il motivo è ovvio: non posso più gridare "forza Italia" a sostegno del mio Paese, senza sostenere invece quel partito o movimento politico, viceversa se non mi unisco a quanti lo gridano, sono non il non sostenitore di quel partito, ma il Traditore del Paese. Ecco perché nessuno può arrogarsi l'utilizzo di simboli - e la bandiera tricolore, anch'essa presente in quell'emblema, è il simbolo per eccellenza dell' Italia - propri del Paese. Un atto populistico di grande impatto dunque, al pari della terminologia calcistica e delle sue semplificazioni riduttive e falsanti, propri appunto di Berlusconi ed a sostegno della sua concezione politica, quella dello "Stato Azienda", che si vorrebbe riesumare oggi azzerando di fatto il PdL: ad Arcore si vogliono non i politici che ci sono, ma dei veri manager che amministrino Comuni, Province, Regioni e lo Stato come un'azienda. C'è, ovviamente, l'opposizione di tutti i politici, a cominciare dai "colonnelli", dello stesso PdL (loro infatti andrebbero a casa). L'attuazione del progetto o la sua riesumazione che sia, è comunque una forma di integralismo, la quale azzera quel compromesso tra Stato azienda e politica usuale che è il PdL. Oltre questa, il populismo politico nel ns Paese ha avuto un'altra concrezione, la quale cronologicamente si colloca circa negli stessi anni del berlusconismo, ma è tenuta in ombra, anzi cacciata dai media un pò da tutti, sin dal suo inizio: è cacciata dagli spezzoni residui della "Prima Repubblica" di tutti i tipi, è cacciata dal berlusconismo, è cacciata dall'ex PCI. Il motivo è per tutti lo stesso: se ne riconosce immediatamente la potenzialità straordinaria, ma anche la non assimilabilità e, soprattutto, l' assai difficile addomesticabilità. Si tratta della politica spettacolo, che smaschera però come misero e squallido spettacolo la politica usuale, mettendone in luce il teatro tetro e meschino. E' la politica bandita dai grandi media degl'ultimi anni pre internet, ovvero da TV, radio e stampa, la quale però in piazza, proprio per il suo dirompente potere comunicativo e smascherante, per la sua capacità aletica, ossia a lete, togliere l'obblìo, disvelare, ha un successo strepitoso. L'irruzione in campo mediatico di un nuovo medium, Internet, ha invero trasformato la piazza in medium, e perciò realizzato l'irruzione di questo movimento, meglio, ha tolto quella emarginazione mediatica decretata dal controllo degl'altri media da parte dei suoi oppositori politici. E' il porsi del nuovo movimento, l' M5S, e del suo leader Beppe Grillo. Per quanto il M5S possa vantare l'assorbimento di grandi nomi culturali della Sinistra, e abbia condiviso scelte politico sociali anche di Sinistra, i due populismi non sono affatto necessariamente antitetici e questo lo dimostra molto bene sia la personalità di Berlusconi leader del movimento azienda ma eccellente attore e uomo indubbiamente di spettacolo (quello politico) anch'egli, sia, nel campo del populismo spettacolo, lo stesso Grillo se anzicché considerarlo per sé lo si considera in tandem con Casaleggio. L'apertura poi di entrambi a realtà quali Casa Pound, o, come vorrebbe Panorama e L'Espresso, al Grand' Oriente dovrebbero far riflettere (molto e seriamente). 

francesco latteri scholten.

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