giovedì 21 febbraio 2013

Al voto della politica che non c'è.


 La politica è economia e l'economia è politica. Sono, inscindibilmente, due facce della stessa medaglia. Ma è ciò che pare essere ignorato, e non da oggi, nel ns. Paese dove sia i politici, i partiti ed anche i più recenti dei movimenti sembra abbiano, come d'incanto, fermato gl'orologi. Pare di avere di fronte qualcuno dei celebri dipinti di Salvador Dalì con gl'orologi che si liquefanno, con le lancette ferme a prima degli anni settanta, quando l'economia era il capitalismo industriale e la politica la rispecchiava fedelmente. Il confronto con la recentissima scomparsa, oltreoceano, di Ronald Dworkin, uno dei più autorevoli filosofi del diritto contemporanei, è sufficiente a rimettere a posto orologi e lancette, a confrontarsi con quanto è accaduto "dopo". E, tra le tante, Dworkin ne sottolinea particolarmente due: 1) il "laissez faire", "la mano invisibile" che governa il libero mercato e che invero era solo uno di tantissimi esempi in cui per pagine e pagine Adam Smith amava dilungarsi, ha mostrato appieno di essere appunto solo un esempio, e che la realtà in cui ci si è ritrovati è quella già denunciata dallo stesso Smith come la più iniqua al libero mercato, ovvero quella degli oligopoli e dei monopoli, dove, a livello mondiale circa 130 multinazionali controllano l' 80% della ricchezza del pianeta, strangolando uomini, istituzioni, popoli, Paesi. 2) Il capitalismo non è più industriale, ma finanziario. Non c'è più, e torniamo in Italia, un Giovanni Agnelli che mette in campo la propria genialità, la propria competenza, il proprio lavoro ed i propri capitali e quelli di amici per fare una "Fabbrica Italiana di Automobili a Torino" e, partendo da materie prime, costruisce un prodotto che vende e quindi crea ricchezza e, soprattutto, lavoro. C'è - e le date coincidono, siamo guardacaso negli anni settanta - un Gianni Agnelli, che - per fortuna trovando l'opposizione di Enrico Cuccia - dice che lui (ed i maggiori suoi azionisti) con questa roba non vuole più avere a che fare perché i soldi veri si fanno altrove, nella finanza e che questa non dia un solo posto di lavoro, ma anzi spesso per il proprio tornaconto non si fa scrupolo di distruggerne a centinaia di migliaia, ebbene, poco importa: "pecunia non olet" si era giustificato davanti al Senato di Roma l'imperatore Vespasiano dopo aver messo la tassa sui cessi pubblici della città sino ad allora gratuiti. L'America se ne è resa conto da tempo e da tempo combatte, per il ritorno al Glass Steagall Act, contro le banche casinò, contro i derivati, contro un capitalismo finanziario che non può produrre né lavoro né benessere ma solo desolazione e distruzione. Combatte contro Jamie Dimmon di JP Morgan che tutto questo incarna. Combatte dal basso con i singoli, uomini e donne, con i movimenti come "Occupy Wall Street" e "Viola People", combatte nei grandi partiti tradizionali, come quello Democratico, combatte con Deputati e Senatori, con uomini di Chiesa. Da noi si è capaci di intendere il capitalismo solo come capitalismo industriale, ovvero come ciò che esso non è assolutamente più. E, per chi si azzarda a dire qualcosa, c'è subito l'etichettatura all'insegna del politicismo più rozzo e grottesco che dipinge l'agone politico in termini di tifoseria calcistica: "comunisti, Stalin, gulag, Ceaucescu etc". C'è non la Politica, ma la sceneggiata, il teatrino della caricatura della politica: quello che inscena Pirandello, l'altro Shakespeare, l'altro ancora Aristofane e così via. La politica si è degenerata a spettacolo, a teatro, e riesce a fare ormai solo questo. Non c'è la capacità di rendersi conto della realtà economica e perciò, tantomeno, quella di confrontarsi con essa. D'altronde la sceneggiata, il teatro, è esattamente questo, è la scissione dalla realtà - specie quella economica - e perciò stesso dalla Politica, quella vera. Dobbiamo votare per chi? Per Shakespeare? Per Aristofane? Per Pirandello? Insomma, per chi censura dobbiamo andare a votare? Sono due soli e piccoli barlumi di garanzia quelli che appaiono in questo contesto di desolazione totale, quella per l'unità d'Italia, una delle poche cose che possa in qualche modo garantirci contro l'oligopolio finanziario, con forza e giustamente portata avanti da Bersani, e la Bonino al Quirinale, garanzia di un minimo di diritti civili, proposta da Monti.
francesco latteri scholten.

1 commento:

  1. Caro editore , certi articoli sono un offesa non al movimento no a Beppe Grillo , No il vostro articolo e un offesa a chi legge i giornali e guarda la televisione e i vari TG, si perche non siamo stupidi come voi che usate i media da anni credete, noi riusciamo a leggere fra le righe delle menzogne che perciò vengono smentite il giorno dopo, non vi rimpite la bocca con la costituzione piu bella del mondo perche siete ridicoli il bello non è leggere la costituzione il bello e applicarla cosa che in 63 anni da quando promulgata non e mai stato fatto Art.48 Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età.
    Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. e allora perche i lavoratori del mare i lavoratori delle piattaforme i lavoratori dell ENI etc etc non possono votare , sono tanti gli art.della costituzione mai applicati o falsamente applicati , mi pare di aver votato in un referendum contro il contributo ai partiti, il fatto che non è mai stato eseguito l ordine diretto del popolo italiano ai sui dirigenti politici non equivale ad un insulto a tutto il popolo Italiano ai padri fondatori della REpubblica Italiana alla Costituzione di cui tanto vi riempite la bocca di elogi, SVEGLIATEVI ANCHE VOI CHE NOI GIA LO SIAMO smettete di credervi piu intelligenti e cambiate per cambiare l Italia

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