sabato 23 febbraio 2013

Al Conclave tra luci (molto poche) ed ombre (molte ed assai tenebrose)


 Sono le vicende dello IOR - nome funesto che subito richiama alla memoria vicende tutt'altro che spirituali e nomi quali quelli di Marcinkus, Sindona, Calvi, Gelli, la banda della Magliana - ad ottenebrare, significativamente, la fine del pontificato di Benedetto XVI. La spada di damocle del dossier stilato per conto dello stesso Papa dai cardinali Julian Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi, sovrasta il Vaticano e potrebbe essere reso noto per indicazione dello stesso Ratzinger. E' infine la forma moderna dell'antico rapporto tra Erode e Caifa, che portò alla crocifissione di Gesù Cristo. Gli albori dell'epoca moderna sono segnati proprio dalla trasmutazione di questo rapporto nell'altro, quello della preferenzialità di un modello socioculturale rispetto ad un altro, come bene testimoniano le vicende di Galilei e Bruno. In termini diversi: la scelta "spirituale" di un modello socio culturale piuttosto che un altro implica ed è una scelta economica. Alla fine la "spiritualità" è, insomma alquanto materiale. In questo grave momento, la Chiesa si è giustamente - ma è giusto solo in piccola parte - richiamata alla spiritualità della propria missione. E' qui però proprio, ancor prima che il Concilio, la "modernità" stessa a porre alla Chiesa, non tanto in quanto comunità di tutti i fedeli, ma in quanto gerarchia, la stessa questione che già Cristo pose ad Erode e Caifa. Se quella "spiritualità" cui ci si richiama ci fosse stata davvero da chi era lì in determinati ambiti a portarla, quegli scandali non ci sarebbero stati. Ora che ci sono, ci si richiama alla "spiritualità", ma rifiutandosi categoricamente di cambiare. Ed è qui il comune denominatore di queste vicende: lo IOR non può pretendere di non adeguarsi, e vada alla normativa italiana, è banca estera, ma alle norme bancarie internazionali. Lo IOR non può incancrenirsi in norme medioevali che servono dimostratamente - e ne è tristissima testimonianza la storia recente con i nomi già citati - a nascondere e tutelare manovre di maxi ingegneria criminale finanziaria. Proprio in nome di quella "spiritualità" cui ci si richiama continuamente ci sarebbe il dovere e l'obbligo, non di impedire l'accesso alla magistratura, bensì di chiamarla. Basterebbe già un buon senso civico laico del "bene comune", ed a maggior ragione, si capisce, una "spiritualità" a imporre il cambiamento di queste normative, di questi modi di fare, di procedere, di operare, che poi "spirituali" non sono proprio per niente. Sono infatti semplicemente quelli di una "multinazionale della fede", che nulla ha da invidiare alle altre multinazionali in fatto di assoluta mancanza di scrupoli. Stesso dicasi - mutatis mutandis - per le altre aberrazioni, quella, ormai annosa, della pedofilia e l'ultima - che sta venendo fuori adesso - delle "lobby gay". E' il problema di fondo soprattutto della gerarchia, come del resto ha ben denunciato proprio Benedetto XVI (ovviamente con altre parole) nei suoi ultimi interventi: interrogarsi se si è "multinazionale" o Chiesa. Purtroppo la risposta fattiva di molti prelati è immediata: Multinazionale. Ma questa risposta, come bene ha evidenziato già Joyce con il suo Padre Flynn, comporta ed implica la perdita del Logos.
francesco latteri scholten.

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